Intervista al Kyoshi Pietro Costa Di Michele Gambolo Web Site
Il 16/07/2011 di ritorno in macchina dallo stage nazionale di Lonato ho chiesto al M° Costa di potergli rivolgere alcune domande sul Goshin-Dō.
Pietro Costa è uno dei tre Maestri fondatori nel 2009 della ASD Hakuyukai di Milano, insieme al M° Shuhei Matsuyama e al M° Livio Esposito.
Egli ha iniziato nel 1973 la pratica del Karate Shotokan Tradizionale. Nel 1980 diviene allievo del M° Hiroshi Shirai presso lo storico dojo del Fuijyama di Milano. Da allora segue il Maestro Shirai con assidua continuità. Oggi Pietro Costa ha la qualifica di Maestro FIKTA con il grado di 6° dan e quella di Kyoshi di Goshin-Dō.
MG: “Pietro ricordi quando il M° Shirai ha incominciato a proporre la pratica del Goshin-Dō?” PC: “Era il 1985 ed ero già allievo del M° Shirai. Mi allenavo con lui presso il Fujiyama di Milano, praticando il Karate Tradizionale Shotokan.
Un giorno il Maestro disse a tutti che avrebbe introdotto una pratica di allenamento alla difesa personale, il Goshin-Dō appunto. Non importava il grado raggiunto, anche chi era già secondo dan, terzo dan, etc. doveva ricominciare daccapo.”
MG: “Il Maestro, dopo avere comunicato l’inizio di questa nuova pratica ha spiegato quali erano le relazioni con il Karate Tradizionale che stava già insegnando? Quanti eravate all’inizio e come era strutturato l’allenamento?” PC:“Io avevo da poco conseguito il 3° dan di Karate Shotokan. Il Maestro mi permise d’indossare la cintura nera, ma chiarì da subito che dovevo rifare l’esame per cintura nera di Goshin-Dō.
Molti miei compagni letteralmente fuggirono alla sola idea di dovere ricominciare di nuovo. Fu così che rimanemmo in pochi. Ai primi stages organizzati di domenica non eravamo più di trenta, quaranta persone. Poi nel tempo siamo cresciuti sempre di più fino ai numeri attuali, come anche tu hai potuto vedere oggi.
Inizialmente ci allenavamo con un kihon di nove tecniche eseguito guardia sinistra e destra (omote e ura), avanzando e indietreggiando tre passi, contenente: gyaku-tsuki chu dan, oi-tsuki jo dan, mae-geri, jo dan arai-uke, chu dan arai-uke, uchi komi, gedan barai, arai kakewake-uke tsukami-uke ren-tsuki, gedan barai ren-tsuki mae-geri oi-tsuki (jun-tsuki).
Come kata il Maestro introdusse: Goshin Taikyoku ichi, ni e san, oltre a Goshin Tokon.
Questo era il bagaglio tecnico che bisognava conoscere e dimostrare di sapere applicare per il livello di primo dan. In seguito fu introdotto il kata Enka. Per circa vent’anni abbiamo studiato, praticato e allenato questi cinque kata.”
MG: “Per quanto concerne la posizione di goshin dachi, il Maestro cosa diceva?” PC:“Il Maestro sin dall’inizio insisteva sulla postura dritta della schiena e sulla posizione dei piedi che dovevano stare ai vertici opposti di un quadrato, come se fossero due delle gambe di una sedia o gli angoli di una piramide regolare a base quadrata.
In larghezza la distanza era circa quella delle spalle e in lunghezza si doveva tenere lo spazio di due piedi, in modo da avere una posizione comoda dentro la quale trovare l’affondo di tutto il corpo verso il suolo, per ottenere il miglior contatto con esso e avere la compressione necessaria a partire con una tecnica eseguita alla massima velocità, terminando in una posizione leggermente più lunga di un piede in avanti.
