È
viva in tutti la consapevolezza che nella nostra civiltà il diritto
di costruire e realizzare un proprio progetto esistenziale si
esercita affrontando un processo arduo e difficilmente concludibile.
Per far ciò il bambino deve poter strutturare il proprio rapporto
con la realtà secondo modalità progressivamente più efficaci.
La capacità di acquisire senza
sosta informazioni, strumenti e comportamenti, ovvero modelli
operativi e modelli di pensiero adeguati e soprattutto aggiornati,
che caratterizza il mondo moderno, è ciò che gli permetterà di
conquistare un posto nella propria società, di inserirsi in modo
attivo, e di incidervi positivamente. L'orientamento diviene così
una iniziazione in senso antropologico alla cultura cui si appartiene,
nella quale si interagisce; iniziazione, ai suoi criteri di riferimento
e ai suoi valori.
L'istituzione educativa dovrebbe
provvedere a questa iniziazione con programmi e strategie in grado
di creare un
"sistema
uomo" ed un
"sistema
cultura".
Il destinatario di questa formazione
non può essere lasciato a se stesso in un percorso per prove ed
errori, non progettato o non assistito.
Gli indirizzi scolastici ed extra
scolastici che fanno riferimento all'orientamento e alla formazione
del bambino, grazie all'attività e all'educazione sportiva, sono
indubbiamente un terreno di incontro significativo tra sistemi
culturali ed individui in formazione.
Nel nostro caso viene da chiedersi
perché proporre il karate-do tradizionale e che posto occupa in
questo panorama questa disciplina che proviene da una cultura
orientale?
E quanto avremo modo di approfondire
in seguito, ma già da ora possiamo affermare che se il karate-do
tradizionale esercita un fascino notevole sui giovani è perché
quest'arte, nella sua essenza, è portatrice di valori capaci di
colpire l'immaginario del bambino e che purtroppo e attuali strutture
educative della nostra società hanno sottovalutato, indi perciò
trascurato.
In ogni caso, una scelta di strategia
formativa non è neutra ne indifferente; e allo stesso modo col
quale un soggetto può indirizzarsi verso la futura professione
di: avvocato, insegnante, ingegnere ecc., e dunque assumere una
fisionomia ben precisa ed un ruolo specifico futuro nella società,
parimenti, in ambito sportivo, avrà una valenza ed una diversa
rilevanza, il tipo di disciplina
praticata. Sarà diverso
scegliere per esempio la formazione fornita dall'atletica, da
quella del ciclismo, del tennis, del "karate sportivo"
e da quella del karate-do tradizionale. Questo perché i contenuti,
la metodologia di lavoro, e persino gli obiettivi sono differenti
tra loro e peculiari ad ogni disciplina praticata.
Una scelta presuppone comunque
un orientamento di contenuti e il possesso di requisiti psicofisici
diversi, secondo le prestazioni, il livello della pratica, secondo
le aspettative. Scegliere, decidere, significa indirizzare la
sensibilità e la personalità, che lo si voglia o no, in una direzione
piuttosto che in un'altra; significa promuovere abilità specifiche
e/o polivalenze che non solo hanno efficacia maggiore o minore
nel produrre apprendimenti, ma inducono ad interiorizzare e far
propri come modelli regolativi
del
sapere, del fare, e dell'essere, le modalità cognitive
e culturali più a lungo praticate. Se per analogia consideriamo
ad esempio l'apprendimento della lingua italiana, vedremo che
lo studio dell'italiano serve al bambino per imparare a parlare,
esprimersi, scrivere e comunicare in questo idioma.
Non è ancora accaduto che, poiché le lingue del mondo sono tante,
e bisogna avere una base per parlarle tutte, si sia deciso di
inserire nel programma di studio della lingua italiana la comprensione
dei fonemi per esempio cirillici o la grafia del sanscrito.
Questo sembra un paradosso eppure
in ambito sportivo si è arrivati a proporre un modello di apprendimento
e di approccio allo sport simile a quanto sopra.
Con la scusa della multimedialità
e della non-specializzazione precoce viene proposto un modello
di apprendimento dell'attività fisica generico, che non porta
da nessuna parte.
Siamo d'accordo sulla necessità
di formazione di capacità coordinative e condizionali, ma come
una lingua ha le sue caratteristiche e specificità così ogni disciplina
sportiva, (ancor più una disciplina psicofisica che si propone
con le caratteristiche della globalità), ha la propria fisionomia,
specificità, carattere orientamento e valenze formative.
Questo dovrebbe far riflettere coloro che in nome di una pretesa
modernità si affrettano a liquidare come obsoleta o inattuale
una disciplina come il karate-do tradizionale che, al contrario
di altre, per parecchi secoli ha messo alla prova la propria consistenza
e validità.
Ritornando al tema principale appare
evidente che la maggior forza orientativa consiste: nella coerenza
e continuità dei metodi, nella consapevolezza dei fini nella scelta
e organizzazione delle situazioni formative.
