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KUJIKERUNA Non Mollate MAI!


KUJIKERUNA

Non cedere, non mollare mai
Il Maestro ed il Campione
A cura di Davide Rizzo
Molto tempo fa, in un paese molto lontano, vivevano due ragazzi. I ragazzi erano grandi amici e si vedevano tutti i giorni. Quando uno dei due voleva fare un bagno nel fiume, l’altro lo accompagnava. Quando uno dei due voleva andare a cavallo, il compagno andava con lui. Se uno dei due aveva delle commissioni da sbrigare, l’altro lo aiutava. Erano sempre insieme, qualsiasi cosa facessero.

Un pomeriggio, mentre i due ragazzi erano giù al fiume a far rimbalzare i sassi sull’acqua, alcuni ragazzi un po’ più grandi di loro passarono di lì. Videro i due ragazzi sulla riva del fiume, intenti a ridere e a lanciare sassi e decisero che, siccome non c’era nessuno nei paraggi, potevano divertirsi un po’ a loro spese. Raggiunsero i due amici e dissero:" Voi due, voltatevi! Vogliamo parlarvi."
I due ragazzi lasciarono cadere i sassi e si voltarono. Davanti a loro c’erano tre ragazzi più grandi. Era quello in mezzo a parlare. Disse:"Avete dei soldi?"
I due ragazzini erano spaventati, ma gli risposero con fermezza:" Sì, perché?"
Il ragazzo più grande disse: "Datemeli!" I ragazzi risposero:" No. Guadagnateli, i soldi!"

A questo punto i ragazzi più grandi si guardarono sbalorditi. Come osavano quei due parlargli con un  simile tono di sfida? Erano più giovani e più bassi di statura di loro: gli avrebbero dato una lezione.
Il ragazzo più grande disse:" Ti farò rimangiare quello che hai detto!" e si avventò su di loro con i suoi amici. I due ragazzi cercarono di lottare, ma gli aggressori li spinsero a terra e cominciarono a prenderli a calci. I calci erano terribilmente dolorosi, e i due ragazzi gridarono loro di smetterla. I ragazzi più grandi risero e continuarono il pestaggio finché non ne ebbero abbastanza, poi presero il loro denaro e se ne andarono.

Quel giorno i due amici decisero di imparare l’arte del karate. Andarono insieme a casa di un uomo che sapevano essere un istruttore di karate. Bussarono insieme alla sua porta e aspettarono insieme finché non sentirono dei passi che si avvicinavano alla porta.
La porta si aprì lentamente, e dietro di essa c’era un uomo anziano coi capelli grigi. Egli disse: " Salve, ragazzi. Perché siete qui?" I due ragazzi si guardarono, annuirono e poi dissero contemporaneamente: " Vogliamo che Lei ci insegni il karate. Per piacere, signore, lo farebbe?" "Perché vorreste che vi insegnassi il karate? " chiese il maestro. "Siamo stati picchiati al fiume. Abbiamo bisogno di imparare a difenderci". Il vecchio disse: "Capisco. Va bene. Entrate pure e cominceremo subito le vostre lezioni".

I due ragazzi entrarono nella casa dell’anziano maestro e si guardarono intorno. Era molto silenziosa, ma sul retro aveva una grande stanza vuota. Il vecchio li portò là dentro e cominciò a insegnar loro il karate.

Ogni giorno, i due ragazzi arrivavano alla stessa ora, aspettavano nel portico ed entravano in casa quando il vecchio finalmente veniva alla porta per farli entrare. Qualche volta, mentre aspettavano, prendevano degli attrezzi del capanno nel cortile e facevano dei lavoretti. L’uomo era anziano, e a loro piaceva aiutarlo. Poi i due ragazzi entravano nella casa del maestro e si allenavano nel karate con lui. Egli insegnò loro a rotolare, a cadere, a colpire di pugno e di calcio, a proiettare, a lottare, tutto quello che sapeva, un passo per volta.

Dopo alcune lezioni, fu evidente per il vecchio maestro che uno dei due ragazzi aveva un talento naturale per il karate, perché gli bastava vedere qualcuno eseguire una tecnica per impararla. L’altro invece, sebbene fosse altrettanto intelligente e forte, non aveva uguale talento, e doveva impegnarsi al massimo in ogni lezione per restare alla pari. Il ragazzo che aveva talento cominciò ad avere l’impressione che il suo amico stesse rallentando i suoi progressi, perché il vecchio gli prestava tanta attenzione. Forse era anche un po’ geloso. Il ragazzo senza talento cominciò a pensare di essere rimasto indietro, perché faceva tanta fatica a stare al passo. E forse anche lui provò un po’ di gelosia.

