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KUJIKERUNA Non Mollate MAI!


KUJIKERUNA

Non cedere, non mollare mai
I sette principi del Bushidō
Testo di Gassho, M° Mitsutaka Koso -
I sette principi del Bushidō
“I cinque principi del nostro Dojo Kun”
A cura di  Gassho M°  Mitsutaka Koso

Da una sintesi tratta ed elaborata dal libro BushiDō di Inazo Nitobe (1862-1933) educatore, interprete culturale e diplomatico, studiò economia agricola a Sapporo. Convertitosi al Cristianesimo, nel 1883 riprese gli studi di letteratura inglese ed economia presso l'Università di Tokyo, poi si recò negli Stati Uniti, dove studiò per tre anni. Altri tre anni li trascorse in Germania.

Nel 1897 si trasferì negli Stati Uniti con la moglie americana, dove scrisse la sua opera più famosa, Bushidō, l'anima del Giappone.
Nel 1918 partecipò alla Conferenza di Pace di Versailles e rimase a Ginevra come sottosegretario generale della Lega delle Nazioni ( oggi O.N.U. ).
Nel 1926 tornò in Giappone e  divenne direttore dell'Istituto delle Relazioni Pacifiche.

Questo libro è stato scritto dopo trent’anni dalla nascita del Giappone moderno. Naturalmente l’apertura al mondo occidentale ha portato numerosi studenti a studiare le culture occidentali.
 
Vi racconto un aneddoto della storia di uno studente che proveniva da una famiglia di Samurai.
Egli andò in Francia per approfondire la conoscenza della cultura occidentale. Era veramente studioso, quasi non mangiava per dedicarsi alla scuola. Un giorno si ammalò con febbre e raffreddore. La signora che gli dava alloggio gli disse che se stava male non doveva andare a scuola. Lui le rispose “Se io riposo un giorno, lo sviluppo del Giappone ritarderà un giorno”. E così uscì per andare a scuola. Questo fatto aiuta a capire il senso del dovere di quella generazione a dimostrare la volontà di contribuire al cambiamento del paese attraverso la costanza dello spirito.
Quello studente divenne in seguito il primo rettore dell’università di Tokyo.

Ai miei giovani e non più giovani allievi affinché inizino la nuova stagione ed entrino in questo percorso di formazione con animo libero e nobile ricordando che l’Onore è il più bel dono che l’essere umano può fare a se stesso.
Davide Rizzo.



Il Samurai costruiva lo spirito e la bellezza della sua figura proprio come lo sviluppo di un’arte nella pratica equilibrata dei sette principi del Bushidō. Lettura consigliata

