Maestro, quando ha cominciato a praticare karate? Un breve excursus della sua carriera.
La mia prima volta è stata proprio alla fine del 1969 e nel 1970 ho iniziato a pratcare karate presso il CSKS San Marco sotto la guida del Maestro Bruno Demichelis. Il mio primo pugno l’ho eseguito con il mitico Franco Mescola detto “Steve” e con Victor Fagarazzi.
In seguito ad un intervento di allungamento tibiale mi sono dovuto autosospendere dalla pratica per un lungo periodo ma appena mi è stato possibile ho ritrovato il karate nella palestra del Centro Sport e Cultura dove ho ritrovato anche il mio Maestro Luciano Puricelli, con lui ho conseguito tutti i miei gradi e qualifiche compresa quella di Maestro di Karate-do.
Ci parli un po’ di sé?
Meglio se cito quanto scritto da un’allieva che mi conosce bene anche fuori dall’ambito del karate anche se sono convinto che, come tutto è politica così lo è per il karate:
“….. Davide è così leggibile che davvero a cercare di andare oltre perdi l’ovvio, per cercare poi chissà cosa nasconde; ma peggio di questo è che lui te lo dice, se gli chiedi “ma cosa nascondi dietro tutto il tuo essere così”, lui, con molta serenità, vi dirà “
io? sono un libro aperto, puoi leggermi completamente”, garantito perché provato è fastidiosissima come risposta!
Non siamo abituati a stare vicino a chi come lui sa capire oltre l’apparenza, sa parlare andando in profondità dei sentimenti senza toccare tasti dolenti, a chi come lui molla solo che tu lasci e non perché si arrende (vedi con me, sono un caso limite eppure …… ci prova ancora); alla fine il peggior difetto è essere “
diverso dentro”, avere qualcosa in più e metterlo in gioco, amare ciò che si fa al punto da essere ritenuti anormali.
Sembrerà banale ma analizzare chi come il Maestro è semplice porta a questo: vedere le cose complicate con una sorta di filtro che le suddivide in tante parti semplici da conoscere; anche i suoi difetti sono caduti in questa ottica.
Ma il suo difetto migliore è lo stoicismo che ha dentro di se, lo rende immune al mondo, nulla lo smuove, tutto si può fare.
Questa cosa mi manda fuori di testa ogni volta che la vedo applicata. Monica”
Ecco, credo, che queste poche righe spieghino bene. Se dovessi aggiungere qualche cosa è che il mio percorso personale ha avuto un unico denominatore: Cercare di migliorarmi e di coltivare il meglio di me stesso in tutto quello che faccio, Karate, vita famigliare e soprattutto coltivare il rapporto con quanti mi sono vicini siano essi miei estimatori o persone alle quali sto antipatico, del resto non puoi piacere a tutti ma puoi provare a migliorare anche se sai che i giudizi al 98% no cambiano mai.
E’ il karate che l’ha conquistata o è lei che ha conquistato il karate? Il suo rapporto con la “nobile Arte dei Mari del Sud”.
Mah, credo ne uno ne l’altro, il Karate-Do che ho appreso è sempre stato basato su una logica semplice, reale funziona o no?.
Il mio rapporto con il Karate l’ho scritto in un vecchio testo che ripropongo, un testo dedicato unicamente ai miei allievi e a me stesso, vorrei rimanesse circoscritto a questo ambito:
“ Il Karate-do, Questo Karate praticato con questo Maestro, con il mio Maestro, passatemi il termine Mio ma mi viene spontaneo pensarlo, è come un AMICO.
Si, il karate è un amico! Un amico che non ti tradisce mai, un amico che ti mette sempre in discussione, e non solo con te stesso e con la tua tecnica, un amico che ti fa patire, soffrire e che alle volte di redarguisce, e ti attacca così velocemente che quasi ti toglie l'aria
Un amico che ti appassiona con il suo sapere, un amico che quando hai bisogno c'è sempre (almeno lo spero!).
Un amico con una Cultura e una storia, anche se giovane, che ti lascia a pensare e non appena ti accorgi quali potrebbero essere gli sviluppi di quello che ti stai proponendo ti sta presentando un altra meta.
