Karate-Do e Difesa personale sono anche, e sopratutto saper comprendere e percepire la giusta distanza fra se e l'avversario entrando nel mondo interiore della percezione.
Se ci pensiamo seriamente tutta la nostra esistenza è vissuta con la distanza; la distanza tra noi e le persone care è diversa dalla distanza che teniamo con quanti non conosciamo, il corpo si chiude a riccio di fronte al pericolo o alla minaccia dell'altro. Tutto è distanza.
Conoscere la propria distanza è alla base dei raporti sociali.
In giapponese la distanza si identifica con il termine Maai. Non è semplice entrare nella dimensione del Maai ( distanza spazio temporale tra le cose e le persone). Il proprio senso della distanza è una cosa comunque allenabile, saper percepire, "vedere" questo maai implica un lavoro serio e costruito nella propria sfera personale, emotiva e cognitiva. Implica un processo evolutivo della persona e del suo "percepire" l'altro!
Entrare nella mente dell'altro è difficile, in questa società dove tutto è isolamento ( radio, televisione, Ipod, cellulari ecc...) ci siamo disabituati al contatto, ci siamo allontanati dai nostri pensieri e movimenti non percependo più, prima lo spazio, la distanza e poi l'altro o viceversa. Camminando non osserviamo più, non ci verifichiamo più, non "
vediamo" più, siamo come in uno stato di trance con la nostra emotività e con la nostra natura ( pensate a quando guidate per molte ore, siete assenti, in certi momenti proprio vi perdete ma non nel senso introspettivo ma proprio nel senso cognitivo) pensateci!
E' da qui che dobbiamo partire, da quest'area di noi stessi che abbiamo perduto, a questo serve il Karate, o il Goshindo, a ritrovarci, ad esserci sempre!
Il tempo nel Kumite ( combattimento) non deve essere inteso come lo è il tempo espresso in secondi, minuti ore giorni ecc.. o comunque un fatto puramente temporale, il tempo, la scelta del tempo corretto nel combattimento implica necessariamente la distanza Maai il percepire la distanza.
Il Maai si può suddividere in quattro tipologie:
1) Distanza reale fra gli avversari i cui i contendenti non sono in grado di entrare per portare un attacco;
2) La giusta distanza per portare la Propria Tecnica;
3) La distanza corretta affinché l'avversario porti la Sua Tecnica;
4) Espressione della strategia adottata.
La parola Maai viene abitualmente tradotta con il termine "distanza". In effetti, in senso letterale essa si compone dela parola Ma, che esprime non solo la distanza e l'intervallo nello spazio ( tra gli oggetti) ma anche un intervallo nel tempo, il momento del cambiamento di ritmo in musica, ecc... , e del verbo Ai, che esprime un incontro tra due o più persone o oggetti. Dunque, la parola Maai, oltre all'idea astratta di distanza e di intervallo, esprime un movimento di avvicinamento e di allontanamento tra persone e oggetti. Nella pratica, il Maai è inseparabile dallo Hyoshi come pure dalla dimensione di Yomi. ( dal libro Lo zen e la via del Karate del Maestro K.Tokitsu)
I cerchi che legano la distanza, nell'area centrale nella quale non si può evitare lo scontro, si deve agire, permanere in questa distanza è molto pericoloso, percepirla significa agire per primi sia in termini di difesa/contrattacco che in attacco.
Il ritmo e lo spostamento si relazionano in entrambi i contendenti, ritmo e distanza si fondono nell'esatto momento in cui scaturisce la tecnica di una o dell'altra parte.
L'emisfero giallo indica lo Yomi, l'arte di divinare, di presagire, l'area nella quale iniziare a percepire la volontà dell'avversario. I due cerchi rossi possono indicare gli attori dell'azione. Spazio e tempo si intersecano nell'azione.
A = maai = distanza spaziale -
B = Hyoshi = cadenza e ritmo
AB ( comune ad A e a B) = intervallo temporale durante il quale la coscienza si trova svasata rispetto al movimento fisico.
Si parla spesso del concetto di Yomi nel kumite e delle strategie legate a questo concetto; pochi però spiegano con chiarezza quale è il metodo per allenare questa capacità fondamentale. Lo yomi, l'arte di prevedere, presagire, è sintetizzato come la capacità trascendente che ogni uomo, in misura più o meno sviluppata, possiede dalla nascita. Attraverso la pratica continua e seria e con l'ausilio di un Maestro capace si può acquisire una maggiore sensibilità in questa sensazione.
Quante volte è capitato di sentire ad esempio dentro una stanza che noi pensavamo fosse vuota, la presenza di una persona. C’è differenza tra allenarsi alla percezione, e la percezione come sensazione. Se qualcuno prima di entrare nella stanza ci avesse detto di provare a sentire una presenza, saremmo entrati in un certo modo, senza essere avvertiti lo avremmo fatto in modo diverso.
Il Samurai faceva entrare i candidati per testarli, senza avvertirli. Questo è il punto. Molti di coloro, avrebbero fallito anche se fossero stati avvisati. Quindi, possiamo dire che la percezione è dentro di noi, ma la capacità di utilizzo è soggettiva.
Il Maestro Funakoshi nel Niju Kun diceva: “Gijutsu yori shinjutsu” che significa: "Nel Karate lo spirito viene prima; la tecnica è il fine ultimo".
In questo si colloca l'apetto di Yomi, l'arte del " presagire"; se partiamo dal presupposto che per potere prevenire un'azione di un'altro uomo dobbiamo, per ovvi motivi, divenire parte di esso: (come il predatore che studia la sua preda) fino a conoscerne abitudini, reazioni e comportamenti, anche il combattente deve, attraverso esercizi particolari, fondersi con il suo avversario, entrare nella sua psiche e decifrarne le paure, i comportamenti e le resistenze fino a diventare la stessa persona per avvertirne le azioni.
La difesa personale si colloca benissimo nella nella sfera di Yomi, solo un detrattore; spesso non si conosce l'agressore ne il suo modo di operare. A tal motivo si deve ancora di più percepire la realtà che ci circonda ed esserne attori protagonisti e non semplici comparse da aggredire.
Attraverso lo studio delle tecniche Todome " tecnica definitiva" e dopo avere allenato correttamente la comprensione della propria distanza " Maai" , si deve allenare la sensibilità di percepire l'altro, di ascoltarne anche il più piccolo cambiamento osservando o, meglio, percependo ogni suo più piccolo spostamento sentendo il suo respiro, leggendo nel suo sguardo l'ostilità, l'intenzione, la rinuncia e la mutazione psicologica che anticipa l'attacco: questo è il primo passo per allenare e sensibilizzare lo Yomi marziale.
I tempi del combattimento, cadenza e ritmo