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Epistemologia, cos'è il Karate
EPISTEMIOLOGIA
A cura di Luciano Puricelli - I testi sono © dell'autore tutti i diritti riservati

Cos’è il karatè? Del karate molto è stato scritto e molte parole sono state dette, sintetizzando possiamo dire che fondamentalmente è una pratica a mani nude, però una pratica senza l’attore, senza il praticante, non è nulla, solo un’idea di cose possibili. Se pensiamo alle figure dei grandi maestri del passato, con la loro aura di mistero e grandezza siamo spesso indotti a vederli e a viverli come miti, come esseri dalle qualità eccezionali, in realtà erano anch’essi degli uomini. Da dove viene allora la loro grandezza e la considerazione che la gente testimonia loro? Viene dall’aver conseguito nella loro esistenza un livello di alta umanità e spiritualità attraverso e grazie ad un modo giusto di intendere e praticare l’arte marziale.

E’ il Soggetto che fa la differenza e il karate è profondamente ed indissolubilmente legato al soggetto, alla persona che pratica con tutto se stesso, ovvero con: E’ l’insieme di queste tre dimensioni, strettamente interconnesse, che esprime il livello di una pratica. Per conseguire un tale livello è necessario un maestro competente. In quest’ottica: il karatè è ciò che trasmette e continua a trasmettere il maestro che ognuno si è scelto, ed il modo in cui l’allievo fa propria e si realizza in questa pratica. Quindi essenzialmente il karate è una trasmissione.

Una trasmissione presuppone una continuità, quindi una tradizione e nella tradizione:

maestro ed allievo; sono i soggetti
la tecnica; è l’oggetto
cuore/cuore - mente/mente; è l’essenza

Ma su cosa poggia e si fonda questa tradizione - trasmissione? Nel passato, per esempio, uno dei primi grandi maestri della storia del karate di cui abbiamo informazioni e notizie documentate, il M° Sokon Matsumura sin dall’adolescenza è avviato allo studio dei classici ed impara l’importanza del “bun bun ryo do”, cioè ad equilibrare ed armonizzare l’allenamento fisico con lo studio della filosofia , a coltivare cioè la propria persona, in eguale misura, attraverso la cultura e l’arte marziale.Quindi oltre all’inflessibile ricerca di perfezionamento ed efficacia nelle discipline di combattimento studia e abbraccia profondamente il confucianesimo e diviene un eccellente calligrafo. Quello che ci preme sottolineare e puntualizzare è che la generazione del periodo di Sokon Matsumura, metteva una grande enfasi nel coltivare l’equilibrio tra mente e corpo, e se da un lato era molto concreta visto che le tecniche erano efficaci e reali, dall’altro colui che seguiva la via era un uomo completo, animato da alti valori spirituali.Questo lo si vede chiaramente nel Makimono scritto da Sokon Matsumura ad un proprio allievo (primo documento scritto che abbiamo riguardante il karate) che riportiamo qui sotto:

Istruzione scritta di Sokon Matsumura

Attraverso un allenamento deciso ed implacabile sarà possibile comprendere la vera essenza delle tradizioni di combattimento (arti marziali). In primo luogo, la via dello studio e la via delle arti marziali si fondano su di un unico principio, vi è fondamentale similitudine tra le arti marziali e lo studio della letteratura e filosofia, ed ogni via comporta tre specie. Le tre specie nella via dello studio sono:

lo studio della Letteratura; Shisho;
lo studio dell’Esegesi; Kunko
lo studio del Confucianesimo; Jukyo

Lo studio della letteratura (shisho) consiste nel dedicarsi alla scrittura e ed e’ utile per ottenere una migliore posizione sociale ed un buon reddito. Lo studio dell’esegesi (kunko) ha per fine lo studio comparativo della filosofia, dei testi antichi e il loro insegnamento e trasmissione agli altri. E’ uno studio teso ad acquisire una migliore conoscenza e sapere, ma attraverso di essa non potrete approfondire la Via. Questi due studi permettono di ottenere onori nel mondo delle lettere ed io non li chiamo (considero) il vero studio. Nello studio del confucianesimo (jukyo) possiamo trovare la Via che consiste nel: conoscere l’essenziale di ogni cosa a partire dalla via, rendere sincera la propria volontà costruire forza dalla debolezza, rendere giusta/ corretta la propria mente (spirito-cuore). Con questi mezzi occuparsi della propria