Il vecchio si limitava a sorridere e a ignorarli quando si lamentavano l’uno dell’altro. Sapeva che erano amici da tutta una vita e che avevano fatto insieme ogni cosa, e ora stavano crescendo in una nuova dimensione e avrebbero dovuto accettare questi cambiamenti e capirli. Quando gli facevano delle domande a riguardo, egli rispondeva con sincerità.
"Perché il mio amico è migliore di me nel karate? Riceviamo le stesse lezioni. Ci alleniamo nello stesso modo! Non mi sembra giusto! " uno di loro chiese un giorno.
Il vecchio rispose: "È perché siete persone uniche e diverse, e state crescendo per diventare uomini diversi. Il tuo amico riesce a muoversi senza pensare. Tu non riesci a muoverti senza pensare. Capisci?"
No, non capiva. Neanche il suo amico capiva, quando gli chiese perché l’altro era così lento.

Passavano i mesi e due amici continuarono ad allenarsi insieme sotto gli occhi del maestro. Il ragazzo pieno di talento vinceva sempre ogni incontro tra i due, muovendosi rapidamente e con facilità per la stanza, colpendo il suo amico con colpi controllati che non lo ferivano ma erano ugualmente umilianti. Questo stimolava il suo compagno privo di talento a passare molto tempo da solo ad allenarsi per conto suo, scrivendo degli appunti e riflettendo sulla propria pratica in modo da poter stare alla pari. Al loro incontro successivo il ragazzo pieno di talento lo batteva di nuovo. L’altro se la cavava alla meno peggio e poi rifletteva profondamente sul perché questo era successo e cosa poteva fare per rimediare. Qualche volta rivolgeva all’anziano maestro delle domande sui diversi modi di allenarsi da solo, e il vecchio gli dava dei suggerimenti.

Gli anni passarono e i ragazzi diventarono adulti, si sposarono e si trasferirono ciascuno nella propria casa. Ma continuarono ad andare a trovare il vecchio maestro di tanto in tanto e poi ad allenarsi con lui, mentre lui continuava a seguire e correggere il più debole dei due.

Infine, il vecchio morì. I due allievi erano molto tristi di averlo perso. "Non riesco a credere che il nostro maestro sia morto!, disse il più forte dei due". L’altro rispose: "Sì, è terribile, e niente sarà più come prima." Ed erano entrambi molto tristi e addolorati di non potersi più allenare.

Erano cresciuti ed erano entrambi molto forti, e tutti sapevano che avevano imparato alla perfezione l’arte del karate sotto la guida del maestro del villaggio. Non avevano più bisogno di una pratica costante, perché nessuno li avrebbe più importunati.

Passò ancora del tempo, e i due uomini non vivevano più vicini. Il più forte dei due si era trasferito per cercare fortuna, e il più debole era rimasto nel villaggio. Infine ebbe dei figli, e i suoi figli un giorno gli chiesero: "Padre, vogliamo imparare il karate. Puoi insegnarcelo?"
"Sì, certo. Siete sicuri di voler imparare il karate? Se lo siete, dobbiamo chiedere alla gente del villaggio di aiutarmi a costruire un dojo, perché io da solo non ne sono capace."
I suoi figli insistettero, e allora lui chiese ai compaesani di aiutarlo a costruire una grande stanza vuota sul retro della sua casa, dove poter insegnare il karate ai suoi figli. Gli uomini del villaggio accettarono di aiutarlo, ma prima gli fecero accettare un patto. "Se noi ti aiutiamo a costruire questo dojo, poi tu devi insegnare anche ai nostri figli, in modo che tutti i bambini del villaggio possano crescere forti e abili come te".

