Intervista al Maestro Salvatore Giordano - Formare i formatori "Samurai di ottobre 2020" Testo Completo
(articolo a cura di Federica Achilli)
Maestro Giordano, formare i formatori non è semplice. Quale è il suo ruolo all’interno del corso istruttori e maestri FIKTA? “Il mio ruolo all’interno del corso è di insegnante ed esaminatore in qualità di membro della commissione tecnica diretta dal maestro Carlo Fugazza. La materia che insegno al corso istruttori e maestri, oramai da 20 anni, è teoria e metodologia dell’allenamento applicato al karate e programmazione didattica. È uno studio che appassiona i corsisti. La materia viene presentata con una iniziale parte teorica, per dare una infarinatura, una linea guida, suggerire delle risposte al lavoro che svolgeremo, successivamente la parte pratica stabilizza la conoscenza della materia. Attraverso le sensazioni che solo il movimento può dare, cerco di trasportare la teoria in sensazioni attraverso il “fare”. Il praticare è essenziale per ricordare e poter trasmette quello che si è appreso. La conoscenza attraverso la lettura o l’ascolto è poca cosa in confronto all’apprendimento diretto attraverso il se corporeo. È la stessa differenza che troviamo nell’insegnare, spiegando o facendo studiare un esperimento scientifico e provare a farlo fare fisicamente”.
Insegnare ad insegnare. Non è semplice trasferire ai discenti un metodo. C’è una chiave di volta per farlo? “La differenza tra i due metodi di insegnamento è palese e la conoscenza attraverso il fare rimarrà indelebile nel ricordo. È un approccio molto orientale dove: “non ti spiego come si fa ma te lo faccio fare” solo in un secondo tempo ti invito a trovare riscontri attraverso un testo o attraverso domande dirette. Credo molto in questa metodologia di insegnamento e ho avuto molti riscontri positivi. Alla fine Incoraggio a scoprire la materia praticando. Che poi è quello che fa da sempre il mio maestro (Hiroshi Shirai) con me e mi porta alla scoperta attraverso il movimento”.
Che differenza c’è nel ruolo di istruttore e in quello di maestro sotto il profilo tecnico e metodologico nel karate tradizionale? E ancora: agonisti, amatori e bambini. Una platea molto vasta per un insegnante di karate: come arrivare preparati a insegnare a tutte le età? Ma anche: l’insegnante per un allievo spesso non è solo la figura di riferimento in palestra, ma anche nella vita di tutti i giorni. Che rapporto si sviluppa nel karate tradizionale fra maestro ed allievo? “A queste tre domande darò una unica risposta perché mi sembra che l’argomento le accomuni. Direi che nel caso più comune l’istruttore è colui che, finita la sua carriera agonistica, intraprende la via dell’insegnamento. Generalmente l’istruttore ha idee bellicose, prima tra tutte, formare altri agonisti come lui, e con caratteristiche analoghe alle sue, dai più piccoli praticanti fino agli atleti più evoluti. E per questo si serve dell’esperienza recente che ha avuto, ed inoltre, se è un bravo insegnante, studia per poter aumentare le qualità atletiche e tecniche dei propri allevi e per migliorarne le prestazioni. È un momento molto interessante della strada che percorre chi ha intenzione di proseguire trasmettendo quello che ha appreso. Qui il corso Istruttori e altre forme di formazione, hanno un ruolo fondamentale per indirizzare ed organizzare il lavoro da svolgere. Sia dal punto di vista metodologico sia dal punto di vista organizzativo. Chi si approccia all’insegnamento deve iniziare ad approfondire la materia, praticando e studiando la disciplina più profondamente di come ha fatto fin ora. È esattamente la differenza tra lo studente che deve svolgere un compito assegnato, quindi studia quella parte della materia che gli permette di assolvere a quel compito, e così avere un giudizio da parte dell’istruttore (questo è l’agonista) e l’insegnante che deve conoscere così profondamente la materia che è in grado di creare un compito da svolgere per far crescere e migliorare la tecnica dei propri studenti (l’istruttore), è colui che nella sua materia ha scavato così in profondità da conoscerne ogni particolare e ogni strategia per raggiungere il migliore risultato positivo dai propri “atleti” e riuscire a trasmetterlo. Questo è l’istruttore ex-agonista, proteso al risultato nelle competizioni. Poi vi sono altre figure di Istruttori. Per esempio coloro a cui piace insegnare alle fasce giovanili, ai bambini anche in tenera età, e qui il lavoro di conoscenza e lo studio deve essere rivolto alla comprensione dei periodi sensibili a seconda della