E’ questo il vero studio, lo studio che conviene ad un Confuciano. Parallelamente le tre specie nella via dell’arte marziale sono:

L’arte marziale dell’intellettuale: gakushi no bugei, gioco psicologico di strategia praticato da studenti e ufficiali di corte. In esso si pensa ai diversi modi di allenamento e si fanno frequenti cambiamenti senza approfondire.
Si conoscono numerose tecniche, ma la pratica e’ come una danza e si e’ incapaci di applicarla in combattimento.

L’arte marziale del pretenzioso (ricercato): meimoku no bugei esercitazioni di stile e di pura forma fisica che hanno come obiettivo solo la vittoria (senza virtù), coloro che vi partecipano sono conosciuti per essere litigiosi.
Ci si agita molto senza allenarsi realmente, comunque si parla spesso delle proprie imprese gloriose si causano risse e tafferugli e si offendono gli altri. A seconda delle circostanze si rischia di distruggersi o di disonorare la propria famiglia.

L’arte marziale del Budo: Budo no bugei il metodo e la pratica genuina, non viene mai praticato senza convinzione e col quale gli adepti coltivano serenità e saggezza che non conosce né vizio né contesa. In esso si riesce (si ha successo) nelle cose, grazie ad una elaborazione permanente, si rimane calmi quando gli altri sono agitati e si vince dominando lo spirito dell’avversario.

Maturando la propria arte, si arriva a:
manifestare le proprie capacità superiori e sottili, ad essere senza problemi (turbamenti timori) in qualunque situazione, a mantenere un costante autocontrollo, e quando si tratta di lealtà e fedeltà verso il proprio signore e verso i propri parenti/familiari, si diviene una tigre feroce e un vera e propria aquila. Avendo la rapidità della vista di un uccello (comprensione) si potrà vincere qualunque

L’arte marziale consiste allora nel:
1) Dominare la violenza, è vietata ogni violenza premeditata
2) Rendere inutili i soldati, disciplina e ordina i guerrieri
3) Proteggere il popolo, fortifica il popolo
4) Sviluppare la qualità della persona, incoraggia la virtù
5) Assicurare al popolo la tranquillità, pacifica la comunità
6) Creare un’armonia e prosperità generale tra i gruppi
7) Accrescere il benessere della società.

Queste sono le sette virtù dell’arte marziale di cui il santo maestro (Confucio) fa l’elogio.
Quindi il principio e’ unico sia per lo Studio che per l’Arte marziale, (spesso descritto come :
la penna e la spada - bun bu).

Le arti marziali dell’intellettuale e del pretenzioso sono inutili. Desidero che proseguiate nel senso dell’arte marziale del budo no bugei. Questa forza d’animo indomita influenzerà profondamente il vostro giudizio nel riconoscere le opportunità e nel reagire adeguatamente secondo le situazioni mutevoli e di dominarle.

Ho scritto quanto sopra senza alcuna reticenza, se accetti questo punto di vista che ti ho comunicato senza lasciare alcun segreto e senza tenere nulla di nascosto nella mia mente, troverai la via.

BUCHO MATSUMURA
al mio allievo Kuwae (Ryosei)
13 Maggio 1892.


Questo makimono comunica un prezioso insegnamento e messaggio agli studenti di arti marziali cioè che l’essenza e lo scopo del karate-do e dell’arte marziale risiedono fondamentalmente nel rispetto e nella capacità di realizzare un equilibrio ed armonia tra allenamento e studio dei valori che reggono e fondano la pratica (bun bun ryo do. Affermando che “la filosofia e la pratica sono “uno” (bun bun ichi nyo), che “sono un tutt’uno indissolubile”, S. Matsumura definisce con chiarezza quale deve essere il comportamento di chi pratica il budo . L’arte marziale si fonda su alti valori etici, ed è il rispetto di questi valori, che permette di raggiungere un alto livello nella pratica. Senza di essi la Via decade, diventa violenza gratuita ed è motivo di vergogna per la famiglia, il maestro, i compagni di allenamento e causa di biasimo e disonore. Se è vero che l’essenza del Budo sta nel principio del shin gi tai La mente (shin) deve tendere al più alto livello, ovvero al bene supremo dell’umanità, ed essere totalmente devota al conseguimento di questo ideale.

