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Cultura Giapponese a cura di Davide Rizzo - Karate Tradizionale FIKTA -
La nascita del Giappone moderno, un riassunto

Impaginazione&Grafica  a cura di Davide Rizzo
Le immagini sono tratte dai vari siti presenti nella Rete
Fonti:Giappone Testi autorizzati dall'autore C. Suriani

Nel 1603 d.C., con l'inizio dello shogunato (bakufu) Tokugawa, cominciò per il Giappone un periodo particolare, della durata di due secoli e mezzo, che non trova l'equivalente in nessun tempo e in nessuna area geografica della terra.

Fu un periodo di pace, se si eccettuano alcuni scontri interni di poco conto, ma anche di isolamento, quasi completo, dal resto del mondo; molto rari erano i rapporti, più che altro commerciali, con l'esterno (Cina, Corea ed Olanda).
I marinai stranieri che, a seguito di qualche naufragio, finivano sulle costa giapponesi, venivano messi a morte e i fortunati che riuscivano a tornare in Occidente raccontavano storie di violenze e di torture a cui venivano sottoposti i malcapitati stranieri che avevano la sventura di finire in quel Paese.

Furono anche due secoli di stagnazione sociale e tecnologica; l'isolamento tenne il Giappone fuori da quel progresso tecnologico ed industriale che i paesi occidentali raggiunsero nel XVIII e nella prima metà del XIX secolo. Mentre l'Europa viveva l'età dell'illuminismo, l'era industriale, le prime rivoluzioni, il Giappone era ancora in un periodo di tipo medievale.
Fino al XVI secolo il Giappone si poteva ritenere allo stesso livello tecnologico degli altri paesi, ma nel XIX secolo il divario era nettissimo a favore dell'Occidente. E i paesi occidentali non fecero nulla per portare il Giappone nel novero dei paesi industrializzati: semplicemente, presi dalle loro guerre e dai loro problemi, si dimenticarono della sua esistenza.
Questo stato di cose durò fino alla metà del XIX secolo quando un commodoro americano, Matthew C. Perry, inconsapevolmente diede il via ad uno spettacolare balzo in avanti che, nel volgere di appena un secolo, portò il Giappone da uno stato tutto sommato medievale, arretrato tecnologicamente, politicamente e militarmente, ad essere un paese moderno, una temibile potenza economica e militare.
Questo processo, soprattutto per la brevità non ebbe uguali in tutta la Storia della civiltà. Tutto iniziò nel Luglio del 1853 quando Perry e le sue navi da guerra - le navi nere come le chiamarono i Giapponesi - fecero ingresso nella baia di Tokyo. La continua crescita economica dei paesi occidentali ha portato questi a cercare nuovi mercati. Fu così che l'Inghilterra, gli Stati Uniti, la Russia e l'Olanda cominciarono ad interessarsi al Giappone.

La Cina era ormai stata ridotta in uno stato semi-colonial, dalle potenze occidentali, e non ci si illudeva sul fatto che anche al Giappone, prima o poi, avrebbe fatto la stessa fine. Nel Paese però c'era una maggioranza importante, incentrata sulla figura dell'Imperatore, che continuava ad opporsi a qualsiasi forma di apertura e, di conseguenza, le trattative diplomatiche per aprire il Giappone al mercato internazionale, fallirono.

Nel Luglio del 1853 gli Stati Uniti decisero di costringere con la forza il governo nipponico a fare quello che non erano riusciti ad ottenere con la diplomazia. Il commodoro Matthew C. Perry, a capo di una imponente flotta, si presentò quindi di fronte al porto di Edo (l'odierna Tokyo) con in mano l'ultimatum con cui il governo americano pretendeva l'instaurazione di rapporti commerciali: il Giappone avrebbe avuto pochi mesi per decidere come rispondere.
Questo fatto mise il Paese di fronte ad una scelta drammatica che avrebbe pesantemente condizionato il suo futuro.
Nella società avvenne una spaccatura netta: da una parte lo Shogun favorevole ad accettare l'ultimatum e dall'altra l'Imperatore e la maggior parte dei Daimyo che erano favorevoli ad una politica di chiusura nei confronti degli stranieri. L'Imperatore che, fino ad allora, era vissuto molto ai margini della vita politica, cominciò essere preso in considerazione a tal punto che attorno all'Imperatore Komei si riunirono gli esponenti ostili all'apertura agli stranieri ed ostili anche allo shogunato. Lo Shogun, nonostante i molti pareri contrari ad accettare l'ultimatum, non potè far altro che sottomettersi agli americani; il divario militare tra i giapponesi e le forze occidentali era netto e respingere l'ultimatum avrebbe portato a conseguenze durissime per il Giappone.
E così, nel Febbraio dell'anno successivo, alla ritorno del Commodoro Perry, lo Shogun decise di accettare l'ultimatum. Agli americani vennero aperti due porti: Hakodate, nell'isola di Hokkaido, e Shimane, non molto distante da Edo.

Nel giro di un paio di anni anche Russia, Olanda e Inghilterra pretesero l'apertura delle mercato nipponico alle loro merci. I trattati stipulati non erano certo su base egualitaria: vennero detti "trattati iniqui" in quanto, essendo imposti al Giappone, non erano certo favorevoli a quest'ultima.

I "trattati iniqui", per esempio, stabilivano che i cittadini stranieri, residenti in Giappone, venissero giudicati dal tribunale consolare del loro paese di origine e non da quello giapponese in caso di violazione della legge. Altro esempio era l'imposizione al Giappone del diritto di riscuotere al massimo il 5% del valore delle merci importate.

Altri porti vennero aperti agli stranieri e a loro venne consentito di stabilirsi sul suolo nipponico. L'arrivo sul mercato nazionale di prodotti stranieri di migliore qualità, a causa del progresso tecnologico raggiunto dall'Occidente, provocò grossi problemi all'economia nipponica.
Era la fine di un'epoca: dopo due secoli e mezo di isolamento quasi completo il Giappone si aprì al commercio a ai contatti con l'esterno.
La svolta portò il paese ad una situazione di spaccatura che sfociò in una breve guerra civile, la guerra di Boshin, tra i rinnovatori, legati alla figura dello Shogun Tokugawa e i conservatori che, al grido di "fuori i barbari" e "onore all'Imperatore", anacronisticamente si opponevano a qualsiasi presenza straniera nel Paese.


Tabella Mitologia


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