L’uomo accettò la loro richiesta e di lì a pochi giorni un bel locale spazioso fu a sua disposizione per cominciare le sue lezioni. Tutti i bambini del villaggio si radunarono nel portico ed egli li fece entrare, proprio come l’anziano maestro aveva fatto con lui, li portò nella stanza e insegnò loro il karate. Era molto paziente e gentile con i suoi allievi e li aiutava nella pratica. Alcuni di loro erano talenti naturali, e sembrava bastasse mostrar loro una tecnica una volta soltanto perché fossero in grado di farla. Altri richiedevano più attenzione, perché non riuscivano a muoversi senza pensare. Per gli uni tutto era facile, mentre gli altri erano in difficoltà lezione dopo lezione, sebbene l’insegnante fosse gentile e paziente.

Infine, uno dei bambini meno dotati che seguiva le sue lezioni gli si avvicinò e disse: "Non valgo niente nel karate, e perdo sempre tutti gli incontri. Per quanto mi sforzi, non sono bravo come gli altri. È tutto inutile, non sono bravo a karate, e non sarò mai un grande maestro come te."

Il suo insegnante fissò il bambino per un istante, poi sorrise e disse: "Un giorno ti presenterò un mio amico che è molto forte, e lui ti dirà il segreto per diventare il più grande esperto di karate della nostra nazione. È un grande combattente e non ha mai perso un incontro. È molto veloce, molto forte e fa una grande impressione. Perché non aspetti di incontrarlo prima di decidere?"

Ogni giorno i bambini venivano a casa sua per imparare il karate. Ogni giorno i più forti battevano i più deboli e il maestro spiegava loro tutti i suoi trucchi, le strategie, gli allenamenti speciali, in modo che potessero superare le proprie debolezze e sviluppare le proprie potenzialità.

Un giorno, quando l’insegnante del villaggio aprì la porta per fare entrare i bambini, ebbe una sorpresa. Di fronte a lui nel cortile, ai piedi dei gradini dell’ingresso, c’era il suo antico compagno di allenamento, molto più vecchio ora, con due ragazzini accanto a lui.

Gli occhi del maestro si spalancarono per la gioia e la sorpresa e gridò: "Mio caro vecchio amico! Quanto mi sei mancato in questi anni! Come sempre, mi sembri più in forma e più forte di me! Non vedevo l’ora che venissi a casa mia a insegnare ai miei allievi il segreto per diventare un grande maestro di karate!"
L’altro rispose: "Infatti ho intenzione di insegnarglielo proprio ora. Io sono un grande campione di karate. Ho sconfitto ogni karateka che ho incontrato. I miei calci e i miei pugni sono più veloci di quelli di chiunque altro. I miei movimenti sono naturalmente aggraziati e forti. Ho un talento che mi è stato dato il giorno in cui sono nato. Non c’è nessuno che possa affrontarmi in un combattimento di karate e sperare di battermi.
I bambini guardarono l’atleta in piedi di fronte a loro con i due maschietti al suo fianco. Quando i miei due figli sono diventati abbastanza grandi, mi hanno chiesto di insegnare loro il karate e di trasformare anche loro in campioni. Naturalmente ho detto di sì. Sono il più grande campione di questa nazione, perché non dovrei?"


I bambini del villaggio guardarono i due ragazzini, invidiosi che fossero allievi del più grande karateka che avessero mai visto.
"Ma i miei figli non hanno ereditato il mio talento naturale. Assomigliano alla madre, non a me. Non riescono a muoversi senza pensare. Mi fanno molte domande, ma io non ho risposte. Mi chiedono come fare certe cose, e io non sono in grado di dirglielo. Non ho mai avuto problemi quando imparavo, perché non ho mai dovuto impegnarmi. Non ho mai pensato come muovermi, perché riuscivo a muovermi senza pensare".

I bambini del villaggio guardarono i due ragazzini, tristi per loro che non avevano il talento naturale del grande campione. Il padre continuò: "Ieri mi sono reso conto che non so insegnare il karate. So solo fare karate. Ho portato qui i miei figli perché imparino da te, vecchio amico. Io sono il campione, ma tu sei il maestro. Sei tu che hai lottato per superare tanti problemi. Sei tu che hai pensato profondamente al modo migliore di muoversi. Sei tu che conosci molti modi misteriosi per superare gli ostacoli e migliorare anche se non si ha talento. Il più grande insegnante di karate di questa nazione sei tu, perché non sai muoverti senza pensare. Ti prego, insegna ai miei figli."

E il maestro disse di sì.
Sergio Roedner
Tabella testi Davide - Scritti da noi

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