Una vita per il karate do LA REGOLA DEL 9 Non è la formula matematica scolastica, la così detta prova del 9, è il numero che il maestro Hiroshi Shirai usa spesso, come uno dei suoi strumenti didattici. Verso i 90 anni e perché no con prospettive 99 e 108!
Ritengo che un’intervista, in diretta, con il “maestro dei maestri”, Hiroshi Shirai (classe 1937) sia non solo un privilegio ma qualche cosa in più.
E per chi conosce bene il maestro Shirai non può che convenire su questo concetto personale.
Parlare del maestro Shirai vuole dire parlare di colui che ha creato e reso grande il karate italiano nel mondo, portandolo a livelli altissimi.
Shirai arrivando in Italia invitato da Roberto Fassi (1935/2001) e accompagnato dal maestro Taiji Kase (1928/2004), nel 1965, portò il Giappone, l’etica del dojo, il fascino di cose a noi ignote.
Il maestro Shirai mi ricorda “Io sono venuto in Italia non per insegnare la tecnica, bensì i principi che stanno dietro la tecnica” e aggiunge, “Ho appreso la pratica del karate dal maestro Masatoshi Nakayama (1913/1987), la pace e la costanza dal maestro Taiji Kase 81929/2004), la tecnica dal maestro Hidetaka Nishiyama (1928/2008), mentre dal maestro Gichin Funakoshi (1868/1957), che ho potuto vedere poco, in quanto nei suoi ultimi anni veniva raramente al dojo, ho imparato l’amore. Il maestro Funakoshi trasmetteva amore con il suo sguardo, con il suo modo di parlare …”.
La premessa di questo articolo nasce durante lo stage dell’Istituto Shotokan Italia – Ente Morale di Bellaria – Igea Marina (1-2 settembre), in modo del tutto fortuito, discorrendo del più e del meno a tavola con il maestro Shirai, il presidente e il segretario generale Fikta Gabriele Achilli e Giuseppe Perlati, insieme al maestro Marco Pocaterra, da oltre quarant’anni suo allievo diretto, tra l’altro presidente della nuova associazione culturale denominata “Shirai Hiroshi Kiwame”.
Sul parquet/tatami di Bellaria, il maestro Shirai, preso da una sua visione, rivolgendosi verso gli alti gradi convenuti allo stage esprime parole di elogio alla mia persona:… “Bertoletti ci conosciamo da 50 anni. Grazie per il lavoro che fai con ‘Samurai’, che ogni mese mi mandi personalmente. Quando ti ho consigliato di aggiungere alla tua testata ‘bushido’, hai subito compreso l’importanza e ti sei impegnato”.
Osservo i visi degli astanti e noto qualche interrogativo (?), su questo Gsb sempre nell’occhio del ciclone… un giornalista che non scende a compromessi e va per la sua strada.
Per dover di cronaca dobbiamo fare un doverono passo indietro di quasi “mezzo secolo”, che se non di gloria, come un titolo di un film di Orson Wells (1915-1985), certo di impegno e professione…
“Shirai Hiroshi Kiwame”
Appuntamento con il maestro Hiroshi Shirai e Marco Pocaterra, in un ristorante nipponico a Milano.
Blocco e penna, come dicono i giapponesi “bun bun ryodo” che sì potrebbe configurare in “penna e spada”… e andiamo al sodo: maestro Shirai cosa intendi con ki-wa-me?
Ki= energia “E’ la terza grande componente del budo; con ki non si intende l’aumento della forza fisica, ma l’accesso alle energie vitali insite nell’uomo tale accesso è garantito sotto i presupposti della giusta pratica”.
Ki è alla sua origine cinese secondo l’impulso originale della vita, la forza che dona la vita, mantiene in vita e si conserva in vita.
