Sostegno ATTIVO
Una riflessione sul dialogo tra le culture e sul principio dell’universalità del Karate come metodo per migliorare la convivenza civile, rendendoci sicuri e consapevoli delle nostre potenzialità, partendo dagli insegnamenti e dall’esperienza del M° Taiji Kase.
Testo ORIGINALE
La prima persona che mi ha aperto gli occhi e che mi ha fatto scoprire questo aspetto del karate è stato il M° Taiji Kase, ex kamikaze nella seconda guerra mondiale. Allievo del M° Yoshitaka Funakoshi, a sua volta figlio e allievo del M° Gichin Funakoshi (fondatore del Karate che ha preso il nome di Shotokan). Morto nel 2004 egli ci ha lasciato una grande eredità educativa, tecnica e umana.
Se dovessi esprimere con una parola ciò che del M° Kase mi ha colpito maggiormente, direi: BENEVOLENZA. Egli è stato il primo che ha messo in risalto l’universalità del Karate come potente strumento di tolleranza, pur applicando in modo totale i principi dell’efficacia della tecnica. Nonostante la sua formazione e la sua cultura, conseguentemente alla sua esperienza umana, egli ha saputo liberarsi degli stereotipi legati alla civiltà orientale per rivolgersi all’uomo in senso lato.
Era sempre originale, e, pur rifacendosi sempre alle origini del suo apprendimento, ha saputo cogliere la sostanza e l’essenza dell’espressione motoria come strumento unico e personale per ottenere una tecnica totalmente efficace. Probabilmente, come tutti noi, è passato attraverso varie fasi di maturazione della sua personalità, ma il suo pensiero si basava principalmente sul rispetto dell’altro per come era, per quello che era, per quello che faceva e tutto ciò lo ha reso ai miei occhi più che un maestro di tecnica un esempio di vita.
Il Karate non era per Lui una ricetta che si poteva adattare alle varie situazioni, ma un’esperienza da vivere totalmente in qualsiasi momento della propria vita, senza calcoli o aspettative di alcun genere.
Preciso, senza essere maniacale, era in grado di dare giudizi lapidari ma equilibrati, anche molto duri, con un atteggiamento di serenità che li faceva sembrare quasi dei complimenti. Della sua tecnica, impossibile da imitare senza mostrarsi inadeguati, rimangono i principi fondamentali dell’efficacia e dell’organizzazione dinamica “spazio-tempo” che l’hanno reso un innovatore nel rispetto rigoroso della tradizione. Da questa esperienza si può percepire che il dialogo tra le culture è possibile solo se esse accettano di essere ad un tempo chiuse e vicendevolmente aperte, capaci di contaminarsi senza perdere la propria identità.
Il compito delle Istituzioni Educative sarebbe quello di gestire questa dinamica rendendoci consapevoli del momento della ritirata come gesto di forza morale. Non è da sottovalutare quindi, il principio base del Karate per cui per poter attaccare in sicurezza si dovrebbero avere a disposizione almeno cinque possibilità di difesa. Esse vengono riassunte nel principio che la difesa della propria cultura nasce dal rispetto delle culture diverse, rispetto che a sua volta nasce dalla profonda conoscenza della propria.
Ecco allora che ritorna il principio dell’universalità del Karate come metodo per migliorare la convivenza civile, rendendoci sicuri e consapevoli delle nostre potenzialità:
Tutto ciò ci permette di:
Questo avveniva in parte anche nella formazione dell’uomo greco, al tempo della civiltà ELLENICA, da cui trae origine la civiltà occidentale, dove l’addestramento e l’allenamento erano sinonimi di educazione e formazione.
NOI POSSIAMO ESSERE MIGLIORI!
Bernardo (Dino) Contarelli
Presidente I.K.T.A.