L'esame è il momento più difficile
della valutazione.
Di solito l'esame e' il momento in cui si formula una sintesi
valutativa del processo di apprendimento del soggetto. Il soggetto
che si presenta all'esame deve sapere che cosa lo aspetta e i commissari
devono poter conoscere il pregresso dell'allievo. Una posizione
iper-soggettiva del valutatore rischia di inficiare tutte le prestazioni
formali, se non sono presenti dati e regolamenti dell'operato. Una
posizione astratta, rischia di inficiare tutte le interpretazioni
dell'allievo. Non si può pensare di dare una cintura nera ai propri
allievi o agli amici e nemmeno a uno perchè fa più o meno "bene"
calci e pugni secondo il programma, altrimenti tutta la filosofia
del Karate può essere messa da parte .
C'è sempre il rischio che i fondamenti etici e spirituali del
karate lascino spazio alla iper-valorizzazione del corpo e della
tecnica cioè a una forma di "narcisismo" della posizione
o della tecnica. Sotto a una sopravvalutazione della tecnica come
efficienza, sicuramente c'è la iper-valorizzazione del culturismo,
della boxe, del senso della forza, addirittura delle tecniche di
autodifesa, enfasi pubblicitaria strisciante e quindi a rischio
subliminale. Sicuramente tutto questo può contribuire all'evoluzione
delle pratiche sportive ed è questa la strada che ha percorso il
karate moderno quando si è affrancato dal karate tradizionale.
La storia culturale tuttavia dimostra come tutti i processi che
si sono snaturati o che si sono adattati completamente ai cambiamenti,
siano anche scomparsi dalla memoria storico - culturale collettiva,
sottoposti quindi alla mortalità quotidiana.
La cultura dell'oriente si è sempre posta sotto l'aurea della spiritualità.
Attenzione dunque, nelle palestre, negli allenamenti, negli esami,
a non far scadere quel processo aulico che ha permesso al karate,
come ad altre discipline, di arrivare fino ai nostri tempi con un
livello alto di qualità.
Chi scrive si trova per professione a dover valutare centinaia
di persone all'anno in area educativa, istruzionale, professionale
lavorativa e clinica. Valutare è faticoso più che insegnare. Non
basta la conoscenza o il saper fare;
per valutare è necessario essere nel ruolo di valutatori, essere
coscienti della soggettivitàdi ogni valutazione e di conseguenza
della parzialità del proprio giudizio. Il problema della valutazione è un problema di scelta e di decisione.
Esso è anche un problema di cultura. Mai come in questi ultimi anni
gli stati sono valutati dal fior fiore delle agenzie internazionali.
Il fatto che in Italia non ci sia sufficiente comprensione del problema
della valutazione, è sotto gli occhi di tutti. E' sufficiente vedere
la scuola, cosa e come valuta, come pure l'economia, la politica,
le istituzioni... La valutazione fa paura? E' un problema di identità
o di competenza? Eppure ogni momento della nostra vita noi valutiamo.
Ogni semplice scelta è determinata da un processo discriminante
e valutativo.
Nella vita comune, tutti producono giudizi, ma nel sistema professionale,
non tutti sono capaci di valutare. La competenza del valutare deve
diventare oggetto di formazionedegli istruttori, degli insegnanti
e più ancora degli esaminatori, maggiormente degli arbitri.
Ciò che il buon senso, l'opinione, chiama oggettivo non sono altro
che i vari punti di forza, i dati, la situazione culturale, che
esprime la classe dei valutatori.
Ma forse la dimensione valutativa primaria di fronte ad un esame,
è la capacità del valutatore di essere "
umile"
(come ama ripetere da "uomo della
strada" il mio primo maestro D.R ) quando si trova davanti ad un essere umano da
esaminare.