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Intervista al Maestro Shirai
di Marco Gregoretti

Che ci crediate o no, il grande Maestro del Karate legge nel pensiero (compreso quello dell' inviato di GQ) e sente attraverso i muri. Come fa? "Tutti ci possono riuscire, basta svuotare la testa ed essere umili" Le città bisogna davvero conoscerle. Quanti sanno, per esempio, che il cortile nascosto dietro un anonimo portone in Via Friuli 65, a Milano, è attraversato tutti i giorni da uno degli uomini più incredibili, più sorprendenti, più "super potenti" del mondo?
Il suo nome è impresso nella discretissima targa di una palestra: Hiroshi Shirai. Per chi pratica le arti marziali, e in particolare il karate tradizionale del Maestro Funakoshi, è il quasi irraggiungibile Maestro dei maestri, tanto che mi sembra banale ricordare il suo grado:cintura nera, nono dan (ma è anche secondo dan di kendo e di chissà quant'altro).
Nono dan, per intenderci, significa che pratica con costanza il karate, in media quattro ore al giorno, da almeno 44 anni. E che il suo pugno, di un uomo con un fisico apparentemente normale, corrisponde ala forza di mille chili che ti vengono addosso. Il Maestro Shirai ha 63 anni: è nato a Nagasaki nel 1937 ed è potuto diventare quel che è diventato anche perchè "il giorno che gli americani sganciarono bomba atomica, avevo otto anni, mi trovavo a 49 chilometri di distanza, così mi sono salvato".

Hiroshi Shirai non vuol dire semplicemente karate, arti marziali. Il suo è un mondo fantastico che le parole non bastano a spiegare. Un mondo che racchiude dignità, forza, agilità, istinto, intelligenza, potenza del pensiero, costanza, volontà, bontà, generosità. E anche molta durezza. E silenzio.

Come dire, è il mondo dei samurai, dove ci sono uomini che riescono a fare cose che per la maggior parte degli altri sono impossibili. Un mondo di superpoteri, popolato da persone severe e umili allo stesso tempo. Altrimenti non si potrebbe spiegare questo piccolo fatto: quando Shirai è venuto in italia con il grande Maestro Kase, il 26 Ottobre 1965, doveva fermarsi solo sei mesi: "E invece non me ne sono più andato. Per amore dei miei allievi".

Ecco perchè l' incontro che ha eccezionalmente concesso per questo articolo è stato emozionante: io sono un allievo di un suo allievo.
Quando apre la porta, scalzo, nel suo karate-di bianco lindo, senza scomporsi minimamente davanti ai fari e al gruppo elettrogeno del fotografo, si capisce subito chi è: un unico blocco di granito con due fessure al posto degli occhi, uno sguardo che attraversa da parte a parte e che incenerisce qualsiasi difesa. Sorride.. Ho come la sensazione che il suo sguardo mi accarezzi il cervello, arrivando quasi ad anticipare il mio pensiero.
La piccola palestra ha il parquet lucido e pulito.

"Forse meglio togliere scarpe", dice, confermando che l' italiano è una lingua per lui ancora lontana dal verbo dei samurai. Ma non ho dubbi, ti legge nel pensiero. sarà suggestione, fatto sta che alla prima domanda ha risposto con l' unico esempio che poteva usare per andarmi diritto al cuore.

"Maestro" , gli chiedo, "a cosa serve il karate?". Breve sorriso. Sguardo che si ferma dentro i miei occhi.
Risposta: "Ad avere meno incidenti in macchina".
Ma come? La mia vita è stata segnata da un incidente in macchina: quello nel quale, quando avevo dieci anni, perse la vita mio padre.

Senza perdermi in meandri psicoanalitici, vorrei dire che," da grande" ho collezionato una serie di incidenti e tamponamenti da record. E che, da quando pratico il karate, la domanda che mi faccio più spesso è, guarda caso:" In questi ultimi anni sono diminuiti i miei incidenti d' auto?". Forse sì.
Ma proprio questo esempio doveva farmi?, penso mentre il Maestro va avanti nella sua spiegazione: " Chi fa karate ha meno incidenti. Pericolo sempre in vista. Lui sempre in guardia. Lui immaginare cosa può succedere Chi può esserci dietro muro. Cosa volere fare avversario. In questo senso karate insegna qualcosa che altri non sanno. Tu immagini il tuo avversario anche quando sei solo che fai kata (sono le forme, armoniche, dei combattimenti contro più persone ecc... ndr)."

