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KUJIKERUNA

Non cedere, non mollare mai
Centro Sport e Cultura Venezia
I quattro punti del Sen
Relazione e ricerca di Davide Rizzo - Fiera di Primiero 13 Giugno 2010
adattato dal libro:" Karate-le tecniche segrete di combattimento" di Toshio Tamano
Nell'arte marziale dobbiamo sempre considerare quattro punti fondamentali, essi rappresentano cose diverse, usi diversi della mente e del corpo che messi assieme forniscono i principi cardine per l'acquisizione e la comprensione del Sen.

Nel Budo giapponese le principali condizioni per vincere una battaglia sono riassunte in una sola frase:
"Primo l'occhio (ichigan); Secondo il piede (nisoku); Terzo il fegato (santan); Quarta la forza (shiryoku).
Esaminiamo in dettaglio questa frase.

ICHI – GAN - Percepire Con il cuore, il cuore autentico, l’occhio del Cuore

La parola giapponese ichigan (composta da ichi, uno, e gan, occhio) indica che la cosa più importante in un combattimento è sapere quale parte del corpo dell'avversario bisogna guardare.
Nel Budo giapponese tale parte del corpo viene indicata come metsuke, ed è variabile a seconda dell'arte marziale considerata. Fissare lo sguardo nel corretto
metsuke in combattimento è vitale, perchè consente di intuire le intenzioni ed i movimenti dell'avversario: poichè non possiamo indovinare come e quando il nemico ci attaccherà, dobbiamo accuratamente osservare i suoi movimenti.

Nel suo libro
Gorin no Sho (il libro dei cinque anelli), il grande schermidore Musashi Miyamoto (1584-1645) scrive che il metsuke della scherma è nel petto, insistendo che non si devono guardare gli occhi o la spada dell'avversario.
Nel karate, invece, come in tutte le arti marziali a mani nude, il maestro
Seikichi Toguchi insegna che il corretto metsuke sono gli occhi.
Tuttavia, metsuke non è semplicemente un punto da guardare, ma anche un atteggiamento mentale. Guardando gli occhi dell'avversario, non bisogna infatti fissarli concentrandosi solo su di essi, ma si deve arrivare a vedere l'intero corpo dell'avversario dalla punta dei piedi alla sommità del capo. Si devono guardare gli occhi dell'avversario con calma, socchiudendo leggermente i propri, ma senza mettere forza nelle palpebre o senza concentrare l'attenzione sul viso dell'avversario.
Lo scopo finale del guardare il punto metsuke è quello di arrivare a possedere
shingan, l'occhio della mente, che ci consente di leggere nella mente dell'avversario, rendendo possibile l'attacco sen sen no sen.

Facciamo un esempio: se durante un combattimento guardiamo le mani del nostro avversario la nostra attenzione si fisserà su di esse e diventeremo vulnerabili ad un attacco di piede. Se viceversa fissiamo i piedi non saremo pronti per difenderci da un attacco di mano. Tuttavia se collocheremo in maniera corretta metsuke nella zona degli occhi, la nostra mente non sarà occupata in alcun punto particolare del corpo dell'avversario; saremo allora consci dei suoi movimenti e potremo prontamente rispondere a ogni tipo di attacco.

Metsuke, cioè il punto di focalizzazione dello sguardo, è un concetto molto importante per il Karate come per tutte le arti maziali poiché è fondamentale focalizzarsi sull’avversario.
Non guardare l’avversario negli occhi espone all’attacco e al colpo. Una delle prime cose che un principiante dovrebbe apprendere è quello di tenere sempre lo sguardo sul volto dell’avversario, soprattutto sugli occhi. Tuttavia sarebbe riduttivo ricondurre il concetto di Metsuke al solo concetto di tenere fisso lo sguardo sugli occhi dell’avversario poiché focalizzarsi unicamente su una specifica “area” rende la visione come attraverso un tunnel.
Un esempio per capire: se ci si trovasse in mezzo ad un campo e si focalizzasse tutta la nostra attenzione su un solo fiore, probabilmente si noterebbe ogni singolo dettaglio: la grandezza, la forma, i colori… tuttavia così facendo si ignorerebbe ciò che c’è e accade intorno, probabilmente non saremmo consapevoli del colore del cielo o del vento che soffia. Lo stesso avviene se ci si focalizza esclusivamente sul volto o gli occhi dell’avversario. Si perderebbe la percezione del movimento delle mani, delle gambe, di tutto il corpo.

Il concetto di Metsuke, letteralmente “ guardare verso una montagna lontana”, è chiamato “enzan-no-metsuke”. Sostanzialmente si basa sul guardare l’insieme, il tutto senza focalizzarsi su nulla in particolare, guardare cioè non la montagna ma tutto ciò che c’è tra se stessi e la montagna.
Quindi, per analogia all’esempio, guardando gli occhi dell’avversario si deve osservare tutto il suo corpo. Dove guardano i suoi occhi? Sono occhi attenti e concentrati o distratti in altri pensieri? Cosa stanno facendo le sue mani? Si muovono in maniera nervosa o giocano con lo shinai? La punta del suo shinai è ferma e sicura o va su e giù come se fosse una pallina vivace? Il suo corpo è risoluto e fermo o cambia nervosamente posizione e bilanciamento del peso? Bisogna essere capaci di vedere tutte queste cose. Bisogna poter cogliere tutti i movimenti per saper cogliere un varco, un’ opportunità di attacco in un breve momento e reagire istantaneamente. Ciò non solo a scopo di attacco ma anche di difesa ovviamente.

niNI – SOKU – Maai, spostamento gestire la distanza ma anche percepire la distanza

La seconda cosa da guardare in un combattimento è il piede (soku). In questo caso, il termine "piede" assume però quattro diversi significati:
1) posizione dei piedi;
2) postura del corpo;
3) modo di camminare (unsoku) e
4) distanza dall'avversario (maai).

