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Intervista al Maestro Hiroshi Shirai
di G.Grey
Impaginazione&Grafica  a cura di Davide Rizzo
Traduzione dal tedesco di Sergio Roedner
per concessione della rivista Karate, organo ufficiale del D.K.B.

IL MAESTRODomanda: Quando e dove è nato?
Maestro Shirai: “Sono nato nel 1937 nella provincia di Nagasaki”.

Domanda: Quando ha iniziato la pratica del karate?
Maestro Shirai: “Ho cominciato a praticare a 18 anni all’università. Nishiyama sensei è stato il mio insegnante. ”

Domanda: A quali sport si interessava da ragazzo?
Maestro Shirai: “Veramente mi piacevano tutti gli sport, ma soprattutto il nuoto, perché nel Giappone meridionale c’è un clima mite e delle belle spiagge. Facevo anche ginnastica e al liceo ho cominciato a giocare a baseball. D’inverno giocavo anche a rugby e a scuola frequentavo un corso di judo. Quest’ultimo comunque non lo praticavo seriamente. Mi sono cimentato nel kendo perché mio zio era maestro di kendo. Così mi sono allenato nel suo dojo per due o tre anni”.

Domanda: Prima di frequentare l’università aveva già cominciato a praticare karate?
Maestro Shirai: “No, ho soltanto visto una volta un film sul karate che era stato prodotto dalla Japan Karate Association come documentazione per i licei. Mi piaceva, ma quando cominciai gli studi preferii la ginnastica. A quest’epoca tuttavia uno degli istruttori di karate mi invitò ad entrare nella squadra di karate dell’università sotto la guida di Nakayama sensei. Così iniziai, senza una grande aspettativa da parte mia.”

Domanda: È stato per così dire gettato nell’acqua alta?
Maestro Shirai: “Sì.”

Domanda: Lei ha detto che il signor Nishiyama è stato Suo insegnante all’università. Quando ha deciso di frequentare il corso istruttori della JKA?
Maestro Shirai: “Ero già da quattro anni nella squadra dell’università quando, nel quarto anno, ottenni il terzo posto nel campionato pangiapponese, che poi vinsi nel 1962. A quel tempo solo pochi studenti avevano successo in questo campionato e il signor Nishiyama mi incitò a frequentare il corso istruttori sotto la guida di Nakayama sensei. Ero ancora piuttosto giovane, avevo solo 21 anni. ”

Domanda: Per quanto tempo ha partecipato al corso istruttori?
Maestro Shirai: “Due anni, poi ho seguito per un altro anno il corso per maestri. Infine sono diventato 5º dan e “maestro” (Shihan). Ma non mi sentivo un Maestro!”

Domanda: In quei primi tempi Nishiyama era il Suo Sensei. Che influenza ha avuto su di Lei?
Maestro Shirai: “Praticava sempre i fondamentali, e sempre in modo molto corretto, serio e duro. Anche la sua personalità era molto corretta e seria; mi ricordo bene il suo insegnamento e il suo stile di vita. Sono sempre molto contento quando mi reco al suo stage estivo negli USA. ”

Domanda: Si è incontrato per la prima volta con Nakayama sensei quando ha frequentato il corso istruttori presso la JKA?
Maestro Shirai: “Sì. Allora come ancora oggi è direttamente responsabile del corso istruttori. Naturalmente è affiancato da molti altri validi insegnanti. ”

Domanda: Ha conosciuto lì anche il sig. Enoeda?
Maestro Shirai: “Sì, abbiamo frequentato il corso istruttori quasi contemporaneamente. Il signor Enoeda dopo aver frequentato l’università aveva operato come insegnante a Kyushu prima di arrivare al quartier generale della JKA mentre io approdai lì direttamente dall’università. Perciò diventammo istruttori contemporaneamente e rimanemmo insieme cinque anni nell’allenamento e nelle gare, e ci frequentammo anche privatamente. ”

Domanda: Nel 1962 Lei vinse il campionato pangiapponese contro Enoeda sensei, ma nell’anno seguente il risultato fu capovolto. Che cosa ricorda in proposito?
Maestro Shirai: “Vorrei sempre tener desti i ricordi delle nostre gare e dei nostri allenamenti in comune, sebbene fossimo acerrimi rivali. Da allora in poi ho considerato Enoeda sensei più esperto e più maestro di me stesso. Non è solo mio amico ma anche mio maestro”.