MG: “Perché il Maestro fa allenare tutte le tecniche a una velocità molto lenta, a volte quasi-statica?” PC:“Per il Maestro una tecnica può essere eseguita velocemente solo dopo averla praticata almeno cento volte molto lentamente, fino a che non si trova la giusta sinergia tra contrazione, equilibrio, respirazione e uso della rotazione dei fianchi. Questo approccio di studio e pratica delle tecniche, l’ho sentito ripetere dal Maestro in continuazione come un mantra a ogni allenamento.
Devo dire che così ogni tecnica diventa propria ed è interiorizzata fino al punto in cui il suo utilizzo a velocità reale diventa spontaneo e naturale.”
MG: “Mi hai detto che inizialmente si praticavano cinque kata. Quando sono stati introdotti gli altri cinque che compongono la griglia attuale?” PC:“All’origine l’associazione nella quale eravamo riuniti si chiamava Goshin Karate-Dō. Con la morte del M° Kase l’associazione si è ristrutturata passando all’attuale denominazione di Associazione Culturale Hiroshi Shirai Goshin-Dō.
Il M° Shirai continuando il lavoro di studio e di ricerca iniziato già ai tempi del corso istruttori in Giappone ha elaborato tre kata con tecniche prevalentemente a mano aperta che ha voluto dedicare al M° Kase, oltre ad altri due kata a completamento del gruppo di base dei Taikyoku e al kata più complesso Enka che rappresenta la sintesi dell’impiego di svariate tecniche del Karate-Dō secondo i principi del Goshin-Dō.”
MG: “Vedo che hai la tessera di Goshin-Dō numero 8. Negli anni hai praticato il Karate Shotokan Tradizionale insieme al Goshin-Dō, quali sono i punti di contatto tra i due?” PC:“Attraverso il Goshin-Dō ho capito come perfezionare lo Shotokan. La posizione breve, solida e vigile dalla quale si possono raggiungere le forme più allungate dello Shotokan, permette di avere un equilibrio naturale, più facile da mantenere, nel quale trovare la soluzione adeguata per sviluppare la propria difesa.
La pratica della tecnica attraverso una forma più libera, consente nel momento della difesa di prescindere dalla tecnica stessa.
Questo è il reale fine dell’allenamento per l’autodifesa. Quindi il Goshin-Dō non è che un modo di studiare e allenare il Karate Shotokan, ricercando la massima efficacia”
MG: “Quindi è corretto affermare che il Goshin-Dō mette in pratica le tecniche del Karate Shotokan ricercando il miglior rendimento nell’applicazione? Mi pare che i bunkai di tutti i kata del Karate Shotokan che il Maestro ha proposto in questi ultimi anni contengono il frutto della ricerca elaborata con il Goshin-Dō …” PC:“Certamente! La tecnica contenuta nei kata resta importante perché è la matrice attraverso la quale il Karate Shotokan Tradizionale si può trasmettere nel tempo, senza perdere la sua identità. L’applicazione invece è un’altra cosa. Essa è sempre soggetta a studio e nuova elaborazione per ricercare lo scopo dettato dai principi fondamentali della nostra arte. Allora il Goshin-Dō non è altro che il percorso seguito dal M° Shirai durante tutti i suoi anni di pratica.
In questo caso il Goshin-Dō ha contribuito a conferire potenza ed efficacia all’applicazione dei kata.
Credo sia per questo motivo che il Maestro ha deciso di proporre a tutti i maestri che lo seguono l’introduzione dell’insegnamento del Goshin-Dō. In questo modo diventa più facile capire e comprendere i bunkai, di conseguenza si migliora lo studio dei kata.
Comprendendo a fondo il contenuto dei kata si arriva all’essenza del Karate Shotokan!!! Il Maestro ci sta facendo un grande dono, una chiave per comprendere il Karate Shotokan … frutto di una vita dedicata al suo studio e alla sua pratica.”
