2. Funzioni di relazione educativa 17
La qualità e le tipologie del comportamento comunicativo,
si costituiscono nello sviluppo delle funzioni educative che
il formatore o l'educatore sostiene e progetta nel suo intervento.
Le funzioni, come abbiamo precedentemente sottolineato, stanno
rispetto ai dispositivi e agli elementi, come il tempo sta allo
spazio. Esse si inseriscono in una logica superiore di secondo
livello in quanto mobilizzano le interazioni sistemiche. Il loro
ruolo è di collegare in permanenza i soggetti al sapere,
ai contesti e fra di loro, in sequenze di interazioni di valore
evolutivo trasformativo. Vediamo qui di seguito le principali
relazioni educative.
Funzione di accompagnamento
Si situa nella mediazione tra il soggetto, il contesto ambientale
e il sapere.
Accompagnare non corrisponde a una forma
di intervento compromissorio di guida, ma ad un'implicazione
cognitiva nella situazione continuamente interagita, deliberata
e contrattata, in base a criteri di efficacia sociale e di sviluppo
personale.
Funzione di aiuto Ricordiamo che per Freud, l'
io si costituisce attraverso
progressivi adattamenti alla realtà operando un perpetuo
compromesso tra universo pulsionale, esigenze sociali interiorizzate
e il mondo esterno. Per il formatore la funzione di aiuto al
farsi
dell'identità dei soggetti diventa necessità prioritaria
all'inizio del processo formativo. Propp nei suo lavoro di epistemologia
dei racconti di magia aveva individuato nella figura degli attanti
dei sostegni (oppure dei contro-sostegni) nei momenti di crisi,
di cambiamento e di ristrutturazione delle identità dei
soggetti
18. Lo
stesso Greimas
19 e
Darrault
20 nella
loro semiotica e psicosemiotica avevano individuato come fondamentale
la presenza di forme d'aiuto (linguistiche e umane) nei processi
di disgiunzione, di dislocazione, di separazione e di cambiamento.
Con Rogers, la relazione d'aiuto assume una pienezza educativa,
formativa ed etica di alto spessore:
volere il bene dell'altro. Spesso
tuttavia, nel gioco della separazione e del cambiamento, l'educatore
e il formatore, diventano un
sostituto simbolico di
questo io, a volte incerto, dei soggetti. In formazione parare
questo rischio diventa pari alla capacità di assumere
il ruolo stesso. La strategia di l'orientamento verso attività rassicuranti,
e un'intenso sostegno emotivo e intellettuale, sono processi
di traghettamento verso la ricomposizione delle distintività di
soggettività e di ruolo.
Funzione di valutazione
In ambito relazionale la funzione valutazione si traduce in
comprensione
21.
Con essa si supera la posizione d'aiuto, potenziando la comprensione
delle dinamiche interpersonali, del ruolo e degli obiettivi delle
attività secondo
il bisogno, le forme, i limiti dei soggetti implicati, e la loro
comprensione del percorso. Partendo dall'
ascolto, da
un'
osservazione attenta, e dall'esplicitazione delle
problematiche, si arriva all
'identificazione di quei criteri ,
che permettono di padroneggiare una
funzione valutativa senza
cadere nelle trappole della misurazione. In questo senso la dinamica
della comprensione diventa strategia di trasformazione del tessuto
comunicazionale dell'intero sistema.
Funzione di testimone di realtà e
polo d'identificazione 22La parola "realtà" si
presta a molte riserve di definizione. Con essa vogliamo intendere
la necessità di
un rimando prospettico delle esigenze della vita quotidiana.
L'ambiente educativo e formativo oggi, è generalmente
troppo distante da un processo di facile adattamento e comprensione.
I valori di astrazione e formalizzazione di cui è portatore
lo rendono distante dal vissuto di base dei soggetti.
Spetta
all'educatore essere lo specchio di un processo di continuità,
di impegno personale, di autenticità sul piano dell'effettiva
esperienza dei soggetti 23 .
Le funzioni di sostituzione, compensazione, transfert sono portatrici
d'intense proiezioni e giocano, in quanto
polo d'identificazione ,
un ruolo molto potente
24.
Tuttavia la situazione educativa, nella sua quotidianità,
fatta di socialità e di conoscenze, ha margini elevati
per situarsi in un processo di costruzione di un'identità sufficientemente
autonoma, lontana da rischi proiettivi e identificatori eccessivi.