Mi domando, un po emozionato, cosa significhi questo se non leggere nel pensiero. Sen No Sen, dicono i maestri di karate: prima del prima. capire che il tuo avversario sta per pensare di colpirti. E colpirlo, magari come ti avrebbe colpito lui. Non è un superpotere?
Maestro, ma lei sa che può fare cose che sembrano impossibili, appunto come il Sen No Sen? Lasciamo stare i calci, i pugni, le parate, i salti, i 300 addominali al giorno. Lasciamo stare che lei, ancora oggi, va in giro tutto l'anno a fare stage e dimostrazioni. Lasciamo stare anche, l'ho vista io con i miei occhi, che lei spacca tavolette di legno spesse almeno cinque centimetri, che pendono dal soffitto appese a un filo di nylon che balla da tutte le parti (si chiama Tameshi-Wari, e la mano deve andare ad una velocità pari a 10 metri al secondo).
E, infine, che se lei vuole sente quel che viene detto, anche sottovoce, dietro una porta chiusa, senza mettersi a origliare, ma seduto sulla sua sedia. Lasciamo stare tutto ciò. Ma lei, come fa a pensare quello che pensa il suo avversario prima che il suo avversario lo pensi?

"E' facile". Bè, insomma... "Si, basta tanta pratica. Tanta pazienza. Tanta applicazione. Tanta volontà. Devi svuotare te stesso, per ricevere di più e meglio. Per i bambini di cinque, sei anni più facile capire questo. Poi non so, veramente, come faccio. Perchè non penso. Viene dopo tanti anni di praticare. E' così: anticipare intenzione di avversario".Si, ma come si raggiunge? "E' abitudine. Il mio colpo è un movimento, insieme, di corpo, mente ed energia. Chi pratica karate può avere questo. Karate è duro, ma bello. E' un insieme: amicizia, amore, rispetto, rettitudine, coraggio". Flash back sulla sua storia: "Primo anno da quando ho iniziato, 1956(l'anno in cui sono nato io! ndr):vivo, su spiaggia, con mio Maestro:pulisco casa, faccio spesa, lavo karategi per tutti. Faccio massaggio a mio superiore. Voglio dire: primo anno è dura. Secondo anno è dura. Terzo e quarto anno si capisce". Siamo seduti di fronte. Scalzi. Guarda il fotografo, che un po prepara e un po ascolta. Penso alla morale di quel che ha appena detto: superpotere uguale super umiltà. Forse intuisce la mia emozione timorosa e scandisce: "Meglio fare intervista con chi fa karate. Capisce meglio"

Mi tranquillizzo. Ma è chiaro che i suoi pensieri continuano in altri mondi. Non c'è molto da aspettare per un altra dimostrazione di Sen No Sen. La banalissima domanda è: "Cosa pensa delle arti marziali al cinema e in tv? ". Avevo soltanto un immagine in testa, mentre gliela rivolgevo: l'attore Chuck Norris nella serie di telefilm Texas Ranger. Per un motivo molto semplice: da quando lo danno, il sabato sera in tv, mio figlio e io ci divertiamo a guardarla insieme. E' un piccolo tormentone affettivo. Bene, come ha risposto il Maestro Shirai? Così: "Bravo attore Texas ranger. Ma non così bravo come sembra in tv che fa vedere tutto più veloce." Non è possibile! Ma come, con tutti i film di successo che ci sono in giro, Star Wars, Mission Impossible, Matrix, dove attori famosi fanno sfracelli con il karate in dolby system, va a pescare proprio quell 'esempio?
Sarà una coincidenza. Comunque sia, sto attento a quel che penso. Perchè, se tanto mi da tanto.. Il Maestro spiega che tutti questi superpoteri con la fiction non c' entrano. Per il suo karate, quello tradizionale, (ha fondato la FIKTA, ovvero la Federazione Italiana Karate Tradizionale, e l' ISI, Istituto Shotokan Italia, riconosciuto come Ente Morale), diversamente da quello sportivo, "non contano i punti che fai quando colpisci l' avversario".
Dice il Maestro:" In ogni tecnica c'è la mente. E' qualcosa che aiuta a vivere meglio. A regolare la tua vita. E' seguire il Bushido, la Via dei samurai: la famiglia è importante, i genitori devono essere accontentati, non bisogna dimenticare chi ci ha dato. E quando si lotta bisogna vincere. Qualcosa di questo è rimasto in Giappone. E sono contento perchè anche qui in Italia, tra i miei maestri (che sono poi i suoi allievi, ndr) sta entrando il modo di vicere dei samurai".

Il Maestro sta per finire tra le grinfie del fotografo. Esperienza che affronterà con antica umiltà: in ginocchio per mezzora davanti all 'obbiettivo. E poi in piedi. Di fronte. Di spalle.... Non resisto. La curiosità è troppa. "Ma a lei, Maestro, è mai capitato di ...? Di....? ".
Risposta:" il karate è anche difesa personale, certo. A Città del capo camminavo in parte di città dove i miei amici dicevano non andare, ma io andavo qualche volta. E bè, trovato difficoltà: dato calcio in pancia a uno, buttato per terra senza fargli male e sono scappato. Però meglio non usare tecniche di karate. Puoi uccidere. Forse solo se tuo figlio è in grave pericolo. ".

Sen No Sen? ma no!!













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