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Giri, ovvero il senso del dovere
di Fabio Tomei per gentile concessione della rivista Yoi
義務 Giri è un concetto non così definibile o traducibile se si contestualizza la struttura sociale nipponica,sia dal senso estetico, nell’accezione filosofica del termine, sia dal senso storico.
Infatti è, allo stesso tempo, obbligo, dovere, o meglio, senso del dovere; ma anche cortesia (nel rendere il dovere) rispettabilità... ecco, se una persona riuscisse, contemporaneamente, ad essere tutto ciò, sarebbe permeata di Giri.
Tale sensazione, seppur distorta in qualche caso, è giunta anche qui, da noi, nel più profondo mondo marziale occidentale.
È quello che fa sentire quasi in obbligo (appunto) di scattare in militareschi atteggiamenti, gridare “Osu”, litigare per portare la borsa del Maestro ( O Sensei), riempire ogni frase con “Il Maestro ha detto così, il Maestro ha detto cosà”.

Ovviamente non è questo il senso profondo di Giri, anche se, alcune volte, assistiamo all’applicazione autentica di tale valore etico.
Qual è, allora, la più giusta accezione di questo concetto?
Qual è l’obbligo cui sentirsi legati, quale il senso di gratitudine da esprimere, e come tutto ciò possa poi risultare non artificioso ma autentico, reale, praticabile?

Sicuramente il primo dovere di ogni allievo (Seito) dovrebbe essere quello di non considerare il proprio Maestro scontato, nel senso che non è perché una persona la si conosce da tanto tempo il suo valore assoluto diminuisca, la familiarità non deve far venire meno la correttezza nei confronti di persone: insegnanti, docenti, maestri sicuramente più anziani e, nella maggior parte dei casi, con un grado più alto, cosa di non secondaria importanza nell’etichetta della convenienza sociale (Katai) o secondo i dettami del cerimoniale del mondo marziale (Budo no Reigi).

Il Giri, particolarmente nelle Arti Marziali, trova una sua espressione nell’accrescimento del “Ryu”, la Scuola! In questo sta il senso profondo, la crescita culturale, filosofica, morale, di un allievo è, di per se stessa, la stessa crescita del gruppo (inteso come scuola) e del suo Maestro (in questo caso Soke, Fondatore).

Far propri, inglobare, migliorare i principi, i concetti, i dogmi di un Maestro deve essere Giri per uno studente, e riportare questo in un proprio metodo di insegnamento, è una forma di rispetto, di Giri, verso il proprio Maestro. Ma il fatto stesso di divenire, a propri volta, Maestri non presuppone, automaticamente, il decadimento dell’effettiva importanza del proprio, di Maestro, in fondo si resta pur sempre figli finché il proprio padre è in vita, pur essendo noi stessi padri, ed il rispetto per il proprio padre, o la propria madre è il livello più alto di Giri nella storia dell’umanità.

Il proprio padre, o la madre, non saranno mai un uomo od una donna “come” gli altri, avranno sempre una sorta di “specialità”che li contraddistinguerà sempre agli occhi dei propri figli, pur con i limiti che il tempo pone con l’inesorabilità del suo scorrere. Non si può pretendere, non si deve, un’eterna comprensione da parte del Maestro, non si può pretendere aiuto da lui quando abbiamo bisogno e poi trattarlo come una qualsiasi altra persona quando quella necessità cessa.

Pur se di fatto molte volte lo è, il Maestro non è mai “ingombrante”, la sua esperienza, la sua capacità, la sua bravura, non possono essere condizioni che alzino un muro o che creino imbarazzo se qualcuno ancora non è in grado di “sostenere” il confronto con il Maestro.

Un Maestro non è mai, né deve mai, essere in contrapposizione con i suoi allievi, perché questo è il suo Giri: non c’è competizione con gli allievi, non c’è gelosia, non può esservi! Per lui sarebbe come essere geloso della propria immagine, i successi di un allievo sono i successi del suo Maestro (e di questo l’allievo, con il suo Giri, deve essergliene grato), ma, contemporaneamente, l’allievo anche se assurto al ruolo di Maestro egli stesso, non dovrà mai temere le potenzialità del Maestro.

Il Giri pretende, auspica, che al Maestro vada detto tutto, anche le cose che possano risultare scomode, poi starà a lui capire che tutto ciò nasce dal bene, dal rispetto, dal voler preservare, in una parola: dal Giri, e quindi starà a lui ascoltare i consigli dei propri allievi, perché saprà che provengono da chi più nutre rispetto, affetto e amicizia verso di lui.

In poche parole non si può divenire “Grandi” soltanto affrancandosi dall’”Ombra” (Kage) del Maestro, è vero l’esatto contrario: si diviene “grandi” nel suo nome, cercando di mantenere, migliorare e portare al numero massimo di persone i suoi principi, il suo metodo, questa sarebbe l’elevazione massima di Giri, non si conosce nessun Grande Maestro che non abbia avuto e rispettato il suo Maestro...

Tutto questo nasce dalla pratica, dal vivere, dal mangiare, dormire insieme, “io sono l’allievo di... non è, non può essere solo una frase, è un cordone che nasce dalla prima lezione e non viene tagliato, mai più!

Osu
Fabio Tomei