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L’ULTIMA INTERVISTA
- di Andre Bertel - Shotokan Karate Magazine n.87, 2017
ANDRÈ BERTEL: - Sensei, come descriverebbe il Suo karate e i suoi obiettivi?
TETSUHIKO ASAI: - Il mio karate ha solo un obiettivo, il bujutsu (combattimento reale). Una tecnica efficace per le arti marziali, per esempio per il personale militare e la polizia, il karate come combattimento reale, al contrario di qualsiasi enfasi sullo sport o sulla salute. Nel mio stile non sono importanti, mentre lo è l’efficacia. Il mio karate è molto libero e flessibile, è al 100% karate stile Asai, è esattamente la mia via. Detto questo, il suo tipico fondamento è lo Shotokan-ryu, perché è questa la mia base ortodossa nel karate. Nessun gruppo di karate è migliore di un altro. Dipende semplicemente da quello che il singolo karateka vuole ottenere dal proprio allenamento.

ANDRÈ BERTEL : - Crede che esista un’organizzazione mondiale tecnicamente superiore alle altre?
TETSUHIKO ASAI: - No, solo degli individui. Le organizzazioni sono semplicemente riunioni di persone. Nessuno è migliore di nessun altro, se l’organizzazione è fedele alla via del karate. Però ci sono dei gruppi inferiori. Questi gruppi insegnano karate scadente, per esempio gruppi commerciali interessati solo al denaro. Mi hai insegnato una bellissima parola nuova in inglese, “McDojo”. Karate finto. Non va bene!

ANDRÈ BERTEL : - Una domanda un po’ controversa Sensei, spero che non Le dispiaccia se gliela faccio! Cos’è successo ai vecchi amici dell’Università Takushoku? I karateka occidentali sono delusi che i leader giapponesi del mondo del karate, che predicano sempre a tutti il dojo-kun, non riescano ad andare d’accordo fra di loro.
TETSUHIKO ASAI: - In realtà adesso andiamo abbastanza d’accordo, nonostante le prese di posizione e le federazioni. Detto questo, alcuni di noi non ci riescono, ma non è così la vita? Non sempre le amicizie durano. In realtà 15 anni fa il mio grosso problema era solo con una persona, che non nominerò qui, ma non era un praticante di karate. [Si tratta di Nakahara, nota di S.R.] Naturalmente la gente si schiera, spesso deve farlo, specialmente nella cultura giapponese. E’ molto triste, ma la vita non è sempre giusta. Detto questo, sono lieto di dire che la rivalità più radicata è ormai svanita tra di noi. Penso che la morte dei maestri Enoeda, Kase, Tabata, Shoji e altri ci abbia riportato alla realtà. Ovviamente questo non è limitato all’Università Takushoku, è un fatto che tutti noi pionieri internazionali del karate stiamo invecchiando. Presto saremo tutti morti, e allora finalmente comincerà il lavoro di Andrè Bertel e il signor Asai finalmente riceverà il decimo Dan (ride). La comunicazione tra i leader Shotokan in Giappone, al di fuori delle organizzazioni, è molto buona, contrariamente a quello che crede la gente. Anche gli istruttori con cui non vado d’accordo sono brave persone e seguono sinceramente il dojo-kun. Siamo andati solo ciascuno per la sua strada nel mondo del karate. La maggior parte degli istruttori, specialmente i vecchi amici della Takushoku, vanno d’accordo socialmente, al di fuori dei gruppi di appartenenza. Se i karateka di tutto il mondo vedessero questo aspetto dei maestri giapponesi, penso che la vedrebbero diversamente.