Funzione di modificatore del comportamento
La problematica di modificazione del comportamento presenta
diverse riserve ideologiche e psicologiche. Lungi dall'idea di
condizionamento, in cui l'approccio s'interessa al sintomo, il
fatto di lavorare sui comportamenti dei soggetti è un
obiettivo educativo identitario e sociale. Piaget
25 sottolinea
infatti, come fin dai primi anni di vita sia limitativo per lo
sviluppo non solo del pensiero reversibile, ma dello sviluppo
stesso del soggetto, il comportamento egocentrico. Vigotsky
26 da un'altro punto di vista sottolinea, come l'educazione
scientifica (scolastica),
modifichi i concetti e i comportamenti
ingenui del
bambino.
Tenendo sotto controllo una visione riduttivistica della persona,
in quanto soggetto dipendente, il punto focale sarà,
in
che modo si conduce la strategia di modifica e di cambiamento,
e
che cosa in realtà si va a modificare
per
che cosa. Innanzi tutto il primo compito dell'educatore è concorrere
alla modifica delle relazioni tra la persona e il suo ambiente,
al fine di realizzare cambiamenti apprezzabili in funzione di
una certa visione dell'adattamento. E' sul concetto di
adattamento quindi
che bisogna intervenire. In formazione il processo di adattamento
deve arrivare ad essere un processo della
cognizione ,
un processo pensato, autorizzato dal soggetto e reversibile.
Funzione organizzativa
La storia delle relazioni pedagogiche ha spesso privilegiato
una parcellizzazione delle esperienze e un modello di procedure
linear-sequenziale, (spaziale) piuttosto che ad un insieme di
relazioni costruite nelle condizioni plurali e sistemiche dell'esistenza.
Bettelheim
27 aveva
già sottolineato
l'importanza di "un ambiente di messaggi coerenti", interconnessi,
come un luogo in cui un soggetto poteva riconoscersi e riconoscere
la diversità delle esperienze. Tuttavia l'organizzazione,
non si esprime semplicemente nella struttura di materiali e di
spazi, o di regole e norme, ma va intesa come
costruzione
temporale di situazioni comunicativo-relazionali , complesse
e pertinenti, capaci di rinforzare la partecipazione e l'organizzazione
stessa del soggetto del piano di "realtà". Questa
partecipazione non si identifica semplicemente con un miglior
processo di adattamento, ma ha il compito di rilanciare continuamente
l'idea del possibile e del probabile, in vista di un processo
di superamento del mero piano di adattamento.
Funzione di mediazione
La mediazione
28 è una
parola di grande spessore intellettuale e relazionale. Il significato
di "
medium "
29 è
movimento, in
altre parole la
capacità di mobilizzazione alla
ricerca
dell' auto-organizzazione di sé come sistema
interagente . Il suggerimento è di posizionarsi in
quella
dinamica che tenta di stabilire un ponte tra
l'essere attuale e in divenire della soggettività. Essa
comprende la struttura dell'ambiente, in quanto
rete esterna capace
di apportare il contributo al processo di formazione del soggetto.
Si tratta dunque di individuare/creare le migliori condizioni
possibili, perché il soggetto possa beneficiare delle
molteplici occasioni della vita quotidiana. Quello che va sottolineato
non è il modello costruttivistico
30 del
processo di creazione, ma il modello connessionista dell'
individuazione. In
questo senso la logica epistemica della funzione di mediazione è partire
dal presupposto che le condizioni ci sono, ma come dice Pirsig,
sono ostruite "dalle macerie di pensieri divenuti stantii dal
quotidiano ..."
31.
Il medium gioca il ruolo del
terzo nelle situazioni
formative, ha capacità di pressentire il
non detto e
di garantire
spazi di parola e di presenza ai soggetti.
Funzione di rivelazione del malessere individuale e sociale
Spesso in formazione, per diverse ragioni di vissuto personale
e istituzionale dei formatori, preoccupazioni culturali, disinteresse
e irresponsabilità, preoccupazioni per l'ambiente esterno,
vengono sottovalutati i malesseri e le difficoltà sociali
e comunicative. Se ciò può essere quasi indolore
per i gruppi fortemente strutturati e per le realtà più integrate
al sistema sociale, diventa paradossale nelle situazioni limitate
nel tempo o poco coordinate. In molte realtà educative
la registrazione delle difficoltà e del malessere è stata
assunta dall'organizzazione di uno sportello di aiuto, in formazione
si opta per processi di tutoraggio e orientamento più mirati.
