Cos’è
il karatè? Del
karate molto è stato scritto e molte parole sono state dette, sintetizzando
possiamo dire che fondamentalmente è una pratica a mani nude, però
una pratica senza l’attore, senza il praticante, non è nulla, solo
un’idea di cose possibili. Se pensiamo alle figure dei grandi maestri
del passato, con la loro aura di mistero e grandezza siamo spesso
indotti a vederli e a viverli come miti, come esseri dalle qualità
eccezionali, in realtà erano anch’essi degli uomini.
Da dove viene
allora la loro grandezza e la considerazione che la gente testimonia
loro? Viene dall’aver conseguito nella loro esistenza un livello
di alta umanità e spiritualità attraverso e grazie ad un modo giusto
di intendere e praticare l’arte marziale.
E’ il Soggetto che fa
la differenza e il karate è profondamente ed indissolubilmente legato
al soggetto, alla persona che pratica con tutto se stesso, ovvero
con: E’
l’insieme di queste tre dimensioni, strettamente interconnesse,
che esprime il livello di una pratica. Per conseguire un tale livello
è necessario un maestro competente. In quest’ottica: il karatè è
ciò che trasmette e continua a trasmettere il maestro che ognuno
si è scelto, ed il modo in cui l’allievo fa propria e si realizza
in questa pratica. Quindi essenzialmente il karate è una trasmissione.
Una trasmissione presuppone una continuità, quindi una tradizione
e nella tradizione:
maestro ed allievo;
sono i soggetti
la tecnica;
è l’oggetto
cuore/cuore - mente/mente;
è l’essenza
Ma su cosa poggia e si fonda questa
tradizione - trasmissione? Nel passato, per esempio, uno
dei primi grandi maestri della storia del karate di cui abbiamo
informazioni e notizie documentate,
il M° Sokon Matsumura sin dall’adolescenza
è avviato allo studio dei classici ed impara l’importanza del “bun
bun ryo do”, cioè ad equilibrare ed armonizzare l’allenamento
fisico con lo studio della filosofia , a coltivare cioè la propria
persona, in eguale misura, attraverso la cultura e l’arte
marziale.Quindi oltre all’inflessibile ricerca di perfezionamento
ed efficacia nelle discipline di combattimento studia e abbraccia
profondamente il confucianesimo e diviene un eccellente calligrafo.
Quello che ci preme sottolineare e puntualizzare è che la generazione
del periodo di Sokon Matsumura, metteva una grande enfasi nel coltivare
l’equilibrio tra mente e corpo, e se da un lato era molto concreta
visto che le tecniche erano efficaci e reali, dall’altro colui che
seguiva la via era un uomo completo, animato da alti valori spirituali.Questo
lo si vede chiaramente nel Makimono scritto da Sokon Matsumura ad
un proprio allievo (primo documento scritto che abbiamo riguardante
il karate) che riportiamo qui sotto:
Istruzione
scritta di Sokon Matsumura
Attraverso un allenamento deciso ed implacabile sarà possibile
comprendere la vera essenza delle tradizioni di combattimento
(arti marziali). In primo luogo, la via dello studio e la via delle
arti marziali si fondano su di un unico principio, vi è fondamentale
similitudine tra le arti marziali e lo studio della letteratura
e filosofia, ed ogni via comporta tre specie. Le tre specie
nella via dello studio sono:
lo studio della Letteratura;
Shisho;
lo studio dell’Esegesi;
Kunko
lo studio
del Confucianesimo;
Jukyo
Lo studio della letteratura (
shisho) consiste nel dedicarsi
alla scrittura e ed e’ utile per ottenere una migliore posizione
sociale ed un buon reddito. Lo studio dell’esegesi
(
kunko) ha per fine lo studio comparativo della filosofia,
dei testi antichi e il loro insegnamento e trasmissione agli
altri. E’ uno studio teso ad acquisire una migliore conoscenza
e sapere, ma attraverso di essa non potrete approfondire la
Via. Questi due studi permettono di ottenere onori nel mondo
delle lettere ed io non li chiamo (considero) il vero studio.