La tecnica (gi) è il come, il modo col quale si percorre questo cammino.

Il corpo (tai) è lo strumento che permette attraverso l’allenamento e la tecnica di formare uno spirito indomito.

Mettere troppa enfasi sul materialismo (gi - tai), ignorando lo spirito del kokoro (shin, mente-cuore) porterà alla lunga ad una perdita di valori morali.

Il Maestro G. Funakoshi, capostipite dello stile di karate Shotokan non ha messo casualmente al primo posto il principio: Karate ni sente nashi. Non c’è (“Primo”) attacco nel Karate.
Questo non vuol dire semplicemente che non bisogna attaccare per primi. Il suo significato va ben oltre, riguarda la mente del praticante e quello che in esso è presente, le sue intenzioni. La mente deve essere vuota, senza la minima traccia di aggressività o idea di offendere o recar danno a chicchessia. Se essa è retta da uno stupido orgoglio o da un ego smisurato, aumentare la propria forza o abilità tecnica non porterà a nulla di buono.

Per questo il Maestro G. Funakoshi ha messo in guardia, enfatizzando il principio che il karate non è mezzo di offesa e danno. Egli voleva che la gente potesse comprendere che l’autocontrollo è il segreto principale del karate e che il Budo non è finalizzato al combattimento. Dimenticando Kokoro (mente –cuore) anche il principio del Karate ni sente nashi viene frainteso, Karate ni sente nashi è in realtà un avvertimento, un’esortazione e un ammonimento.

Ogni praticante che ignora questa pratica è un ipocrita! Secondo il Maestro Shoshin Nagamine Karate ni sente nashi si fonda su un poema del monaco Zen Muso Soseki (1275-1351) che approssimativamente dice:
“Attaccante e difensore sono solo parte dello stesso accidente, di un’illusione che esiste solo in un semplice momento, nel breve spazio tempo di una vita”.

Karate ni sente nashi allora non va inteso come non rispondere alla sfida, alla provocazione ma come: vittoria senza contesa o vincere senza combattere (tatakawa zushite katsu).

Dal punto di vista delle arti marziali è impossibile conoscere lo spirito di “vittoria senza contendere” se uno non ha ancora trasceso la nozione di combattere, l’illusione di vittoria e sconfitta, i limiti concreti e reali del Gi tecnica e Tai corpo come elementi a se stanti. Solo quando Spirito e tecnica sono “Uno” ( shin gi tai ichi nyo) il praticante avrà trovato il vero maestro interiore. Per questo nei classici è detto che onorando virtù e rispetto non si perderà mai il proprio orientamento anche in periodi di gravi difficoltà. In conclusione ci preme sottolineare che se da un lato “l’allenamento nelle arti marziali non ha mai fine, non si finisce mai di apprendere” (do mu gen) è però nella privacy dei propri pensieri che si può maggiormente apprezzare il lavoro quotidiano di perfezionamento. Solo lì di fronte a se stesso, uno può vedere la sincerità e onestà del proprio cuore. Benché le persone siano diverse l’una dall’altra e con capacità diverse, benché ci siano molte strade che portano in cima alla montagna, c’è “solo una luna da contemplare per coloro che raggiungono la cima”.Se uno non supera il dato immediato del fisico Gi – Tai ovvero se si sofferma e non arriva a scalare la montagna potrà ammirare dei bei paesaggi ma non potrà contemplare la luna, allora il precetto Karate ni sente nashi non potrà mai essere compreso.Nella tradizione c’è questa saggezza.

Il Maestro G. Funakoshi l’ha espresso con una poesia:
Oss
Luciano Puricelli