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Articoli sulla via del Goshindo - www.goshindo.eu
Visti da "fuori" Mestre 6 Maggio 2009
Non è una novità ormai, il nostro  Maestro riesce sempre a fare degli splendidi regali ai suoi allievi e quest’anno a me ha fatto un regalo speciale per il compleanno: lo stage a Mestre col Maestro Hiroshi Shirai.

Fino all’ultimo speravo di potervi partecipare, ma la mia abilità col Goshindo non è ancora ottimale per un appuntamento del genere, sarà per il prossimo.

Non sono da sola in questo pomeriggio, c’è a farmi compagnia Giuseppe,un nuovo allievo che ha già praticato anni fa e con cui è piacevole il confronto del Karate ieri ed oggi; ci troviamo verso le 17.00 davanti al Pacinotti e inizia l’avventura per reperire un parcheggio, in attesa che arrivino le persone.
Arrivano i primi e qualcuno lo conosco qualcuno no; noi  aspettiamo l’arrivo del Maestro Shirai che si presenta sempre con la sua cordialità e disponibilità a rispondere alle domande dei partecipanti ai suoi appuntamenti.
Non è difficile capire quando arriva basta seguire il gruppo che gli si forma tutt’attorno e che allunga la mano per salutarlo e che gli fa subito dopo largo per vederlo dimostrare tecniche e posizioni, che qualcuno di certo richiede per risolversi un dubbio.

Giuseppe esclama: ”Quanto è cambiato in questi 23 anni, da quando l’ho visto io!” Per lui l’emozione è di certo diversa da quella mia, che è data dal poter vedere esperienza, costanza e amore per la disciplina unite dal rigore di una pratica costante negli anni.
Lui è l’incarnazione degli insegnamenti che ci vengono dati durante le lezioni, l’atteggiamento mentale che si esprime nel fisico. E’ uno spettacolo che si coglie solo vedendolo, è come l’alba o il tramonto: non rende la sola descrizione devi viverli per emozionarti, e gli stage del Maestro Shirai fanno lo stesso effetto.

Torniamo alla cronaca di questa serata, dunque è arrivato! Lo hanno già attorniato e lui ha già risposto ad alcuni quesiti; ora vanno tutti agli spogliatoi, l’aria si carica di emozione e ci si saluta con cordialità, dà un senso di leggerezza vedere  volti  che conosci quando sei in un contesto così “grande”.
Qualcuno mi chiede perché non partecipo, mi dispiace dire che non sono ancora pronta, è vero anche che ho già partecipato ad alcune giornate così…. C’è un tempo per ogni cosa e questo non è ancora il mio. Giuseppe chiede un paio di volte quando iniziano ad allenarsi, sembra fremere dalla curiosità di vedere il Maestro Shirai all’azione.

Accontentato, Tutto tace e lui entra, Fanno ginnastica e il nostro Maestro si pone in prima fila per carpire ogni insegnamento che gli venga dato, non perde mai l’occasione di imparare.

Saluto e poi iniziano con le dimostrazioni di cosa si farà, due gruppi che lavorano in momenti alternati a secondo del loro livello di conoscenza, uno spettacolo tutto da guardare: l’attenzione mira ai movimenti dei singoli che a tratti sono un’unica onda ( e non perché cadenzato, ma perché vissuto come un gesto che appartiene a quel gruppo) e a tratti sono investiti dal pensare a cosa fare,
Certo di vedere nei loro movimenti quello che ho imparato e capisco che per l’ennesima volta ha ragione il Sensei, non avrei retto. Persino il gruppo composto da chi conosce meno il Goshindo ne sa più di me.
Si lavora con concentrazione un gruppo alla volta e tra uno e l’altro momento si ripassa per dopo fare ancora meglio, per capire e non sbagliare, ci si confronta.
Io e Giuseppe osserviamo attenti, silenti, cerchiamo di capire; solo ogni tanto ci scambiamo alcune parole su quello che cogliamo, facciamo un piccolo confronto tra loro e noi, cerco di visualizzare azione e reazione che porta la tecnica al suo interno, non ci riesco sempre – è un modo anche questo di misurare la propria padronanza sulla disciplina-.

Ogni volta che il gruppo di “adulti” si ferma per far lavorare il secondo mi ritrovo davanti quelli che ripassano e perdo la visione del lavoro, peccato.

In quel gran lavoro c’è una grande energia e voglia di fare, qualcuno si perde nell’enorme numero di tecniche da eseguire in sequenza, si chiede di fare due – tre kata in sequenza ininterrotta , su qualcuno vedo un po’ di perplessità, altri sono troppo veloci, altri si bloccano e cercano di ritrovare il ritmo il passo successivo ma nessuno cede mentalmente: è questo il punto forte che li lega.

Poi si passa alle applicazioni, tutt’altro modo di vedere e vivere il karate, il confronto a due ha una dimensione concreta del lavoro, c’è il contatto con l’altro, c’è il mettere in pratica.

Il Maestro Shirai finora ha corretto alcune posizioni, e mi chiedo come faccia a vedere tutto, loro sono molti e lui è solo; è una domanda che mi sono già fatta tempo fa e a cui trovo una sola risposta: esperienza, ma non mi soddisfa del tutto.

È tardi per me e devo recarmi a prendere il treno; provo un po’ di amarezza a lasciare quel posto senza vedere cosa accadrà alla fine, mi dispiace anche far venire Giuseppe che mi deve accompagnare; mi sento un po’ in colpa.

In macchina abbiamo parlato di quanto affascini questa disciplina e di come è cambiato il modo di porsi verso essa da parte dei Maestri e degli allievi, abbiamo due idee diverse in merito.
Concordiamo su una cosa però in quella sala c’è stato un’elevato livello di energia e si sono viste persone che sapevano stare dov’erano.

Quel pomeriggio mi ha messa in una posizione fantastica, seduta a osservare ciò che finora da dentro ho solo visto in parte, è stato proprio un bel regalo, oss Maestro.
Monica Ceolin

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