L'utopia
che definisce il processo formativo come processo di orientamento
si basa sulla fiducia che, lungo tutto il percorso della formazione,
l'allievo possa confrontarsi con tale sistema di coerenze e consapevolezze.
Ebbene il karate-do tradizionale
si integra pienamente nell'utopia del progetto formativo e ne
rappresenta sicuramente una delle applicazioni concrete.
Adolescenza
e bisogni formativi.
Nella scuola
elementare e nella scuola media, il bambino vive la propria fase
di evoluzione protetta. È essenziale che superi questa fase avendo
acquisito quei criteri e modalità di comportamento capaci di metterlo
in grado di affrontare i molteplici rapporti con gli altri e le
verifiche della propria identità spesso non facili.
L'uscita dall'onnipotenza
infantile è accompagnata dalla necessità, per il bambino di cooperare,
d'integrarsi e padroneggiare con competenze progettuali i propri
limiti.
Questo significa
che gli anni della formazione dovranno essere ricchi di esperienze
capaci di alimentare la fiducia di base; esperienze in grado di
insegnare a stabilire un rapporto positivo, non difensivo, con
i propri limiti.
Il bambino
dovrà cioè interiorizzare l'esperienza di essere lui il soggetto
costruttore (l'ho fatto io, ce l'ho fatta, ad esempio un passaggio
di grado, ora sono capace di..., ho capito come..., sono riuscito
a..., devo farlo io...).
L'accettazione di sé come perfettibile,
l'orientamento alla ricerca, al risultato, alla qualità, rappresentano
quelle abilità necessarie per stabilire il modo corretto di porsi
di fronte alla realtà e affrontare gli ostacoli. La possibilità
di errore e la capacità di operare un cambiamento saranno quindi
vissute come istanze di progresso, che fondano la vita personale
relazionale, affettiva del bambino.
Tra i bisogni formativi dell'adolescenza
occorre dunque riconoscere l'importanza del bisogno di imparare
a strutturare come parte della propria identità risposte ed iniziative
nei confronti di una realtà non facilmente leggibile e praticabile.
Tale realtà proprio perché complessa e multiforme abbisogna di
apprendimenti significativi che possano orientare e veicolare
altri apprendimenti e quindi ovviare ad una formazione "Babele".
In sostanza il giovane ha la necessità
di essere immerso in situazioni formative nelle quali vi siano:
problemi da risolvere, iniziative da sperimentare, istanze da
interpretare, ed ha bisogno di essere assistito da Formatori,
Istruttori, Maestri competenti che sappiano scegliere le strategie
più adatte a generare competenze e che siano essi stessi portatori
dei valori e dei modelli che propongono. Tutto ciò fa parte del
patrimonio del karate-do tradizionale.
Il
karate-do tradizionale educazione formazione e superamento.
La pratica regolare e costante
del karate promuove l'acquisizione di abilità psicofisiche e di
un sistema di valori basato sulla costante necessità di migliorarsi
sul piano della lealtà, della correttezza e rettitudine; requisiti
che sono iscritti e fanno parte integrante della pratica e della
metodologia dell'allenamento e dell'insegnamento.
Con l'allenamento regolare e sincero
tali abilità vengono saldamente consolidate, si acquisisce autonomia
nell'attivarle correttamente, si ottiene la disposizione mentale
per trasferirle ed applicarle in altri contesti.
Il karate-do tradizionale in quanto
sistema capace di orientare la sensibilità del praticante sul
piano fisico, emozionale e mentale, è in grado di rispondere a
queste esigenze; inoltre in quanto sistema globale prevede un
percorso formativo avente per scopo l'equilibrio di tutte le componenti
del bambino/persona attorno ad un nucleo centrale solidamente
costituito e messo ripetutamente alla prova. Per meglio giustificare
queste affermazioni tenterò di descrivere la pratica del karate-do,
sia pure limitatamente, mettendo in luce quegli aspetti che hanno
attinenza con l'esposizione in corso.
Lasciando ad un altro contesto
l'analisi della dialettica esistente tra il reale, l'astratto
ed il simbolico, cercheremo di descrivere il karate evidenziano
la globalità della doppia articolazione auto-formazione ed etero
- formazione che caratterizza ogni forma di consapevolezza e quindi
l'uomo.
Il karate-do è un'arte (per alcuni)
ed una tecnica marziale che proviene dal Giappone, originatasi
nelle isole del sud: le Ryu Kyu, in particolare ad Okinawa. E'
quindi il prodotto di una cultura orientale diversa da quella
occidentale. E qui troviamo la prima vera difficoltà: vale a dire
quella di stabilire la possibilità di incontro tra cultura occidentale
e orientale.Tale possibilità non risiede tanto in un problema
etnologico (razze diverse), ma, semplificando, in un atteggiamento
interiore nei confronti della vita proprio delle due culture.
Per noi occidentali, generalmente
l'esercizio fisico rappresenta l'acquisizione di abilità tecniche,
di prestazione, eccetera. Per il giapponese, anche quando il risultato
è una certa abilità pratica e concreta, l'esercizio rappresenta
sempre una via ( un Do, un percorso formativo) verso la propria
maturazione interiore.
