Log dis           Log dis

| Home | Aree RISERVATE | AGENDA Attività | Webmaster - Davide Rizzo |


Menu verticale jQuery con effetto fisarmonica | MaiNick Web
Intervista al Dr. Arrigo Cipriani

A cura di Luciano Puricelli
i testi sono (c) dell'autore tutti i diritti riservati

Arrigo Cipriani: ristoratore di genio e di successo è famoso in tutto il mondo soprattutto per il suo Harry’s Bar di Venezia ed ora anche per quelli di New York e Buenos Aires. Scrittore di talento è al suo sesto libro; pratica Karate da oltre 30 anni ed è stato tra i pionieri del Karate in Italia. Il Karate Tradizionale gli deve molto, il Maestro Taiji Kase nutre verso Arrigo una stima ed un rispetto profondo. Lo stesso dicasi per Arrigo che ammira sinceramente il M° Kase e lo considera una persona rara ed unica al mondo. Durante un ritiro di allenamento, a tre, in montagna il Maestro Kase, Arrigo Cipriani ed io; Arrigo ha gentilmente acconsentito a rilasciare la seguente intervista:

Luciano Puricelli: visto che da oltre 30 anni pratichi Karate e che ti alleni ogni giorno, cosa hai ricercato nel Karate in tutto questo tempo e quale molla, sentimento, interesse ti hanno spinto e sorretto?
cipriani_puricelli.jpg (7913 byte) Arrigo Cipriani: ho iniziato il Karate a 35 anni, in un momento della vita in cui il corpo
cominciava a farsi sentire sotto forma di piccole sofferenze, piccoli disturbi. Mi ricordo che avevo come un blocco allo stomaco a causa del quale consultai vari medici; il risultato fu la prescrizione di un sacco di farmaci. Allora ho pensato che, a 35 anni, la vita non poteva essere fatta di pillole. In quel momento ho incontrato per caso Bruno Demichelis, allora Maestro di Karate, al quale ho chiesto se mi dava delle lezioni di Karate.
Con lui si instaurò subito un rapporto abbastanza difficile, perché io ho una etichetta di ristoratore e di persona benestante e con questa etichetta uno si presenta al mondo come una persona privilegiata, e Bruno aveva l’impressione che io volessi affrontare lo studio di questa disciplina senza seria intenzione. I primi sei mesi furono durissimi, e lui stesso mi ha confessato in seguito, che durante tale periodo aveva cercato in tutti i modi di dissuadermi.
Questo era in effetti il modo migliore per indurmi a restare. Se me lo avesse chiesto gentilmente avrei anche potuto andarmene, ma con la dura disciplina e le percosse è nato in me un sentimento di resistenza, non dovevo cedere. In seguito il Karate ha cominciato ad affascinarmi grazie alla scoperta dei suoi valori intrinseci. La prima scoperta che uno fa nel Karate sono i movimenti che esistono da sempre nella storia individuale dell’uomo.

Ciò è anche dimostrato dal fatto che coloro che li hanno creati e codificati furono persone che studiarono questi movimenti e tecniche nel più piccolo dettaglio, scegliendo quei gesti speciali che sono dentro ognuno di noi. Questo è il primo aspetto universale del Karate, vale a dire, scoprire che vi sono gesti e movimenti che tutti possono fare, il corpo ha cioè la possibilità di esprimersi attraverso una corretta gestualità. Questa prima scoperta nel Karate e fondamentale, viene ancora prima della forza e della potenza; ovvero la capacita di dialogare col proprio corpo rappresenta un salto di qualità. Fino ad allora potevo forse avere una tale possibilità attraverso altri sports, ma in quel caso era lo sport che me lo faceva fare.

Se per esempio prendiamo lo sci, abbiamo che in una discesa vi è un percorso, si cerca di adattare il corpo a questo percorso. Nel ciclismo bisogna pedalare ecc. In quasi tutti gli sports esiste una regola alla quale occorre adattarsi, mentre nel Karate le regole bisogna farsele da soli. Per esempio un calcio occorre adattarlo al proprio corpo, alla propria figura e struttura. Questa e la cosa fondamentale, l’affascinante inizio del Karate è proprio questo. Poi, parlando anche di cose molto pratiche non bisogna trascurare il fenomeno della forza, della contrazione e decontrazione muscolare che fanno aumentare la potenza per cui il corpo inizia a prendere un posto nella vita, ci si accorge di avere un corpo. Attraverso lo studio delle tecniche ci si accorge di tante cose che sono dentro di noi e che ci permettono di instaurare un dialogo in profondità con noi stessi. A questo punto ci si accorge dei propri limiti, perché nel Karate il più grande antagonista e dentro di noi, proprio perché non vi è mai limite alla perfezione ed al miglioramento. Questo in breve credo sia il motivo per cui ho sempre fatto Karate e continuo ad allenarmi. Ed e in questa continuità che scopro cose nuove.

Luciano Puricelli: cosa pensi del Karate? Che influenza ha avuto nella scelta di vita di una persona al tuo livello che si è realizzata sia professionalmente che in campo letterario?
Arrigo Cipriani: riferendomi a quanto detto sopra, credo che questa conoscenza sempre più ampia e profonda del corpo e della propria interiorità aiuti quasi automaticamente nelle scelte, in particolare noi occidentali che siamo preminentemente legati alla mente. La pratica del Karate, grazie alla sua concretezza, porta automaticamente a sottoporre a verifica l’operato quotidiano, per cui tutte le scelte che io faccio o che uno fa dopo aver fatto Karate (in un certo modo evidentemente!), lo pongono sempre di fronte alla realtà delle cose. Questo, per esempio, mi è servito molto anche nello scrivere, perché gli oggetti della scrittura vengono visti sotto un aspetto diverso, l’aspetto del Karate inteso come forte presenza del corpo e della mente come unita inscindibile.

