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KUJIKERUNA Non Mollate MAI!


KUJIKERUNA

Non cedere, non mollare mai
Kimuchi nel rapporto tra maestro e allievo
A cura di Davide Rizzo
1992Per correttezza il testo l'ho reinterpretato e completato facendo riferimento a molti altri testi.
Testimonianze di esperienze di altri Maestri con i quali mi sono confrontato in questo periodo e così ecco una analisi fatta nel tempo ma che trova solo oggi 29 Dicembre 2013, la giusta posizione in quanto gli accadimenti impongono una lettura della mia storia anche come Maestro
oltre che allievo.

Riguarda gli addii più o meno dolorosi, riguarda le aspettative che un Maestro ha sui suoi allievi ( cosa che non si dovrebbe mai fare ) ma, siamo uomini anche noi, per fortuna.

Esiste una parola che appartiene al vocabolario delle Arti Marziali tradizionali, che come altre è difficile da tradurre, se non attraverso un discorso che deve essere necessariamente articolato.
Tale parola è Kimuchi: la si potrebbe tradurre con il termine "FIDUCIA", intesa però in un modo che proveremo qui a esporre. Si tratta infatti di quella particolare fiducia che dovrebbe essere alla base del rapporto fra maestro e allievo, e tramite la quale dovrebbero esprimersi sia la disponibilità del Maestro a insegnare sia quella dell'Allievo ad apprendere.

Il concetto Kimuchi si radica storicamente nella cultura orientale nella quale quando un allievo si rivolge a un maestro quello che cerca non era solo una persona capace di addestrarlo nella pratica del combattimento a mani nude o con armi: la richiesta infatti si estendeva a ottenere una formazione che andava oltre la costruzione di un combattente abile, per giungere invece a un traguardo più difficile, più profondo e insieme più attraente: la formazione dell'uomo nel suo complesso.

L'acquisizione delle tecniche di combattimento, il perfezionamento della loro efficacia il miglioramento dell'abilità guerriera non erano solo fini, ma erano anche mezzi, utili per fare maturare non solo il corpo e la destrezza marziale del praticante, ma anche quello che era definito il suo "spirito", termine che in termini moderni potremmo definire come qualità psicologiche della persona: l'equilibrio la saggezza la volontà l'autocontrollo
La via della pratica marziale non fu solo in oriente un modo per formare anche il carattere, la psiche e le qualità umane delle persone: pensiamo al profondo significato culturale e spirituale, che lasciò un'importante traccia nella letteratura dei paesi europei che apparteneva alla cavalleria medioevale: il cavaliere cristiano aveva molti tratti in comune con il samurai giapponese lo sosteneva anche il Maestro Taiji Kase.

Nel mio lungo, articolato percorso di Maestro svolto per anni con allievi molto diversi per età, sensibilità e cultura ho sempre cercato di stabilire con loro un rapporto ispirato al quella particolare "fiducia" che risuona nel concetto di Kimuchi, cercando di insegnare insieme alla tecnica anche la lealtà, l'onestà, il rispetto per la pratica, per il mio Maestro, per i compagni e per gli avversari.
Come spesso accade, però, la comprensione profonda delle cose avviene di più nei momenti di difficoltà, di tensione, di crisi.

Io posso dire di avere compreso fino in fondo, nella sua essenza, il significato profondo del concetto di Kimuchi in un momento particolare della mia vita: quando quello che io credevo fosse il mio vero allievo, quello che aveva fatto veramente tesoro del mio insegnamento, mi aveva voltato le spalle prima di cominciare il percorso.
In quella circostanza ho capito che il rapporto con questa persona era stato unilaterale: io "vedevo" o più precisamente con il senno di poi "credevo di vedere" circolare fra noi quella particolare energia psichica, quel senso profondo di condividere progetti, valori, obiettivi, quel camminare insieme verso una destinazione che è percepita come esterna e concreta, ma che al tempo stesso è una meta interiore, in cui maestro e allievo si rispecchiano.

Un maestro che cammina davanti, sicuro di se e di essere seguito non solo per il suo ruolo, ma perché sa che un senso di fiducia e di radicato rispetto è presente nell'allievo che lo segue non solo per la contingente necessità di raggiungere un traguardo sportivo, un grado, una qualifica, un podio.
Io credevo che fosse così, e quando mi sono accorto che le motivazioni del mio allievo erano molto più superficiali, contingenti, purtroppo legate a valutazioni opportunistiche ho ricevuto quello che può essere definito un trauma.

Ho visto vacillare convinzioni a cui mi ero affidato, che avevano dato un senso a lunghi anni di vita e di attività, a una pratica di maestro di karate che avevo sempre interpreta, come una missione da svolgere seriamente, mirando alla formazione della personalità, a dei risultati tecnici e sportivi ma non solo!
Nella mia mente era sempre stato presente il karate come karate-do, come arte marziale ( Jutsu ) , come "Via", mai come sport, e dopo quella delusione mi sembrava che su quella via che avevo intrapreso, in cui avevo creduto, a cui avevo dedicato per anni tempo e energia fossi rimasto drammaticamente solo.

Dove era finito quello che io credevo fosse il mio vero allievo, e molti altri che mi sembrava potessero seguirmi con consapevolezza e convinzione, con adesione leale, dialogando con me con franchezza riguardo a obiettivi e difficoltà?