Sostanzialmente, durante tutto
l'arco della sua esistenza, l'uomo si esercita si dalla nascita
a sviluppare talenti multipli: da principio quelli indispensabili
alla sopravvivenza come mangiare, bere, camminare eccetera; per
arrivare in un secondo tempo ad organizzare il mondo esterno:
con il lavoro, uno sport eccetera; talenti la cui acquisizione
presuppone un apprendimento. Ora noi sappiamo che la ripetizione
costante di una pratica determinata, più qualcos'altro, porta
alla formazione di una capacità che non esisteva in precedenza.
In questo senso possiamo dire che ogni esercizio si compone di
due elementi:
Uno oggettivo, che produce una modifica
del mondo esteriore;
L'altro soggettivo, che produce una trasformazione del soggetto.
Per un orientale non si tratta
per esempio di compiere una certa performance fine a se stessa,
quanto di sviluppare le funzioni psichiche e fisiche che rendono
possibile questa prestazione. Vista in quest'ottica la pratica
del karate e un modo concreto e reale in grado di contribuire
al progresso generale dell'individuo.
Oltre alla riuscita sul piano
tecnico e al formazione dell'individuo in generale,l'esercizio
possiede una terza possibilità, essa consente cioè l'evoluzione
della propria attitudine interiore e della propria maturità spirituale.
A questa esperienza si può accedere solamente impegnandosi in
una via: un
DO.
Fra l'apparizione di questa esperienza
fino alla prima riuscita e l'affermarsi dei quelle condizioni
psichiche che ne fanno un atteggiamento spirituale, vi è un lungo
cammino.
Per l'oriente dunque, lo scopo
dell'esercizio è il conseguimento della maturità dell'uomo. In
effetti uno dei segreti sta nell'attenzione che si presta alla
propria esperienza formativa (qualità dell'atteggiamento mentale
nell'allenamento, all'aspetto cognitivo intrinseco e alle conoscenze
consapevolmente attivate) al proprio ideale (motivazione, progetto
culturale), alla consapevolezza che viene messa in ogni gesto
(efficacia, armonia, completezza sul piano estetico).
L'efficacia che si ottiene in
palestra comporta una efficacia sul piano formativo ovvero nella
vita interiore del praticante e di conseguenza nel quotidiano.
Scopo sottile della pratica del
Karate-do tradizionale è quello di migliorare il comportamento,
nella vita, di chi seriamente vi si dedica e si allena. Secondo questo punto di vista, cioè quello di colui che vede questa
disciplina come un mezzo capace di veicolare il proprio
sviluppo interiore piuttosto che una pratica fine a se stessa,
utilitaristica e strumentale,
l'insegnamento
del karate-do conduce ad un'apertura dello spirito, vale
a dire ad una presa di coscienza del lato non visibile degli avvenimenti.
Si prende contatto, col mondo interiore dei comportamenti, si
scopre come si fa a caricare il proprio corpo di energia positiva
necessaria per far fronte a qualunque situazione la vita ci metta
davanti.
A seguito di esperienze ripetute
inesaustivamente si scopriranno i rapporti che regolano coscienza,
consapevolezza ed energia. Per riuscire occorrono competenza ed
efficacia. Il percorso è strutturato per punti essenziali ed esperienze,
prove con le quali occorrerà necessariamente misurarsi. Concludendo
possiamo sintetizzare la pratica del karate-do tradizionale come
segue:
- Il karateka inizia col padroneggiare
l'aspetto fisico dell'arte;
E' questo un lavoro che tende
a creare le basi e a rafforzare e consolidare la personalità.
Con i primi successi l'ego prende forza.
- Una volta acquisiti i rudimenti si affronta
l'approfondimento della tecnica.
Si entra nella vera ricerca,
si comincia a conoscere se stessi, i propri limiti, i propri
progressi.
Il karateka scopre le proprie illusioni, la consistenza del
proprio immaginario e del cammino che gli resta da percorrere
per operare il salto di qualità. Si concentrerà allora sulla
maestria della tecnica, e cercherà di divenire prima un buon
esecutore, poi un tecnico della materia e infine un maestro.
In questo percorso imparerà a conoscersi meglio ritrovando
sincerità ed umiltà. Il proprio ego progressivamente perde
forza.
- Proseguendo, egli
svilupperà le proprie intuizioni, scoprirà il senso dell'unità
e troverà forse sul piano del vissuto il senso profondo della
prima massima della filosofia del karate: "Karate Ni
Sente nashi" il karate non è mezzo di offesa e danno,
ma è una via di pace che permette all'uomo di sondare le proprie
profondità e scovare laggiù "chi è" veramente.
Da quanto sopra esposto sommariamente
affermiamo, con convinzione ed un po' di orgoglio, che il karate-do
tradizionale possiede inequivocabilmente, al pari di altre discipline
storicamente canonizzate, i requisiti necessari per inserirsi
a pieno diritto nei programmi educativo - formativi dei giovani
d'oggi.
Oss
Luciano Puricelli