Luciano Puricelli: che legame puoi vedere tra i tuoi libri, l’Harry’s Bar e l’allenamento?
Arrigo Cipriani: un altro aspetto del Karate è anche la sua difficoltà intrinseca. Sicuramente fra tutte le cose che io ho fatto il Karate è la cosa più difficile e continua ad esserlo rispetto a tutte le altre cose della vita. Allora, l’"Harry’s Bar" che è un lavoro molto impegnativo e difficile, se sul piano personale lo confronto al Karate, posso dire che questa pratica permette di affrontare tutte le situazioni più difficili in maniera molto più tranquilla e con maggior sicurezza. Io ho sperimentato che eseguire bene un Kata Bassai Dai, è molto più difficile che far lavorare un cuoco come desidero. Inoltre Bassai Dai, è semplice in rapporto a quanto il M° Kase ci ha mostrato questa mattina e poi chiesto di ripetere. Il fatto poi di lavorare con i grandi maestri, sposta verso l’alto il livello e le competenze richieste.
Proprio seguendo l’esempio di grandi Maestri come il M° Kase ed il M° Shirai non bisogna mai accontentarsi dei risultati, non bisogna accontentarsi delle esibizioni formali, degli aspetti esteriori e plastici del Karate. Questi aspetti hanno veramente poca importanza e sono più legati al mondo delle immagini che ai contenuti. Per cui è importante che ogni volta che si esegue una tecnica occorre pensare più alla sostanza e al contenuto che all’esteriorità. Bisogna cercare di perfezionarsi onestamente. A tal proposito mi ricordo di un mio compagno di corso che si guardava sempre davanti allo specchio quando faceva una tecnica, forse pensava più alla sua figura che all’efficacia del movimento.

Luciano Puricelli: il Karate e divertimento?
Arrigo Cipriani: certamente. Deve essere il più grande divertimento, come del resto è giusto che sia, perché è una scoperta continua. Soprattutto io penso che l’essenza della vita sia "servizio"; servire gli altri e far capire agli altri che in questo preciso momento li si sta servendo nel modo più spirituale possibile, ecco che l’incontro di due persone che fanno Karate deve essere momento di divertimento.

Luciano Puricelli: Nel mondo vi sono attualmente circa 40-50 milioni di praticanti di Karate, e la maggior parte di loro sta vivendo una realtà ed una esperienza diversa da quella pionieristica dei tuoi inizi. Che indicazione daresti?
Arrigo Cipriani: L’indicazione più opportuna e quella di diffidare molto delle forme di Karate che troppo facilmente passano da una istruzione di base ad applicazioni di tecniche che non si sono completamente interiorizzate. Io credo che la cosa più importante nel Karate, anche senza soffermarsi troppo, sia quella di cominciare a "fare le aste" (come ai miei tempi si faceva in prima elementare) "la base del Karate"; le posizioni, le tecniche di Kihon devono essere completamente assimilate prima di passare ad un livello superiore. Nel Karate si può realmente progredire solo se si sono assimilati in profondità gli esercizi fondamentali. Tutto il resto sono cose senza fondamento.

cipriani_kase.jpg (6037 byte)Luciano Puricelli: secondo te nel Karate ci sono segreti?
Arrigo Cipriani: segreti; i segreti sono quelli che sono dentro di noi. Anche quando vado a lezione dal M° Kase che mi dice cose nuove, alle quali io non avevo mai pensato, queste non sono un segreto, sono cose che avrei potuto benissimo scoprire da solo. Ecco per me queste sono scoperte. II Karate è una scoperta continua ma non di segreti. Non è un’invenzione! La differenza tra scoperta ed invenzione consiste nel fatto che nell’invenzione bisogna creare ex novo, mentre la scoperta e prendere coscienza che vi e anche quella cosa, ma questo non è un segreto. L’importante e scoprirla!

Luciano Puricelli: le domande che ti volevo porre sono terminate, vuoi aggiungere una tua personale riflessione sul Karate?
Arrigo Cipriani: la riflessione che amo fare è quella di dire che siamo degli uomini, e con il Karate abbiamo la possibilità di migliorare per cui dobbiamo essere ancora più uomini. Grazie al Karate bisogna appartenere sempre meno a qualcosa che sia un appiattimento dell’umanità. Il Karate ci deve rendere molto felici per aver scoperto un modo di personalizzare noi stessi e questo è molto importante. Non bisogna diventare dei soldatini del Karate ma occorre sentire sempre il Karate come una sfida con se stessi, per avere poi come risultato un individuo che è disponibile verso gli altri.


Shinjtzu - Interviste - Storia


| Back | Home | Stampa questa Pagina |
Us-Acli 13069 - Registro.Naz. Ass. e Societá Sportive Dilettantistiche del CONI205946 -Attestato-
Affiliata a: FIKTA - Cod.Soc.
KVE 1206
- Note sul Copyright - Info Associazione -
Istituto Venezia