Si, un amico. Per me il Karate è un amico con il quale vorrei trascorrere ancora più tempo assieme, conoscerlo meglio, capirlo fino al limite delle mie capacità, trovarne il limite, se mai ne esiste uno.
Tenerlo sempre accanto, ancora di più di quello che faccio, sentirne lo spessore, un amico con il quale sto volentieri assieme, un amico che mi prende per mano e mi accompagna verso l'ultimo viaggio.”
Il karate che pratichiamo oggi è uguale a quello che si praticava negli anni 65/70? Cosa c’è di nuovo e cosa invece è rimasto immutato da allora?
Se sai prenderle impari a darle, dirlo è riduttivo, certo, ma alla fine rispecchia, ancor prima che io lo conoscessi, quanto esprimeva il Maestro Taiji Kase quando ci chiedeva “ Funziona o no? E’ vero o è falso?” negli anni 1970 questo era quello che apprendevi e spesso lo dovevi anche dimostrare. Sia da Demichelis che da Puricelli il semplice “Oss o il famoso Sorry” non si contavano entravi intero e certamente uscivi ma non sapevi mai come uscivi.
Spesso arrivavo a casa zoppicando e non per la polio che mi aveva colpito in tenera età o con il naso un po dolorante come le costole e gli addominali. Era una specie di guerra prima con te stesso e poi con quanti avevi davanti.
Fare “quel” Karate era bellissimo!
Oggi non è più fattibile, troppe protezioni legali e troppa paura di farsi male o far del male. Le persone non sono più quelle di un tempo, non sanno prenderle e pensano solo di saperle dare ma non è così, basta provare qualche altro circuito e ti fanno un culo che te lo ricordi per tutto il resto della tua vita.
Mio padre faceva un po di pugilato, e una sera ha voluto vedere cosa facevo e ci si è provati con i suoi guantoni degli anni 40 male… male… male, il KO non fa male ve lo assicuro vai giù e basta.
Oggi si vuole o si vorrebbe tutto e subito e si collega il bello al buono un po troppo spesso.
Cosa è rimasto? È rimasto il Maestro Shirai che con il suo sapere ha traghettato tutti noi verso un karate più completo ma più adatto ad un pubblico occidentale. NOn dobbiamo mai dimenticare l'origine del karate, dove è nato e con che motivazione
Okinawa è la patria del karate , un karate arrivato in forma magari grezza dalla vicina Cina. Questo spesso si dimentica in quanto noi pratichiamo il karate del Giappone codificato da Azato e divulgato da Funakoshi padre. Questo va tenuto a mente. Il nostro è un Karate "moderno".
Che valore hanno i Dan oggi? Ci racconta il suo primo esame da cintura nera?
Il valore dei Dan? Beh i miei hanno un valore assoluto compreso il primo datomi dal Maestro Marangoni gli altri mi sono stati conferiti dal Maestro Hiroshi Shirai ragion per cui indiscutibili, solo onore ad onorarli tutti e cinque.
Il mio primo dan l’ho preso a Spinea nel 1986 un esame in onore di mio padre deceduto pochi mesi prima, ricordo lo spirito, ricordo il kihon così semplicemente complesso, il kata ma il kumite mi è rimasto nel cuore per le parole di Maurizio che mi chiedeva di lasciar fare anche all’altro e io ho disatteso questa indicazione ero maturato “diversamente” Funziona p non funziona, è vero o falso e il mio kumite pur nei limiti della mia fisicità aveva uno scopo solo, prevalere sia nel fisico che nella mente, credo di esserci riuscito in quanto mi hanno promosso con il sorriso di Marangoni fuori della palestra.
Il karate oggi si appoggia sui giovanissimi atleti cosa ne pensa dei Baby corsi?
Penso quello che pensano tutti sono necessari per andare avanti e portare a casa, per i professionisti, la pagnotta. Poi se devo essere sincero il karate è solo per adulti consapevoli ma forse questo è rivolto al karate di un tempo.