Nello studio del confucianesimo (
jukyo) possiamo trovare la
Via che consiste nel: conoscere l’essenziale di ogni cosa
a partire dalla via, rendere sincera la propria volontà costruire
forza dalla debolezza, rendere giusta/ corretta la propria
mente (spirito-cuore). Con questi mezzi occuparsi della propria
E’ questo il vero studio, lo studio che conviene ad un Confuciano.
Parallelamente le tre specie nella via dell’arte marziale
sono:
L’arte marziale dell’intellettuale: gakushi no bugei, gioco psicologico di strategia praticato
da studenti e ufficiali di corte. In esso si pensa ai diversi
modi di allenamento e si fanno frequenti cambiamenti senza
approfondire.
Si conoscono numerose tecniche, ma la pratica e’ come una
danza e si e’ incapaci di applicarla in combattimento.
L’arte marziale del pretenzioso
(ricercato): meimoku no bugei esercitazioni di
stile e di pura forma fisica che hanno come obiettivo solo
la vittoria (senza virtù), coloro che vi partecipano sono
conosciuti per essere litigiosi.
Ci si agita molto senza allenarsi realmente, comunque si parla
spesso delle proprie imprese gloriose si causano risse e tafferugli
e si offendono gli altri. A seconda delle circostanze si rischia
di distruggersi o di disonorare la propria famiglia.
L’arte marziale del Budo: Budo no bugei il metodo e la pratica genuina, non viene mai
praticato senza convinzione e col quale gli adepti coltivano
serenità e saggezza che non conosce né vizio né contesa. In
esso si riesce (si ha successo) nelle cose, grazie ad una
elaborazione permanente, si rimane calmi quando gli altri
sono agitati e si vince dominando lo spirito dell’avversario.
Maturando la propria arte,
si arriva a: manifestare le proprie capacità superiori
e sottili, ad essere senza problemi (turbamenti timori) in
qualunque situazione, a mantenere un costante autocontrollo,
e quando si tratta di lealtà e fedeltà verso il proprio signore
e verso i propri parenti/familiari, si diviene una tigre feroce
e un vera e propria aquila. Avendo la rapidità della vista
di un uccello (comprensione) si potrà vincere qualunque
L’arte marziale consiste allora nel:
1) Dominare la violenza, è vietata
ogni violenza premeditata
2) Rendere inutili i soldati, disciplina e ordina i guerrieri
3) Proteggere il popolo, fortifica il popolo
4) Sviluppare la qualità della persona, incoraggia la
virtù
5) Assicurare al popolo la tranquillità, pacifica la comunità
6) Creare un’armonia e prosperità generale tra i gruppi
7) Accrescere il benessere della società.
Queste sono le sette virtù dell’arte marziale di cui il santo
maestro (Confucio) fa l’elogio.
Quindi il principio e’ unico sia per lo Studio che per l’Arte
marziale, (spesso descritto come :
la penna e la spada - bun bu).
Le arti marziali dell’intellettuale
e del pretenzioso sono inutili. Desidero che proseguiate
nel senso dell’arte marziale del budo no bugei. Questa forza
d’animo indomita influenzerà profondamente il vostro giudizio
nel riconoscere le opportunità e nel reagire adeguatamente
secondo le situazioni mutevoli e di dominarle.
Ho scritto quanto sopra senza
alcuna reticenza, se accetti questo punto di vista che ti
ho comunicato senza lasciare alcun segreto e senza tenere
nulla di nascosto nella mia mente, troverai la via.
BUCHO MATSUMURA
al mio allievo Kuwae (Ryosei)
13 Maggio 1892.
Questo makimono comunica un prezioso insegnamento e messaggio
agli studenti di arti marziali cioè che l’essenza e lo scopo del
karate-do e dell’arte marziale risiedono fondamentalmente nel rispetto
e nella capacità di realizzare un equilibrio ed armonia tra allenamento
e studio dei valori che reggono e fondano la pratica (bun bun ryo
do. Affermando che “la filosofia e la pratica sono “uno” (bun bun
ichi nyo), che “sono un tutt’uno indissolubile”, S. Matsumura definisce
con chiarezza quale deve essere il comportamento di chi pratica
il budo . L’arte marziale si fonda su alti valori etici, ed è il
rispetto di questi valori, che permette di raggiungere un alto livello
nella pratica. Senza di essi la Via decade, diventa violenza gratuita
ed è motivo di vergogna per la famiglia, il maestro, i compagni
di allenamento e causa di biasimo e disonore. Se è vero che l’essenza
del Budo sta nel principio del shin gi tai
La
mente (shin) deve tendere al più alto livello, ovvero al
bene supremo dell’umanità, ed essere totalmente devota al conseguimento
di questo ideale.