Il processo visto in questo modo ha valenza riparatoria, ma non
sempre dà la possibilità ai soggetti di individuare
le aree deboli del loro sistema per porvi rimedio. Bachelard
32 sottolinea
come le innovazioni i cambiamenti riescano difficilmente a rompere
la "corazza" dell'individuo, perché i saperi precedenti,
le credenze e le attitudini, premono contro le innovazioni. La
valenza formativa di rivelazione del disagio e delle difficoltà,
si situa nel processo di riforma della mente dei soggetti e delle
loro capacità di autoriparazione del "danno", provocato
o ipotizzato dal cambiamento.
Note
17 Gli anni '70 e '80
hanno visto in Italia un grande interesse nei confronti di
una pedagogia del linguaggio verbale e non verbale. Le influenze
di una pedagogia non autoritaria (C. Rogers, Neill...) hanno
attraversato diversi processi di comunicazione e di relazione
educativa. Ricordiamo in particolare il classico di L. Lumbelli,
et alii, Pedagogia della comunicazione verbale, Angeli
Milano, 1978, di cui siamo debitori in questo capitolo. Sono
dello stesso periodo anche tutte le nuove ricerche sul linguaggio
al seguito del modello pragmatico ( J.R. Searle, Atti linguistici, Torino
Boringhieri, 1976, J. L. Austin, in M. Sbisà, Gli
atti linguistici, Milano Feltrinelli, 1978), del modello
etnografico e degli studi sociolinguistici, (Goffman, La
vita quotidiana come rappresentazione , Bologna Il Mulino
1969) , del modello filosofico ( la ripresa degli studi su
Wittgenstein, W.P. Alston, Filosofia del linguaggio ,
Bologna il Mulino, 1971), del modello cognitivo (C. Castelfranchi
D. Parisi, Linguaggio conoscenze scopi, Bologna Il
Mulino, 1980). Per ciò che concerne la pratica comunicativa
e relazionale negli anni '80 e '90 in poi, la scuola subisce
il fascino dei modelli gruppali e di Team, provenienti da ricerche
americane e francesi. In Italia l'artefice del discorso sono
stati in gran parte Enzo Spaltro, Renzo Carli, Gian Piero Quaglino.
Vengono abbandonate dunque le ricerche sulla comunicazione
a favore della relazione educativa basata sulla dinamica di
gruppo e di team work. Attualmente il panorama internazionale
sta rispolverando i modelli microsociologici (studi comparati,
interculturalità, biografie cognitive e sociali, storie
di vita, etnografia delle professioni). Assistiamo infatti,
per associazione, a una ripresa degli studi sulla comunicazione
e sulla relazione educativa.
18 V. J. Propp, Le radici storiche dei racconti
di magia, Newton ed. Roma, 1982 (1977).
19 A.J. Greimas, Langages , Larousse
Paris, n. 10, juin 1968.
20 I. Darrault, Semiotica psicomotoria ,
Ed . Comune di Venezia, 1984.
21 E. Morin , L'enjeu humain de la communication, in La
Communication , in Philippe Cabin, Sciences Humaines, op.cit.
22 M. Klein, La psychanalyse des enfants, Puf
Paris, 1969.
23 W. Winnicott, Objets transitionnel et
phénomènes traditionnels ,in De la pédatrie à la
psychanalyse, Payot Paris, 1969.
24 S. Freud, Le Moi et les méccanismes
de défense, Paris PUF, 1967.
25 J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino ,
Einaudi Torino, 1967.
26 Vygotskji, Pensiero e linguaggio, Giunti
Firenze, 1980.
27 B. Bettelheim, Dialoghi con le madri ,
Ed. di Comunità , Milano, 1978.
28 Sulla mediazione vedere anche il testo di
M. Tarozzi, La mediazione educativa, Clueb Bologna,
1998.
29 H.R. Maturana, F.J. Varela, Autopoiesi
e cognizione: La realizzazione del vivente, Marsilio Venezia,
1985.
30 La cultura della mediazione rompe con l'ideologia
costruttivista nel senso di creazione del mondo (visione ottimistica
e produttivistica dell'evoluzione, tradizione del modello modernista
e strutturalista) per situarsi nel processo di svelamento delle
possibilità del contesto.
31 R. M. Pirsig, Lo Zen e l'arte della manuntenzione
della motocicletta, Adelphi Milano 1981.
32 G. Bachelard, La psychanalise du feu, Gallimard Paris, 1965.