Le prime due interpretazioni, posizione dei piedi e postura del corpo, sono legate tra loro, in quanto una certa posizione dei piedi sarà stabile soltanto se il corpo assumerà una determinata postura. Il mantenere l'equilibrio durante un combattimento è essenziale per la vittoria, e quindi tutte le arti marziali hanno studiato una serie di posizioni (dachi) adatte per le diverse situazioni di combattimento.

Nel karate gojuryu, le posizioni più comuni sono sanchin dachi, shiko dachi, nekoashi dachi e zenkutsu dachi, ed in particolare la prima viene considerata la posizione migliore per il metodo di combattimento di questo stile, in quanto se praticata correttamente diviene una posizione molto solida e stabile, e consente di sviluppare un forte ki (energia interna).
Per quanto riguarda la seconda interpretazione, il termine
unsoku significa letteralmente "trasportare il piede", ed indica come muoversi in modo rapido ed efficace tra due posizioni stabili. Nel karate budo vi sono quattro tipi di unsoku: ayumiashi (camminare), suriashi (scivolare), unsoku kaiten (girare) e choyaku (saltare).
Tutti i movimenti dell'unsoku hanno come fine quello di mantenere la corretta distanza (maai) dall'avversario. Il maai ideale è quella distanza che permette a noi di attaccare con facilità e che impedisce all'avversario di attaccarci. Tale distanza dipende dalle dimensioni del nostro corpo e dalla nostra abilità nell'eseguire unsoku. Quindi ogni persona ha un suo maai. Rompere il maai dell'avversario significa adottare la propria distanza favorita e di conseguenza una posizione vantaggiosa.
Quando rompiamo il maai dell'avversario rendiamo quest'ultimo incapace di attaccarci. Pertanto nel karate budo gli antichi praticanti studiarono seriamente come rompere il maai nemico, e come proteggere il proprio. Nel karate Shorei-Kan il maai è in genere molto corto: normalmente le tecniche di combattimento vengono scambiate ad una distanza di circa due piedi, misurata tra le punte dei piedi dei contendenti (tatakai no maai o distanza di combattimento): da questa distanza è possibile colpire efficacemente l'avversario con pugni o calci. Tuttavia, di solito, prima di adottare la distanza tatakai no maai, si sta a una distanza maggiore dall'avversario (sonae no maai, distanza di vigilanza) per osservare i suoi movimenti e per essere in grado di anticipare il suo attacco. Adottando una distanza sonae no maai lunga ci potremo difendere con facilità da un attacco perchè avremo tempo sufficiente per reagire quando l'avversario si muove. D'altra parte, per la stessa ragione, non saremo in grado di attaccare agevolmente. Per migliorare le capacità di unsoku e insegnare le corrette distanze sonae no maai e tatakai no maai, nel sistema Shorei-Kan sono stati messi a punto molti esercizi prestabiliti di combattimento a due come kiso kumite, bunkai kumite, jissen kumite, ecc... Per esempio, la serie dei dieci kiso kumite consente ai praticanti di acquisire una sensibilità per entrambi i maai e di migliorare l'unsoku, in particolar modo suriashi. Nei primi tre esercizi di kiso kumite dai ichi, dai ni e dai san, gli allievi imparano, oltre ai pugni ed alle parate, ad adottare una corretta distanza tatakai no maai, camminando in ayumiashi (più precisamente, con camminata sanchin). In questi kumite ci si mette in guardia già nella distanza di combattimento, e quindi le distanze tatakai no maai e sonae no maai coincidono.
Nei kiso kumite dai ion e dai go, invece, all'inizio di ogni esercizio i due contendenti si mettono in guardia alla distanza sonae no maai, e l'attaccante impara ad assumere rapidamente la distanza tatakai no maai utilizzando suriashi in sanchin dachi, mentre il difensore impara a parare gli attacchi mantenendo il proprio maai con suriashi nella posizione renoji dachi o nekoashi dachi. A livello di cintura nera, vi sono poi altri esercizi avanzati (tra cui il combattimento shiai ed irikumi, i jissen kumite ed i kiso kumite avanzati) per aumentare la distanza tatakai no maai e per accorciare il tempo di passaggio tra sonae no maai e tatakai no maai.

sanSAN – TAN – Risolutezza, coraggio, avere il fegato di… il Coraggio Vero, non basato sulla speculazione percettiva andare anche se non si dovrebbe ma il si deve, concetto di GI ( Dovere)

Nell'antica Cina, similmente all'antica Roma, si credeva che gli organi interni producessero coraggio, vitalità e spirito combattivo. In particolare, al coraggio era preposto, secondo questo sistema di credenze, il fegato (tan).
Anche oggi, nelle lingue moderne rimane qualche vestigio di tali credenze: infatti, sia in italiano che in giapponese, "aver fegato" significa avere coraggio, ed in inglese il termine usato in modo informale per coraggio, "guts", indica genericamente le interiora.
D'altronde, anche dal punto di vista fisiologico, questa connessione ha perfettamente senso, in quanto il sistema digerente è fortemente influenzato dal sistema nervoso autonomo, e quindi dalle emozioni quali rabbia o paura.
Santan, quindi, significa che la terza cosa da fare per vincere un combattimento è mantenere la forza spirituale e mentale per combattere, vincendo la paura.

SHI – RIKI – Forza, forza fisica allenare la forza e rendere il proprio corpo forte, compatto come un’arma.

L'ultima condizione importante per vincere un combattimento è la forza, ryoku.
Il termine ryoku indica, oltre alla forza fisica, l'abilità nell'eseguire le tecniche di combattimento.


Davide Rizzo

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