Domanda: Evidentemente siete rimasti buoni amici, giacchè nel 1965 Lei arrivò in Europa con Enoeda sensei e gli altri due istruttori, Kase e Kanazawa. Ricorda ancora le Sue impressioni di allora?
Maestro Shirai: “Nel febbraio 1965 arrivammo nel Belgio e demmo due o tre dimostrazioni ed un breve corso. Ho un buon ricordo di quel paese che visitammo. La gente era entusiasta di imparare una nuova arte marziale o sport giapponese. Sentii anche che questo poteva portare ad una nuova via separata dal judo, che a quel tempo era già ben organizzato in Europa. Sapevamo dal judo che oltre all’allenamento gli europei dovevano cominciare a costruire una propria organizzazione in quei paesi.”

Domanda: Quando andò definitivamente in Italia?
Maestro Shirai: “Dopo aver tenuto nella primavera 1965 alcuni corsi in Europa, tra cui in Germania e Inghilterra, lasciammo questo continente e insegnammo altrove. Nel frattempo alcuni paesi avevano chiesto alla JKA l’invio stabile di istruttori. Nell’ottobre 1965 noi quattro volammo a Milano. E così cominciò il mio insegnamento del karate in Italia. ”

Domanda: Può dire qualcosa dello sviluppo del karate shotokan in Italia durante gli ultimi vent’anni?
Maestro Shirai: “Quando, nel novembre 1965, iniziai ad insegnare, avevo 120 iscritti. 20 di loro avevano già praticato il karate prima del mio arrivo. Nell’aprile 1966 cominciai un corso istruttori per italiani, dal quale sono usciti molti buoni insegnanti che poi hanno messo in piedi propri corsi e propri dojo. In questo modo il karate si è espanso molto rapidamente: nel 1972 avevamo circa 10.000 iscritti alla nostra organizzazione, la Federazione Sportiva Italiana Karate. Nel 1978 avevamo oltre 30.000 aderenti e ci siamo fusi con l’altra federazione italiana in una confederazione che è riconosciuta dal Comitato Nazionale Olimpico”. (Nel frattempo le due organizzazioni si sono nuovamente separate, N.d.R).

Domanda: L’Italia negli ultimi anni è sempre emersa nei più importanti campionati internazionali. Come si spiega questo successo?
Maestro Shirai: “Abbiamo solo una squadra nazionale. È composta principalmente di karateka shotokan e wado-ryu. Possiamo utilizzare il Centro di addestramento nazionale dell’esercito e della polizia. I nostri militari ricevono ogni appoggio dallo stato. Possiamo scegliere i migliori da tutte le regioni. Questo non è il caso di certe altre federazioni europee, che sono divise al loro interno”.

Domanda: Lei crede che molti giovani puntino troppo in fretta al combattimento libero invece di seguire la giusta via del karate?
Maestro Shirai: “Sì, il combattimento libero non e facile per tutti. Può vincere uno solo. Dobbiamo chiarire ai giovani che non tutti sono portati per il kumite. Solo pochi sono veramente predisposti, ma per loro è molto importante perfezionare prima le tecniche di base del karate. ”