In tutte le altre culture della terra, questa forza è conosciuta con concetti diversi (nel patrimonio filosofico occidentale il concetto di “prima” è quello più vicino ad esso)
I cinesi hanno padroneggiato, meglio degli altri popoli della terra, l’accesso a questa fonte vitale nelle pratiche taoiste del ch’i kung. Già nella svolta dei tempi erano noti negli esercizi della dottrina del movimento e della respirazione, per controllare ed imparare a guidare questa forza nell’uomo nella tradizione taoista.
Questi esercizi furono ampliati nel corso dei secoli nei loro diversi aspetti; ad esse appartengono anche le arti marziali
Wa= significa armonia, pace ma evoca molto di più “Wa è tutto ciò che è mite, sereno, moderato, ma è anche tutto ciò che è giapponese. Tramite il wa il cui significato può essere bellezza, la gioia e il senso civico, si costituiscono con grande impegno, attraverso un lavoro continuo su sé stessi, improntando la pazienza, senza e mai a discapito degli altri”.
Siamo entrati nell’era Reiwa il primo maggio del 2019 con l’Imperatore Naruhito che ha commutato il periodo Heisei in Reiwa. Letteralmente “rei” rappresenta la bellezza (per noi il saluto) e “wa” l’armonia, quindi siamo entrati in un nuovo periodo che si potrebbe chiamare “la cultura nasce e cresce nell’unione dei nostri cuori attraverso la bellezza (ndr)”. “Arricchisce la nostra vita quotidiana con la pace, bellezza, armonia e benessere”, sentenzia il maestro Shirai.
- “Me”, non c’è un traduzione precisa su questa parola nipponica se non legata a qualche altro particolare interpretazione. “Penso che ‘me’ indichi un contenitore dove inserire tutte le più importanti esperienze maturate durante la propria vita e pratica”
Leggo i punti salienti dell’atto costitutivo, che fanno parte dell’atto notarile del 21 giugno che sancisce la nascita della “Shirai Hiroshi Kiwame”. “Kiwame è un’associazione culturale e si ispira al fine di perseguire il bene comune, elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e di protezione sociale, favorendo le partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della personalità”.
Prosegue con: “Questo pensiero è stato codificato dal maestro Hiroshi Shirai come insegnamento ai suoi allievi, in forme e comportamento (kata), in modelli di pratica, da lui creati e denominati: taikyoku, tokon, henka, taihei, shuto, kaishu, fudo, taida, oyo kobo kun ren. L’associazione intende promuovere una ‘via di pace’, proponendo ai propri associati di dimostrare di seguire i suoi principi cardine per un miglioramento personale e per un fattivo contributo al miglioramento della società.
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Questi principi sono: - shin (credere in sé stessi e in quello che si fa, sincerità), - ai (amore universale, amare tutti, amare la natura e il pianeta), - jin (spirito amichevole, gentilezza, fraternità e serietà), - toku (virtù, pensiero positivo, usare solo parole positive, fare cose che siano bene per gli altri), - ghi (rettitudine, rispetto, non dimenticare chi ti ha aiutato), - chu (servire dal cuore una persona, non tradire gli altri, fedeltà), - ko (cortesia, servizio massimo per i genitori), - yu (energia mentale ki, coraggio, non aver paura di morire), - jyou (dare agli altri, altruismo, carità), - nin (grande pazienza quando si deve superare una difficoltà, ‘un cuore che ferma l’estrazione della spada’).
Il modo in cui un uomo o una donna vivono i 10 principi sopra indicati deve essere ‘Kiwame’, che significa ‘andare fino in fondo all’estremo’ con tutta la propria energia di spirito, mente e corpo. fatta questa strada l’uomo può raggiungere una comprensione e una migliore conoscenza del concetto di ku (pieno-vuoto).
Sarebbe, tuttavia un errore storicamente e politicamente grave concludere che chi ha cercato strade diverse abbia scelto il cammino della correttezza e sia di espressione di limpida coerenza.