ANDRÈ BERTEL : - Sensei, alcune persone criticano il numero crescente di kata che Lei insegna ora. Alcuni praticanti Shotokan affermano che 15 o 26 kata siano più che sufficienti. Cosa ne pensa?
TETSUHIKO ASAI: Hanno ragione, e ho ragione anch’io, e hanno ragione tutti se si allenano e migliorano. Dipende da qual è il tuo obiettivo! Le arti marziali sono allenamento fisico, non numeri, non teoria. Dobbiamo scolpire i principi fisiologici nella nostra mente inconscia per mezzo delle ripetizioni fisiche, per ottenere una risposta rapida in ogni situazione. Non semplicemente memorizzare dei movimenti. Per me, il kata è uno strumento di esercitazione individuale per perfezionare i principi essenziali del combattimento. Il problema non è il kata ma l’azione del corpo. Più variazioni ci sono, meno tempo ho per pensare, più incido questi elementi nella mia mente inconscia. Una varietà di kata è eccellente per sviluppare dei punti specifici. In questo allenamento in Nuova Zelanda, il kata di base che ho insegnato nelle lezioni aperte è stato Kibaken. Ci sono cinque parti in questo kata, che in realtà è un solo lungo kata koten (antico/classico). La ragione per cui ho introdotto questa forma è semplicemente di perfezionare kibadachi. Per esempio, invece di restare semplicemente in kibadachi o di fare il kihon in kibadachi, praticare Kikaken è molto motivante. Questa è l’altra ragione per introdurre un kata. Il kata è un eccellente strumento motivazionale per allenarsi di più. Dico sempre che se un praticante di Shito-ryu ti dà un pugno in faccia, non dici che era un pugno Shito-ryo o un pugno di pugilato. Più o meno kata non è così importante. Fissare il numero dei kata è indice di chiusura mentale. Una mente chiusa per sviluppare il tuo potenziale massimo di combattente secondo me è una sciocchezza. Il mio consiglio è semplicemente di allenarsi! Se la gente pensa di voler restare legata a 15 kata, va bene se questo è ciò che vogliono. Ricordate solo che Funakoshi praticava molti kata, e se Gigo Funakoshi fosse vissuto fino alla vecchiaia, penso che quello che la gente ora considera come “Shotokan ortodosso” avrebbe molti altri kata.

ANDRÈ BERTEL : - Nei Suoi 58 anni di pratica (Asai Sensei ha cominciato all’età di 12 anni dopo aver visto un pugile messo al tappeto con un calcio di karate) Lei deve aver vissuto parecchi episodi curiosi, soprattutto in gioventù.
TETSUHIKO ASAI: - OK, OK, una storia molto divertente! All’Università Takushoku io ero il più pazzo della camerata del karate perché dovevo compensare la mia statura. Alcuni giorni in estate correvamo in spiaggia tutti assieme per un allenamento extra. Un giorno sono corso in acqua urlando come un pazzo “Banzai” dopo aver detto a tutti che avrei nuotato fino a una boa, molto al largo. Ognuno di noi era deciso a essere il più forte per via di una gara imminente. Come mi aspettavo, tutti mi hanno seguito con grande orgoglio, compreso il signor Enoeda (per i lettori inglesi). Io poi sono tornato indietro di soppiatto senza spingermi troppo al largo, mentre tutti gli altri sono andati e tornati dalla boa. Per tutto il tempo io mi sono rilassato sulla spiaggia con un grande “sorriso alla Asai”. Ma il mio sorriso non è durato a lungo! Tutti erano così meravigliati che li avessi battuti, anche se sembrava che io non nuotassi mai. Ero tornato così in fretta che ero completamente asciutto, e neanche un po’ affaticato! Perciò sono stato reclutato nella squadra di nuoto della Takushoku, che sfortunatamente doveva gareggiare di lì a pochi giorni. Sono stato schierato in ultima posizione per la gara più importante, la staffetta. Posso dirti solo che Takushoku stava vincendo facilmente, finché è stato il turno di Asai. Ho perso la posizione di testa nell’ultima vasca. A dir la verità so nuotare a malapena, perciò mi trascinavo lungo la corsia aggrappato alla corda per arrivare alla fine. Tutti guardavano. Molto divertente adesso, ma non in quel momento!.

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