Descrizione: Gi.jpgGi = giustizia, fede, moralità, rettitudine.
La ricerca della verità per l’umanità parte dalla rimozione degli interessi personali. Giusto o sbagliato non è mai motivo di dubbio, agire disonestamente è motivo di vergogna.
Questo pensiero di onestà è alla base del nostro Dojo Kun jinkaku kansei ni tsutomuru koto” del Dojo Kun
Descrizione:Yu.jpg = coraggio.
Yūki è la forza e la capacità di decidere e realizzare la propria volontà. Questo modo di agire deve venire dal Gi. Diversamente non può essere virtuoso. Quindi Yūki significa “il coraggio di fare una cosa giusta”. Chi possiede Yūki agisce con tranquillità e coscienza nel momento del pericolo, come una persona che ha grande disponibilità verso gli altri.
Nel nostro Dojo Kun possiamo riferirlo a kekkei no yu o imashimuru koto”.
Descrizione: :Jin.jpgJin = comprensione, benevolenza, compassione, amore.
È la virtù suprema dell’uomo. Per eccellere è necessario possederla.
Date Masamune, un Samurai vissuto tra il 1567 e il 1636 diceva che se ci si basava tutto sul Gi si diventava troppo rigidi e che se si era tutto Jin si diventava deboli. Quindi il Samurai avendo la spada con la quale dare la vita o la morte, aveva l’obbligo di coltivare arti diverse quali la poesia, la musica, la pittura … per avere la sensibilità di saper decidere con giustizia.
Dentro al nostro Dojo Kun lo paragonerei a jinkaku kansei ni tsutomuru koto.
Descrizione: :Rei.jpgRei = rispetto, cortesia, saluto.
Nitobe dice di avere pazienza per la sofferenza e la difficoltà. Per sopportare un brutto periodo, l’uomo non deve essere presuntuoso e arrogante. Non deve essere influenzato dagli altri per sbagliare. Rei è anche inteso come affetto, modestia, umiltà e comprensione verso gli altri. Con questo genere di atteggiamento l’uomo sarà sensibile, raffinato ed elegante. Troviamo oggi un esempio nell’incontro di Sumo, dove il vincitore non esulta davanti all’avversario, ma conclude l’incontro con il saluto e egli risponde con tacito consenso verso il responso del risultato. Tale atteggiamento non è scritto nelle regole di gara ma è da sempre praticato.
All’interno del nostro Dojo Kun troviamo corrispondenza nel principio di reigi o omonzuru koto”.
Descrizione: :Makoto.jpgMakoto = sincerità, onestà.
Nitobe dice che per il Samurai dire una bugia o attuare un inganno è gesto di disprezzo verso le persone e quindi è un segno della propria debolezza. In pratica il disonore. Per il Samurai non esistono due parole, mantiene sempre ciò che dice. Fra i Samurai non sono mai esistiti i contratti scritti. Richiedere a un Samurai di mettere per iscritto un patto equivaleva a un insulto verso la sua reputazione.
La lealtà è forse la base di tutti i principi. Confucio dice che una profonda rettitudine può far muovere le persone per arrivare a un giusto obiettivo. È un principio vincente.
Pensando a Madre Teresa di Calcutta devo dire che la sua figura ha sempre trasmesso onestà e sincerità. Quando ricevette il Nobel per la pace un giornalista le domandò cosa bisognava fare per la pace nel mondo. Lei rispose semplicemente “Quando torna a casa ami la sua famiglia”.
Per il nostro Dojo Kun è makoto no michi o mamoru koto
Descrizione: :Meiyo.jpgMeiyo = onore.
Significa la dignità e il valore di una persona. Per il Samurai è tutto, lega il dovere e il prestigio. Tale principio era inculcato già da piccoli. Il padre corregge il figlio al primo errore. L’onore non viene dalla nascita, ma è una posizione che si forma con il comportamento. È uno degli obiettivi di vita. Quando un giovane giapponese esce di casa per costruire la sua vita, per mantenere il suo onore e quello stesso della famiglia non ritorna più neanche in caso di povertà.
Naturalmente l’onore va trattato con modestia e umiltà senza che diventi una regola oppressiva, perché in tal caso sarebbe soffocante e si perderebbe la capacità critica verso sé stessi.
Per il nostro Dojo Kun è doryōku no seishin o yashinau koto”.
Descrizione: :Chugi.jpgChūgi= lealtà, fedeltà.
La persona opera nell’interesse della famiglia. Parlando di Bushidō diventa prevalente l’interesse del Paese piuttosto che quello per sé stessi. La persona è uno degli elementi su cui il Paese può contare. Il Samurai obbedisce agli ordini del proprio Shōgun (o anche capo-famiglia) senza riserva, ma egli ha anche l’obbligo di consigliarlo nel caso si accorga che stia commettendo un errore, proprio per l’obbligo di fedeltà che ha verso la famiglia intera.
Riferito al nostro Dojo Kun è la riunione di “jinkaku kansei ni tsutomuru koto + makoto no michi o mamoru koto + reigi o omonzuru koto”.

Vorrei aggiungere un racconto che si tramanda in Giappone con una tradizione paragonabile ai vostri menestrelli (katarite). È uno dei vari racconti di guerra contenuto nel Heike Monogatari (romanzo epico del XIV secolo).

Un grande guerriero di nome Kumagai Jiro Naomi della famiglia Genji era colui che guidava l’esercito dei Samurai del proprio Shōgun con grande coraggio.