In realtà i metodi, le logiche, le strategie, con cui altri hanno cercato di prevalere sui sedicenti cultori della tradizione, non sono stati certamente ispirati da limpide intenzioni di correttezza formale e sostanziale.
Ma proprio questo alternarsi di vicende, in un intreccio spesso caotico ed imprevedibile, costituisce l’aspetto romanzesco della storia; i cui capitoli hanno avuto versioni diverse, scritte, come sono state più di una volta, da penne guidate da interessi mirati a manipolare la realtà secondo necessità e contingenze.
Maestro perché hai inserito il tuo impegnativo nome (e proprio secondo la tradizione giapponese prima il cognome e poi il nome) nella tua nuova associazione? “Una scelta molto precisa, cosa che non ho mai voluto nel passato né con l’Aik (presidente Pini Vassallo), la Fesika (presidente Giacomo Zoia e seguire Elia Fugazza), la Fikta e l’Isi Istituto Shotokan Italia – Ente Morale (presidente Gabriele Achilli), la Sci Shotokan Cultural Institute (presidente Carlo Fugazza). Scelta che ho determinato pienamente. Questa è la mia ultima e più importante creatura; oltre sei decenni di pratica mi hanno portato a delle riflessioni non solo tecniche, ma soprattutto filosofiche. Caro Spartaco, ho iniziato il mio studio personale di goshin karate do con Aigk, poi diventata Goshindo Italia (1995-2005)” (presidente Marco Pocaterra, che è stato anche presidente di Jka Japan Karate Association Italia, dalla sua costituzione nel 1997 alla separazione tra il maestro Hiroshi Shirai ed il maestro Takeshi Naito 2005 ndr). Il Maestro Shirai prosegue: “A fine 2005 ho capito che il lavoro che dovevo fare era quello di costruire le basi per una continuità futura, che mantenesse la il mio studio e la tradizione fuori dalle regole e dai condizionamenti delle federazioni, ed ho deciso di avviare Hiroshi Shirai Goshindo, come direttori tecnici ho avuto due dei più bravi maestri italiani: Hanshi Dino Contarelli e Hanshi Claudio Ceruti, Marco come Presidente. Agli inizi di quest’anno, ho sentito che questa associazione, dopo diciotto anni (due volte nove ndr). aveva raggiunto il suo scopo, ma che avevo ancora qualcosa di importante da insegnare, da dare a chi vuole stare con me. Non ero riuscito a far capire a tutti, anche ad alcuni miei allievi di alto grado, il significato e l’obbiettivo del mio studio. Per questa ragione ho deciso di chiudere Hiroshi Shirai Goshindo e di costituire Kiwame Kai, che intendo diventi una scuola di specializzazione per livelli elevati di tutto il karate tradizionale in cui i principi siano i fondamenti della tecnica. Claudio Ceruti è il Direttore Tecnico ed è coadiuvato dai miei migliori Kyoshi, tutti Maestri del livello più avanzato. A Marco Pocaterra, che per me è come un fratello, ho chiesto di essere ancora il Presidente, perché mi ha sostenuto più di tutti nel dare vita a questa mia nuova associazione”.
Il decalogo del maestro, inserito nell’atto costitutivo è preciso: “promuovere lo studio, la tutela, la conoscenza e la valorizzazione del pensiero del maestro Hiroshi Shirai rivolto alla creazione di un sistema di pratica di ‘spirito/mente, tecnica e corpo’ (shin – gi – tai), basato sulla sua esperienza di oltre sei decenni di maestro di karate tradizionale shotokan e goshindo”.
Il maestro Shirai, esprime un ulteriore principio: “Vedi Giacomo Spartaco in tanti anni io e te non abbiamo mai avuto controversie. Rispetto e stima hanno caratterizzato il nostro rapporto anche quando le posizioni erano differenti. Kiwame vuole essere il principio di una nuova era, promuovere una via di pace, di amicizia e per quanto possibile di felicità. Tutti possono ritornare a praticare con me senza esami, senza tessere, senza fare pubblicità. Non faremo stage, saranno degli incontri. Quando dico tutti desidero dire proprio tutti!”.