Oggi c’è più professionalità, una professionalità voluta dal Maestro, oggi c’è una maggiore attenzione al mondo fanciullesco e adolescenziale, molti nostri tecnici, parlo in ambito FIKTA, sono laureati in scienza motorie e il loro apporto ha un valore assoluto per la propedeutica sia dell’allenamento che della pratica.
Professionista e professionale, questo è il futuro del Karate in quanto nel tempo perderà, gioco forza un po del suo aspetto “Marziale”. Questo verrà mantenuto solo se sapremo tornare e evolvere nella SEMPLICITA’ del gesto tecnico, se sapremo ancora sudare intelligentemente e se soprattutto ci evolveremo in ambito spirituale. Il Karate può essere un ottimo trampolino di lancio per la nostra parte spirituale e in questo periodo della mia esistenza mi sto attrezzando per raggiungere anche questo livello interiore.
Il karate e i ragazzi. Come era allora e come è adesso il rapporto fra il karate e i giovani praticanti? Di conseguenza, come è il rapporto fra il maestro e il suo allievo?
Come detto in precedenza oggi il “giovane” a 25 anni è ancora un bambino o un mini adulto per gli oggetti che possiede. Sono ragazzi viziati, la maggior parte, molti di loro pratica uno due anni e poi lascia oppure se resiste non crede fino in fondo di poter dedicare tutta la sua vita alla progressione in questa Arte. Magari fanno la nera, diventano pure istruttori ma poi…. Anche per una carenza culturale lasciano. Oggi tutte le associazioni si dedicano all’agonismo sfrenato, tutti hanno dei piccoli campioni, piccoli geni tecnici un grande lavoro di preparazione tecnica ma chi oggi nei propri dojo coltiva l’intelligenza, la sensibilità spirituale, quanti pensano all’individuo che vive dentro di noi? Pochi ma sono questi pochi che faranno la differenza. Quando il Karate approderà alle olimpiadi tutto cambierà non credo in bene per il karate, credo che questa nostra nobile arte dei mari del sud cesserà di esistere in quanto Arte Marziale. Dovremmo fare attenzione. Okinawa era ed è forse ancora la patria del karate tradizionale Shotokan compreso.
Il controllo una fantasia o una necessità di fronte alla mancanza di coraggio?
Il controllo esiste nel momento in cui applichi il KO se non c’è il KO tutto è finzione. In sintesi il controllo è un falso ideologico. Pure Yoshitaka provava ha provato in tempo di guerra uccidere con un colpo solo un essere umano ma a quanto ne so non ci è mai riuscito. L’efficacia esiste solo se viene dimostrata. Pertanto ritengo che il controllo possa essere maggiormente compreso e correttamente applicato nel momento in cui si comprendono fino in fondo le prorpie capacità.
Tecnicamente si potrebbe intendere "controllo" come una sequenza di forza a crescere nell'impatto con l'oggetto o l'avversario. Riuscire a dosare l'impatto con il 10% poi il 50% ...... oppure decidere a seconda del caso e delle necessità la propria volontà d'impatto.
Come spiegare, in poche parole, la frase: “il karate si pratica tutta la vita”? E’ ancora presente negli allievi e nei praticanti questo profondo concetto?
Il karate si pratica fin che interessa praticarlo. E’ una questione personale non concettuale. Concettualmente siamo tutti bravi poi c’è il lato pratico. Io continuo ad allenarmi!
Non so per gli altri io credo che il karate sia un amico con il quale fare anche l’ultimo percorso. Poi…..
Come vede il futuro del karate in Italia anche alla luce dell’evoluzione dei rapporti frale diverse realtà associative o federali?
Sono scettico io per una questione personale sto bene a casa mia. Come dissi al Maestro Shirai io ho solo una casa, si chiama FIKTA. Credo comunque che l’unione del karate sia il futuro stesso del karate, Il problema non è questo il problema vero, secondo me, è sapere se saremo in grado di mantenere la nostra identità per sempre come dice appunto la domanda precedente “il karate si pratica tutta la vita”.
Ai posteri l’ardua sentenza.
Davide Rizzo