Durante l'epoca Menji i novizi di un tempio di Osaka
erano a disagio per il fatto di dover mendicare (nota la costrizione).
Mendicare era comunque parte della loro formazione.
Dovevano mettersi agli angoli delle strade, inchinarsi e allungare
le ciotole.
Oppure dovevano stare davanti a un negozio e cantare
sino a quando non veniva dato
loro qualcosa.
Oppure dovevano camminare lentemente nelle strade
suonando un campanellino e, così, sollecitare i passanti
a fare l'elemosina.
Tutto questo metteva a disagio i novizi: ridacchiavano
e si davano di gomito, oppure arrossivano e s'intimidivano, oppure
si mettevano seduti e rifiutavano.
Il diacono li rimproverò.
Sottolineò che mendicare
era
cosa degna.
In Cina era parte dell'educazione religiosa
sin dai tempi più antichi. Era un ottimo esercizio per
la
mente. Ovunque ogni novizio aveva dovuto mendicare.
Ma queste parole non sortirono alcun effetto.
Aggiunse che il roshi(maestro venerabile) non avrebbe
affatto approvato il loro atteggiamento. Anche questo
non ebbe alcun effetto.
Al momento opportuno il roshi
venne a sapere delle difficoltà dei novizi. Li chiamò uno
a uno e chiese loro perchè i monaci mendicavano. Le
risposte furono diverse: umiliava lo spirito, era un altro
modo di meditare, rendeva riconoscenti nel modo più
giusto.
Ciononostante, tutti loro ne convenivano, il fatto
di mendicare continuava a metterli a disagio.
Il roshi decise di tenere una lezione sull'argomento.
"Si dovrebbe mendicare per la pura e semplice difficoltà
dell'atto". Persino in passato, quando non c'era abbastanza
cibo, mendicare era difficile. Ora che c'è cibo a sufficienza
e che ci sono i pali del telegrafo e le macchine a vapore,
è ancora più difficile.
Capisco i vostri timori. Si tratta della vostra dignità.
Voi pensate che l'atto di mendicare manchi di dignità.
Ma provate a riflettere. Qualunque cosa caratterizzata
da una tale difficoltà ha una propria dignità.
La dignità è nella difficoltà. Per esempio, è molto
più difficile
ricevere
che dare.
Tutti sono in grado di dare, soprattutto quando
il dono è abbastanza piccolo. Ma ricevere qualcosa,
in particolare qualcosa di piccolo, è molto difficile.
Mendicare è così difficile che si dovrebbe esserne
orgogliosi invece che provarne vergogna.
Parlo di dignità
perchè voi tutti siete ancora giovani e siete quindi turbati
da tali vane preoccupazioni. E poichè apparentemente
desiderate questa qualità che non ha alcun valore, io
ve la offrirò.
Per avere dignità è necessario
avere un
bisogno. E io vi darò questo bisogno".
I novizi, soddisfatti, si guardarono l'un l'altro.
Avrebbero ricevuto qualcosa.
Il roshi continuò:
"Riceverete questo da me nello spirito in cui io lo
intendo. Vi concederò un bisogno estremamente reale.
Grazie ad esso avrete dignità e, a causa di esso, la
getterete via.
Io vi offrirò un vero bisogno."
Andò quindi nella cucina del tempio e ordinò di
non
preparare più nulla. E così i novizi, smagriti
e affamati,
presero l'abitudine di mendicare con grande solerzia,
come non avevano mai fatto prima.
I loro stomaci
brontolavano così tanto che essi si dimenticarono sia
del disagio sia della dignità. Si mettevano agli angoli
delle strade e si inchinavano.
Cantavano davanti ai negozi
sino a quando non venivano riconpensati.
Camminavano
per le strade suonando i loro campanellini.
Facevano
questo con tutto se stessi, senza mai dedicare un solo
pensiero a qualcos'altro.
Questo ormai succedeva da un po di tempo. I novizi
non erano solamente più magri, erano anche più seri.
Il roshi li chiamò a raccolta:
"Quando si è raggiunto un estremo, è allora
necessario
raggiungerne un altro. Tutto ciò è stato inutile.
Ma penso
che ora voi comprendiate meglio. Il cibo verrà preparato.
E si continuerà a mendicare".
Non ci furono domande.
I novizi avevano capito.