Sottolineo anche i sensei Masaru Miura e Takeshi Naito? “Certo che sì! Forse non saremo in tanti, ma non sarò io a mettere i limiti”. “Noi ci parliamo. Ognuno ha fatto le proprie scelte ed io sempre ho augurato a loro e così agli altri che hanno cercato ‘nuove strade’ o ‘strade diverse’; successo e felicità. Con questa mia scelta taglio gli impedimenti di chi vorrebbe praticare con me ma non può per via delle diverse associazioni, o perché non riesce ad abbandonare i fantasmi del passato. Per essere felici bisogna essere in pace. Ki wa me è aperta a tutti è la casa di tutti! Basta volerlo”.
Una ricerca che si può esprimere con shu-ha-ri.
E’ noto che, come diceva Voltaire (pseudonimo di François-Marie Arouet 1694/1778): “il tempo è galantuomo”.
Prima del commiato, porgo ai miei ospiti, al maestro Shirai e all’amico Marco la ristampa del libro “Manuale di karate” realizzato dello scomparso Franco Franchi – segretario generale Fesik – e realizzato nel 1976.
Maestro questa ristampa è stata caldeggiata del maestro Giuseppe Perlati (tra i soci fondatori di Shirai Hiroshi Kiwame ndr). Un giorno me ne ha parlato ed ho preso al “balzo” l’idea!
Penso che questo libro debba trovare un suo giusto spazio in ogni libreria dei praticanti di karate. “Solo tu Giacomo Spartaco potevi fare una cosa così nobile. Devi firmarmi la copia con la data. Qui ci sono i miei principi di ieri che si collegano a quelli di oggi di Kiwame”
Marco mi suggerisce di promuovere questo libro all’interno della Fikta, per far conoscere l’opera prima della storia del karate italiano secondo lo spirito, shin, del maestro Shirai. Chissà!
Siamo alle ultime battute, il maestro è in grande forma: “vedi questo è il mio shikodachi, sempre forte, riesco a rimanere cinque minuti in questa posizione. Tutti i budoka devono praticare in shikodachi, tecnica di base dei sumotori – la lotta degli dei. Presto organizziamo una trasmissione in tv con tua ‘la voce di Samurai’
Rifletto: i miei delatori non ne saranno felici, ma una cosa cambia alla mia età… mushin, wuxin in cinese, senza mente!
Il concetto di “shu ha ri”
Lo Shuhari (守破離?) è un concetto delle arti marziali giapponesi che si riferisce alle fasi di apprendimento che conducono alla padronanza di una tecnica o di una materia.
Shuhari può essere tradotto approssimativamente in "mantenere, cadere, staccarsi" e si divide in tre fasi:
shu (守? "proteggere", "obbedire") – saggezza tradizionale – apprendimento di fondamenti, tecniche, proverbi:
in questa fase iniziale gli studenti seguono esattamente gli insegnamenti di un maestro..
ha (破? "distacco", "divagazione") – rottura con la tradizione – distacco dalle illusioni di sé:
a questo punto gli studenti iniziano a diramarsi.
ri (離? "lasciare", "separare") – trascendenza – non ci sono tecniche o proverbi, tutti i movimenti sono naturali e diventano tutt'uno con lo spirito senza aggrapparsi alle forme; trascendendo il fisico:
Mushin Il termine contiene un carattere che rappresenta la negazione: (無), seguito dal carattere che rappresenta il cuore e la mente: (心). Il termine è ridotto da Mushin no shin (無心 の 心), un'espressione Zen che significa la mente senza mente. Vale a dire, una mente non fissata o occupata da pensieri o emozioni, e quindi aperta a tutto.