Kimuchi, abbiamo detto sopra nella cultura orientale da cui proviene è un termine che rimanda all'idea di fiducia. Dobbiamo aggiungere che possiede un altro, importante significato che ora è opportuno cogliere: il concetto di vero, o ancora più precisamente la nozione di autentico. Fiducia e autenticità, nei rapporti umani come nella pratica marziale, sono fra loro correlate: merita fiducia chi veramente possiede ciò che dice di avere; merita fiducia chi autenticamente sa fare ciò che dice di saper fare.
Gruppo
Nei momenti di crisi come quello che sto attraversando io, dopo l'abbandono del maestro e da parte di quegli allievi che consideri i tuoi pilastri, ci si sente come nudi. Rimane quello che si ha veramente dentro non quello che si aveva addosso e da cui si è stati spogliati.
Ci si accorge anche degli altri, dei giovani che camminano ancora al tuo fianco e che ti guardano sempre con immutata attenzione;
Ci si accorge delle grandi opportunità che danno l'esser vicini d'età con gli adulti;
Ci si accorge di quanto amore hanno verso di te quelli che ancora credon o in te.

Ho deciso di lasciare alle spalle questo anno pesantemente passato e son partito da questo.
Ho provato a ricostruire Kimuchi dentro di me: Kimuchi come processo di ricostruzione della fiducia in me stesso.
Chi mi aveva lasciato mi aveva ferito, ma mi aveva in qualche modo anche dato l'occasione per capire che era giunto il momento di iniziare un dialogo serrato con me stesso e che, dopo decenni passati a insegnare il karate a centinaia di persone, devo prendere (o meglio, riprendere, ritrovare!) me stesso come allievo e così me ne sono andato a Milano dal Maestro dei Maestri Hiroshi Shirai perchè, ringraziando il cielo ho ancora bisogno del Maestro.

In questi pochi ma interminabili due mesi mi sono chiesto più volte del perchè un Maestro non permette ad un suo allievo di continuare lo studio presso il suo Dojo, non ho ancora la risposta anche se ho una vaga idea di quella che potrebbe essere
e non è bella ne positiva.
Si chiama paura, non del confronto, sia chiaro, ma paura dell'inesorabile che avanza di chi, prima o poi prenderebbe il tuo posto e allora chiudi definitivamente le porte perchè non vuoi che il "Tuo" diventi dell' "Altro".
Tutti gli interpellati danno la stessa risposta alla mia domanda, tutti si stupiscono e tutti sono amareggiati, io no, sono felice di questa scelta fatta da altri.

Quella cosa che io cercavo mi è stata preclusa, ora ho una nuova opportunità creare io la condizione di essere "sostituito" e lo farò con orgoglio quando verrà il momento, quando qualcuno di voi dirà: " Maestro vorrei insegnare, vorrei insegnare nel tuo dojo perchè è il mio dojo!"

Ma, tornando a Kimuchi è un percorso difficile, ma anche fecondo: cosa vuole dire praticare usando Kimuchi? Ho provato e riprovato, praticando da solo e osservando riflessivamente me stesso, come applicare concretamente il concetto di Kimuchi.
Provate a eseguire una tecnica, un kata, delle azioni di combattimento con una attenzione attiva a come sentite, a come percepite dentro di voi ciò che state facendo. Immaginate che stiate eseguendo un pezzo di musica e contemporaneamente lo ascoltiate, oppure che state facendo un disegno e osservate cosa prende forma sulla carta.
Provate a percepire la fluidità del vostro movimento, la coordinazione, il ritmo come il vostro corpo vi obbedisce.
Guardate a come la vostra mente si rappresenta la vostra azione quanto la sente autentica espressione di sé quanto non viceversa a dominarla.

Con il tempo, e con la pratica, percepirete Kimuchi come espressione della fiducia che la vostra mente ha nella vostra pratica, o diversamente, ma non meno utilmente, percepirete le "fratture", le crepe nel vostro Kimuchi: qualcosa non va, non siete in armonia con ciò che state facendo, la vostra azione non vi appartiene fino in fondo, vi è disintonia fra ciò che sentite interiormente e ciò che esprimete esteriormente.

Non è una pratica facile, è come guardare un film in una lingua che non conosciamo: all'inizio non capiamo niente, abbiamo un sentimento di noia, di estraneità, di fastidio. Se continuiamo a guardare, però, l'azione che osserviamo ci permetterà di capire qualcosa poi sempre di più esercitando la comprensione del linguaggio non verbale riusciremo a comprendere, almeno in parte, ciò che il regista voleva esprimere e saremo più in contatto con qualcosa che prima ci appariva totalmente estraneo.

Personalmente sto applicato questo metodo a me stesso, e gradualmente uno stato di isolamento è diventato un luogo di riflessione, e ha cominciato a riemergere una nuova apertura verso il mondo esterno, e il desiderio di ritornare a dare il mio contributo umano e tecnico al mondo del karate, e a riconsiderare possibile un rapporto politico, oggi sono VicePresidente Regionale e faccio parte della Commissione Tecnica Regionale, oggi qualcuno mi guarda con occhi diversi.

Questo, però, senza mai dimenticare la necessità di ritornare regolarmente dalla esteriorità all'interiorità, dal confronto con gli altri al confronto con me stesso. Avendo scoperto un nuovo modo di stare con me stesso, nella vita come nella pratica marziale, ho di nuovo voglia di provare a costruire un nuovo modo di stare con Kimuchi, insieme agli allievi che ancora mi seguono e ai quali darò tutto me stesso, come sempre del resto.

Buon Fine anno e che il 2014 sia un anno di novità positivamente umane.
Oss
Davide Rizzo
Tabella testi Davide - Scritti da noi

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