fascia di età a cui ci si rivolge. Anche qui un corso istruttori o studi analoghi possono indirizzare il “lavoro” nella giusta direzione. Conoscere le fasi sensibili della crescita, e le strategie per poter aumentare nei bambini le loro possibilità coordinative e in parte le capacità condizionali, è fondamentale per un bravo istruttore. Dobbiamo fare molta attenzione con i bambini poiché l’insegnante di arti marziali in questo periodo dell’esistenza per loro diventa un punto di riferimento, un modello. I punti di riferimento in questo momento della crescita, genitori, maestri scolastici e Istruttori devono cooperare tra loro, è ora che nel bambino, nei primi anni di vita, si stabilizzino le parti emotive e cognitive, cioè il modo di conoscere il mondo e come risuonano questi eventi dentro di lui. E la coordinazione tra famiglia e insegnanti è fondamentale, per creare nel bambino un’identità positiva, non devono andare in direzioni opposte o contrastanti e non devono spingere i ragazzi a fare o a studiare quella o quell’altra materia ma attirarli verso lo studio o la disciplina interessandoli, attraendoli e non spingendoli a svolgere un compito a volte vuoto di interesse. Si impara per imitazione, partecipazione, fascinazione. Se un insegnante non ha questa “empatia” con i propri allevi è difficile trasmettere qualsiasi cosa. La figura del “maestro di arti marziali” è qualcosa che trascende il mero insegnamento tecnico della disciplina. Ho incontrato, nella mia oramai lunga carriera di karateka, moltissimo insegnanti, anche bravissimi ma pochissimi maestri. Il maestro è colui che conosce profondamente la disciplina ma che è in grado di percepire anche come trasmetterla a chiunque si voglia affacciare a questo dirupo. Poiché il maestro non ti insegna solo a volare o a costruirti delle ali, ma come dice Sepúlveda vola solo chi osa farlo”. Seguire un “Maestro” è una questione di fede. Ho fede nel mio maestro, nella strada che mi accingo a percorrere dietro di lui. E quando lui cammina io corro per potergli stare vicino. Percepisco che mi conduce in un sentiero pietroso e scomodo ma continuo su questa strada perché ho fede in lui. Quando questa viene a mancare anche il maestro scompare, e solo allora comincio a camminare da solo sulla strada che mi hanno insegnato e a vedere qualcuno dietro di me. Come dire: “Ho seguito un bravo maestro che mi ha insegnato a fare a meno di lui”. Ma se non mi sento pronto a camminare da solo, perché a volte a camminare soli ci si perde, cercherò un altro maestro, finché imparerò a camminare sui miei piedi con le mie gambe. Non c’è alla fine una scuola che ti diploma con il titolo di “Maestro”. È il seguire un maestro che ti può porta in questa dimensione senza per altro insegnartelo, diventare maestro è un percorso che a volte nemmeno scegli, sono gli altri, i tuoi allievi che ti eleggono come loro “Maestro”. Si possono, attraverso un “corso Maestri”, acquisire delle conoscenze o delle strategie di trasmissione della conoscenza dell’arte. Ma non si diventerà maestri con un foglio di carta. Potrà essere un punto di partenza, ma mai un traguardo. Quindi se vogliamo diventare maestri dobbiamo essere disposti a seguire un percorso. Mi piace pensare a questo percorso come al percorso di un giardiniere che trova un campo incolto con erbacce e fiori di molte forme e colori sparsi a caso su un terreno pietroso. Inizierà col piantare due picchetti tirando uno spago tra loro e delimiterà il terreno in cui inizierà a lavorare. Nella parte scelta comincerà a dissodare il terreno levando pietre e erbacce. Successivamente pianterà un terzo picchettò e delimiterà ulteriormente il terreno e comincerà a prendere forma la sua aiuola. Poi pianterà un quarto picchetto e con la forma rettangolare gli sembrerà di aver raggiunto già un grande risultato. Intanto all’interno lavora alacremente per rendere il terreno più regolare possibile, per piantare nuovi fiori ed erbe e renderlo più bello. Poi pianterà il quinto, il sesto, il settimo picchetto e la forma sarà sempre più bella, Esternamente, mentre all’interno i fiori e le piante avranno assunto un aspetto e colori molto belli. Continuerà a piantare picchetti finché la forma esterna dell’aiuola sarà divenuta un cerchio perfetto e le piante e i fiori saranno bellissimi. Solo a questo punto, se ne avrà il coraggio, e non sarà geloso o troppo orgoglioso del proprio lavoro, taglierà lo spago e leverà i picchetti e chi passerà di là vedrà solo un campo con erbe e fiori. Questo è il percorso che si deve fare per diventare maestri”.