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KUJIKERUNA Non Mollate MAI!


KUJIKERUNA

Non cedere, non mollare mai
Karate e allenamento mentale
Dalla rivista Sport & Medicina, 2000 anno 2000
A cura di Davide Rizzo

Il karate tradizionale coinvolge in modo equilibrato la componente fisica e quella mentale dell’individuo. Inoltre, attribuisce notevole importanza alla forma. Questa costituisce infatti la sfera oggettiva di un processo mentale ben definito e, superando il dualismo tutto occidentale che vede troppo spesso una scissione fra corpo e mente, quasi che l’uno si trovasse in uno stato di inferiorità rispetto all’altra, rende visibile ciò che è stato ideato, pensato, voluto.

Così come la parola è la forma di un concetto, il movimento è l’espressione formale di un contenuto. Sebbene nelle culture asiatiche la contrapposizione fra corporeità e spiritualità sia inammissibile, tuttavia anche in occidente questi aspetti dell’umana natura cominciano a essere considerati reciprocamente imprescindibili. La scienza come sempre, ci è di aiuto, così studi condotti in campo anatomico-funzionale permettono di sostenere quanto, nella nostra cultura, permeata nel bene e nel male da influssi aristotelici, era fino a pochi decenni orsono quasi un improperio. Non esiste infatti un cervello per pensare, uno per parlare e un altro ancora per muoversi, ma un unico complicato e affascinante sistema che coordina l’intero nostro essere, fisico e mentale. Il movimento specifico di una disciplina sportiva va considerato come una corretta e giustapposta sequenza di atti corporei, eseguiti dall’insieme degli organi dell’apparato locomotore, coordinati dagli impulsi inviati dal sistema nervoso, lungo percorsi più o meno veloci, vie più o meno dirette, secondo necessità.

Quando abbiamo appreso i meccanismi più elementari per risolvere semplici problemi aritmetici, ci siamo sottoposti a notevole fatica. Attualmente, ogni volta che calcoliamo una banale moltiplicazione, non ci sentiamo particolarmente afflitti, ma attingiamo automaticamente a quel bagaglio di conoscenze di cui ci siamo appropriati molto tempo fa. Abbiamo una “scorta di sapere” che ci permette, utilizzando le facoltà di memorizzazione, di elaborazione, di applicazione e di espressione, di risolvere problemi cognitivi più o meno complessi. Il movimento non fa eccezione: trovare soluzioni a un problema motorio non è particolarmente diverso dal risolverne uno linguistico, matematico, filosofico.

Memoria gestuale

La prima volta che abbiamo calzato un paio di sci, affrontato l’acqua del mare o montato una bicicletta, ci siamo trovati in una situazione simile a quella di apprendimento delle tabelline. Oggi, anche a distanza di tempo, appena riviviamo le stesse esperienze, dopo pochi attimi necessari per richiamare alla nostra “memoria gestuale” la corretta successione dei movimenti, riusciamo a sciare, nuotare o pedalare senza difficoltà. Il miracolo è compiuto: il nostro bagaglio di “nozioni motorie” ci permette di attingere automaticamente, come a un dizionario di una lingua sconosciuta, alla chiave di risoluzione del problema, limitando grandemente la fatica. Tutto questo non è sfuggito allo studio e all’approfondimento degli scienziati. Infatti, è dimostrato che, per apprendere nuovi movimenti in una specifica disciplina, vengano impegnate contemporaneamente vaste zone del cervello, essendo necessaria una concentrazione che stimola un alto tenore di vigilanza mentale, mentre, nell’esecuzione di gesti noti da parte dell’atleta esperto, la coscienza cede il passo all’automatismo. In questo modo, sono coinvolte zone più ristrette del cervello, a tutto vantaggio dell’economia del movimento e della sua corretta performance.

Fare e pensare
Un atleta può ottenere grandi risultati anche in virtù della capacità di automatizzare in modo adeguato le tecniche tipiche del proprio sport e può allenare questo aspetto utile all’ottimizzazione della gestualità. Come? Semplicemente affiancando al fare il pensare.
Infatti da qualche anno, le pratiche di mental training (allenamento mentale) sono largamente usate come metodica per l’incremento della prestazione, specialmente in quelle discipline che vedono, nella corretta esecuzione formale del gesto tecnico, uno degli elementi principalmente condizionanti il risultato. Attivare l’intelligenza motoria di un atleta, mettendolo in condizione di pensare all’azione migliore, permette di elevarne il livello. Infatti, è ormai dimostrato che immaginare una sequenza gestuale stimola nel soggetto gli stessi processi che avvengono durante la pratica nella gara vera e propria. Inoltre in questo modo, vengono attivati anche i muscoli, agonisti e antagonisti, specificamente deputati ai movimenti, mentre gli impulsi nervosi rimangono al di sotto della soglia necessaria alla contrazione muscolare e quindi all’effettiva esecuzione motoria. Pare che, secondo recenti teorie, l’utilizzo frequente di collegamenti adeguati acceleri lo scambio di segnali fra i neuroni migliorandone l’interazione e favorendo così la coordinazione del movimento. E importante quindi affiancare all’allenamento tecnico pratico un opportuno esercizio mentale. L’atleta deve “vedersi” nell’eseguire la propria progressione, creando un’immagine “ideomotoria” del proprio movimento, per trarne il massimo vantaggio nella realtà.
Quali e quanti possono essere i benefici di questo tipo di allenamento? Domanda pertinente, ma di difficile soddisfazione. Per rispondere in modo adeguato, sarebbe necessario stabilire quantitativamente un risultato, assegnando in modo univoco un valore alla prestazione prima e dopo un programma di meritai training, senza lasciarsi coinvolgere troppo da facili attrattive. Non è sufficiente infatti accontentarsi della qualità della performance atletica, come la vincita di una gara, ma è consigliabile invece ricercare anche la “quantità” del successo: si potrebbe vincere, paradossalmente, per incapacità degli avversari o per accondiscendenza della classe arbitrale, non perché si è decisamente e quindi quantitativamente migliori.

Nel karate, una sorta di allenamento mentale è sempre stato caldamente raccomandato, per la naturale attenzione delle arti orientali nei confronti della meditazione. Infatti, chiunque abbia partecipato non solo alla vita quotidiana di palestra, ma anche a momenti agonistici di rilievo, ricorderà di essersi dedicato con particolare impegno alla rappresentazione mentale del proprio esercizio di forma preferito (tokui kata) o alla tecnica scelta per il combattimento (kumite). Sarebbe interessante, basandosi su principi scientificamente validi, predisporne la codificazione di una metodica di allenamento ideomotorio, specifico per il karate tradizionale e quantificarne i risultati a breve, medio e lungo termine.

- Preparazione Mentale -

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