La tecnica (gi) è il come, il modo col quale si percorre
questo cammino.
Il corpo (tai) è lo strumento
che permette attraverso l’allenamento e la tecnica di formare uno
spirito indomito.
Mettere troppa enfasi sul materialismo (gi
- tai), ignorando lo spirito del kokoro (shin, mente-cuore)
porterà alla lunga ad una perdita di valori morali.
Il Maestro G. Funakoshi, capostipite dello stile di karate Shotokan
non ha messo casualmente al primo posto il principio:
Karate ni sente nashi.
Non
c’è (“Primo”) attacco nel Karate.
Questo non vuol dire semplicemente che non bisogna attaccare per
primi. Il suo significato va ben oltre, riguarda la mente del praticante
e quello che in esso è presente, le sue intenzioni. La mente deve
essere vuota, senza la minima traccia di aggressività o idea di
offendere o recar danno a chicchessia. Se essa è retta da uno stupido
orgoglio o da un ego smisurato, aumentare la propria forza o abilità
tecnica non porterà a nulla di buono.
Per questo il Maestro G. Funakoshi ha messo in guardia, enfatizzando
il principio che il karate non è mezzo di offesa e danno. Egli voleva
che la gente potesse comprendere che l’autocontrollo è il segreto
principale del karate e che il Budo non è finalizzato al combattimento.
Dimenticando
Kokoro (mente
–cuore) anche il principio del Karate ni sente nashi viene frainteso,
Karate ni sente nashi è in realtà un avvertimento, un’esortazione
e un ammonimento
.
Ogni praticante che ignora questa pratica
è un ipocrita! Secondo il Maestro Shoshin Nagamine Karate
ni sente nashi si fonda su un poema del monaco Zen Muso Soseki (1275-1351)
che approssimativamente dice
:
“Attaccante e difensore sono solo
parte dello stesso accidente, di un’illusione che esiste solo in
un semplice momento, nel breve spazio tempo di una vita”.
Karate ni sente nashi allora non va inteso come non rispondere alla
sfida, alla provocazione ma come:
vittoria senza contesa o vincere senza combattere (tatakawa zushite
katsu).
Dal punto di vista delle arti marziali è impossibile conoscere
lo spirito di “vittoria senza contendere” se uno non ha ancora trasceso
la nozione di combattere, l’illusione di vittoria e sconfitta, i
limiti concreti e reali del Gi tecnica e Tai corpo come elementi
a se stanti. Solo quando Spirito e tecnica sono “Uno” ( shin
gi tai ichi nyo) il praticante avrà trovato il vero maestro interiore.
Per questo nei classici è detto che onorando virtù e rispetto non
si perderà mai il proprio orientamento anche in periodi di gravi
difficoltà. In conclusione ci preme sottolineare che se da un lato
“l’allenamento nelle arti marziali non ha mai fine, non si finisce
mai di apprendere” (do mu gen) è però nella privacy dei propri pensieri
che si può maggiormente apprezzare il lavoro quotidiano di perfezionamento.
Solo lì di fronte a se stesso, uno può vedere la sincerità e onestà
del proprio cuore. Benché le persone siano diverse l’una dall’altra
e con capacità diverse, benché ci siano molte strade che portano
in cima alla montagna, c’è “solo una luna da contemplare per coloro
che raggiungono la cima”.Se uno non supera il dato immediato del
fisico Gi – Tai ovvero se si sofferma e non arriva a scalare la
montagna potrà ammirare dei bei paesaggi ma non potrà contemplare
la luna, allora il precetto Karate ni sente nashi non potrà mai
essere compreso.Nella tradizione c’è questa saggezza.
Il Maestro G. Funakoshi l’ha espresso con una poesia:
Oss
Luciano Puricelli