Domanda: Non dovremmo imparare anche dagli insuccessi? Anzi, impariamo di più riguardo a noi stessi nell’insuccesso. Non pensa anche Lei che sotto questo punto di vista il combattimento libero è buono per tutti e non solo per quei pochi?
Maestro Shirai: “Certamente. Però si dovrebbero prima padroneggiare i requisiti per il combattimento libero: autocontrollo, kime, rispetto per il compagno, tecniche veloci e forti, movimenti sciolti e senso tattico. ”

Domanda: Cosa pensa del kumite femminile?
Maestro Shirai: “Le donne sono tecnicamente molto precise. Io considero più importante praticare un buon karate, fondamentali e kata, che il kumite sportivo. A mio avviso non troppe donne dovrebbero praticare il kumite, anch se alcune donne hanno buone tecniche per il combattimento libero. ”

Domanda: Che concezione ha Lei deil karate?
Maestro Shirai: “Armonia! Armonia del corpo con la tecnica e con la comprensione spirituale. Questo significa, se io voglio apprendere dal karate, che io non devo essere sempre duro e forte, ma qualche volta anche morbido e cedevole. Il sistema shotokan qualche volta è molto duro, ma io penso che debba essere così all’inizio, per raggiungere l’armonia con me stesso. È fisicamente duro e spiritualmente esigente. Col giusto impiego di spirito, forza, velocità e tecniche controllate divento più calmo ed equilibrato. Questa è la mia via al karate. Se qualcuno è orientato all’autodifesa tramite il karate, gli insegnerò questo. Se no, allora gli insegnerò qualcos’altro nel karate. Non mi piace nessuna concezione unilaterale. Personalmente preferisco un karate estetico: difese corrette, pugni corretti grazie all’uso di tutto il mio corpo con maggior dinamicità, rapidità e spirito combattivo. Mi piace questo tipo di karate e osservo che invecchiando divento più morbido e sciolto. Dove “morbido” in questo contesto non significa debole, ma flessibile, e sciolto significa controllato.”

Domanda: Il Suo karate cambia con la Sua maturità?
Maestro Shirai: “Quando ero giovane, imparavo in fretta e così provavo molte cose. Ora che invecchio, osservo che sta diventando un karate semplice. Adesso alleno forme semplici ma molto corrette e anche il mio insegnamento è più graduale. La pratica corretta diviene più facile se la via per raggiungerla diviene più dura. Più mi alleno più è facile il progresso. Prima mi riusciva difficile il mawashi-geri. Quando ho cominciato ad allenarlo consapevolmente e correttamente, è diventato una tecnica facile per me. Adesso voglio raggiungere una migliore coordinazione e stabilità della mia posizione e degli spostamenti. Perciò mi concentro su questi aspetti. Io credo che non sia bene provare molte strade contemporaneamente. Il progresso viene da esercizi semplici. ”

Domanda: Che consiglio dà a chi apprende un kata nuovo?
Maestro Shirai: “Un kata richiede sempre la più viva attenzione spirituale, per raffigurarsi l’avversario immaginato. Perciò è essenziale imparare la corretta direzione degli occhi, la giusta posizione del busto, la corretta esecuzione delle tecniche, e questo durante l’intero kata. Se qualcuno impara un kata in modo sbagliato per un anno o due, è poi molto difficile correggere gli errori. Quando si è imparata la forma corretta, è più facile afferrare anche il significato pratico del kata, unire la giusta respirazione ed eseguire il kata in modo dinamico. Non è facile ottenere la giusta forma del kata perché il corpo umano è impreparato per certi movimenti. Perciò si richiede una forte tensione spirituale per superare questa debolezza.
Si dovrebbe vedere l’allenamento del kata dal punto di vista dell’allenamento di un movimento di vario genere. In conclusione si allena l’applicazione pratica con un compagno. Questo è contemporaneamente anche un buon allenamento per il kumite. Analogamente il kumite rappresenta un buon allenamento per il kata. Il kata in conclusione diventa in questo modo una buona forma di karate, ma ciò richiede molto tempo, anche se si capisce quasi tutto – poiché si pratica il karate. ”

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