MG: “Pietro, fino a ora si è parlato di tecnica del Goshin-Dō, ma mi pare che il Maestro dia altrettanta importanza all’allenamento dello spirito. Cosa mi puoi dire a riguardo?” PC:“Guardandomi indietro devo dire che il maggior insegnamento ricevuto dal M° Shirai è stato verso la parte interiore del mio corpo. Fin dall’inizio il Maestro ha sempre spronato ad affrontare l’allenamento e la vita stessa con forza e costanza nello spirito. Grazie alla sua capacità e insistenza riusciva ogni volta a trasmettermi qualcosa. Ricordo che mi capitava di avere momenti critici o deboli, mi sono sempre allenato e li ho messi alle spalle dando il massimo e uscendo dalla palestra soddisfatto.
Come per il Karate Shotokan lo spirito è ciò che fa la differenza tra l’arte marziale e l’attività sportiva. Attraverso la pratica costante della tecnica si arriva a formare la consapevolezza interiore di saperla utilizzare. Il Maestro spesso varia i modi di praticare la tecnica, addirittura insegna a noi maestri nello stesso periodo bunkai leggermente diversi. Il suo scopo è quello di mantenere un atteggiamento mentale sempre pronto a cogliere il mutamento, per avere la capacità di elaborazione in condizioni sempre mutevoli. Lo spirito si appiattisce con l’abitudine! L’abitudine non rispecchia la realtà.” MG: “Il M° Shirai sicuramente sta guardando molto avanti, come credi che intenda sviluppare l’insegnamento del Goshin-Dō?” PC: “È chiaro che con lo sforzo di questi ultimi tempi il Maestro vuole offrire con il Goshin-Dō un completamento dello Shotokan, così come lo ha appreso dai suoi Maestri. Per un certo periodo molte tecniche si sono perse a causa dei regolamenti di gara e delle competizioni. Con il Goshin-Dō si sta recuperando quella parte di bagaglio tecnico del Karate Shotokan Tradizionale che è sempre esistita e che rischiava di perdersi.
Inoltre il Goshin-Dō offre una possibilità di pratica aperta a tutte le categorie d’individui, giovani, anziani, donne proprio per favorire una cultura di attenzione alla propria persona adeguata a ogni età e sesso. Una grande apertura verso tutti coloro vogliono avere cura di sé stessi per tutta la vita.
MG: “Per concludere, mi puoi raccontare qualche aneddoto dei primi tempi?” PC:“Non posso dimenticare i primi stages che avevano una durata minima di dieci ore. S’iniziava alle otto della mattina per terminare alle sei di pomeriggio. A metà dell’allenamento non sentivo più le gambe e alla fine mi sembrava che i piedi fumassero! Mi allenavo sempre con il M° Dino Contarelli (come oggi del resto …). Eravamo al centro a provare e riprovare tutte le sequenze di kihon, kata e bunkai che il Maestro impartiva, fino allo sfinimento e … quando sembrava che non ce la facevamo più il Maestro ricominciava a farci ripetere tutto da capo, ancora, ancora … ancora fino a quando non pensavamo più nulla.
Dal momento in cui non pensavamo più andavamo sempre avanti e, finite quelle dieci ore che sembravano interminabili, volevamo ricominciare di nuovo. L’entusiasmo della voglia d’imparare di confrontarci era più forte della fatica! Il pensiero di non farcela e di smettere veniva a tutti noi, quando riuscivo a superare quel momento e andare avanti era sempre una gioia e un’emozione l’essere riuscito ad affrontare le dieci ore di allenamento.
I primi che si allenavano con me erano Dino, Eligio ed Emilio Contarelli; Bonizzoni; Petrilli; Rausa; Caiazza; Meloni, questi quelli che ricordo, non eravamo molti di più.
Oggi siamo veramente in tanti!”
MG: “Pietro ti ringrazio per la disponibilità, OSS!” PC:“Prego, grazie a te per avermi dato l’occasione di ricordare alcuni tra i momenti più belli della mia vita. OSS!”.