Un giorno durante una battaglia riconosce tra i nemici un guerriero vestito da Shōgun che sta scappando a cavallo. Lo insegue urlando che uno del suo rango non può fuggire dando la schiena e che il suo dovere è quello di tornare a fronteggiarsi. Il nemico lo ascolta, ritorna indietro e combatte contro di lui. Nel corpo a corpo Kumagai prevale e blocca a terra l’avversario. Prima di ucciderlo gli toglie la maschera e l’elmo (kabuto) accorgendosi con stupore che il nemico è solo un ragazzino.
Inoltre egli era truccato nello stile tipico delle famiglie Samurai di rango elevato (i Samurai si truccavano il viso con sembianze quasi femminili e si tingevano di nero i denti per fare in modo che la propria faccia mantenesse un’espressione gentile in caso di sconfitta con taglio di testa riconsegnata alla famiglia - N.d.T.).
In effetti poteva essere suo figlio! Kumagai ha un attimo di compassione perché capisce il rango dell’avversario e gli chiede il nome, proponendogli di salvarlo. Il ragazzo risponde che lui deve prima presentarsi.
Kumagai dice che il suo nome non è così importante, lui viene da Musashi ma il suo rango non è certamente elevato come quello del ragazzo. Il giovane gli risponde con calma che allora è inutile che si presenti perché tagliandogli la testa e portandola alla famiglia Genji sicuramente tutti lo riconosceranno.
Kumagai
è indeciso perché sicuramente la morte di un solo guerriero non poteva ribaltare l’esito della battaglia e pensando al padre come avrebbe pianto il figlio, stava quasi per lasciarlo andare. Ma in quel momento sopraggiungevano una cinquantina di cavalieri Genji, così in un attimo ragionò che liberandolo sarebbe stato sicuramente ucciso da uno di questi e quindi piangendo prende lui il coraggio di decapitarlo.
Nel togliergli la corazza (yoroi) gli trova addosso un flauto e subito il suo pensiero va a come doveva essere quel Samurai con un’educazione così raffinata. Sicuramente aveva suonato il flauto prima della battaglia.
Tra tutti i suoi Samurai Genji non c’era una persona con un’educazione tanto elevata!

Al ritorno della battaglia nel consegnare la testa dell’avversario con il flauto al suo Shōgun e raccontando ai presenti gli ultimi momenti di questo ragazzo Kumagai si commuove e con lui tutti gli altri.

Atsumori era il suo nome, aveva quindici anni e suonava benissimo il flauto. In tutto il racconto Kumagai usa sempre parole di grande rispetto verso il ragazzo figlio dello Shōgun.
Dopo un breve tempo mandò a suo padre una lettera con il flauto. Dopo questo episodio Kumagai lasciò le armi diventando monaco per commemorare la morte del ragazzo.

Dentro questo racconto ci sono tutti gli elementi che vi ho riportato. Per i Samurai l’educazione era più importante del carattere. La sensibilità estetica verso la bellezza anche in punto di morte la dice lunga su tale modo di pensare.

Pensando alla nostra epoca avendo rispetto, consapevolezza, umiltà e gratitudine verso chi ci ha fatto crescere si può a nostra volta essere utili agli altri senza calcolo ringraziandoli per poter avere la possibilità di aiutare (on).

La cultura del Bushidō sembra appartenere a un tempo remoto, ma in occasione del recente terremoto il comportamento del popolo giapponese ha attinto a uno spirito mai passato.

Grazie anche questa volta per la vostra attenzione.
Gassho, M° Mitsutaka Koso.

Queste alcune delle figure di riferimento per quanto riguarda il Bushido ( Fonte Wikipedia)
Honda Tadakatsu - Imagawa Ryōshun - Jigorō Kanō - Miyamoto Musashi - Morihei Ueshiba - Sakanoue no Tamuramaro - Sokaku Takeda - Tokugawa Ieyasu - Torii Mototada - Yamamoto Tsunetomo - Yamaoka Tesshū - Yukio Mishima

Tabella testi Davide - Scritti da noi

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