Intervista a M° Tammaccaro
Impaginazione, Grafica e foto a cura di Davide Rizzo
Intervista di Sergio Roedner al maestro Nino Tammaccaro, Yoi, settembre 1982
“RICORDO ANCORA LA MIA PRIMA RISSA…”
D: Maestro, come e quando ha iniziato a fare karate?
R: Nel 1964 con Fassi al Jigoro Kano. Avevo già praticato judo e lotta greco-romana. A Bologna ho visto un documentario sul karate che mi ha molto colpito e così, quando ho letto la pubblicità dei corsi di Fassi (che allora era cintura marrone) mi sono iscritto. Poi nel 1965 è arrivato il maestro Shirai e ho continuato con lui.
D: Maestro Tammaccaro, lei nel mondo del karate è noto per le sue dimostrazioni di difesa personale. Potrebbe spiegarci le ragioni di questa sua predilezione?
R: E’ legata al fatto che nella vita mi sono trovato parecchie volte in condizione di dovermi difendere. Qualche volta anche contro quattro o cinque persone, come in una rissa clamorosa anni fa a Bassano del Grappa. Sarà anche per il mio carattere da buon pugliese, ma ho dovuto battermi spesso, ho anche ricevuto un colpo di baionetta, da militare. E vedendo delle dimostrazioni di difesa personale, eseguite anche da maestri giapponesi, ho spesso notato alcune cose sbagliatissime, irreali, tipo ashibarai e tanti calci. Ma nella realtà c’è un altro fattore, l’imprevisto. E davanti a questo, tante cinture nere, anche terzi e quarti dan, mi chiedono cosa fare, non sanno che pesci pigliare. Ricordo la mia prima rissa, in piazzale Martini: allora ero secondo dan. Il giorno dopo ho raccontato tutto al maestro Shirai e lui ha detto che se volevo continuare col karate, dovevo cambiare testa… In una rissa basta un colpo solo, un gyakuzuki. Io credo nella potenza. Il corpo dev’essere preparato, la tecnica non basta.
D: Qual è il suo ricordo più bello di questi anni di karate e qual è il più brutto?
R: Il più bello è stato quando il maestro Shirai mi ha scelto, a 39 anni, per far parte della nazionale in Giappone. Gli sono stato veramente grato, perché ho visto l’amicizia. E questi sentimenti li ho provati in tutti gli anni in cui gli sono stato vicino.
Il momento più brutto è stato quando ho dovuto andarmene, dopo tredici anni ho dovuto staccarmi da lui.
D: Perché, maestro Tammaccaro?
R: (dopo una lunga pausa) Lui stava attraversando un periodo… non c’era più intesa. E ho sentito che lui voleva che me ne andassi. Spesso lui diceva che bisogna imparare a far da soli, a camminare con le proprie gambe. E quando ho visto che gli allenamenti cambiavano, me ne sono andato. L’inizio è stato quando si è sciolta la Fesika. E’ venuta a mancare l’educazione, il rispetto. Ma io tengo alto quello che lui mi ha insegnato, ho ancora rispetto per lui, che forse ha dato a me quello che non ha dato a nessuno. Quando facciamo il saluto io penso sempre a lui.
D: So che Lei pratica il pugilato. Che influenza ha avuto sul Suo karate?
R: Nel pugilato ci sono cose importanti: la guardia, gli spostamenti del tronco, si impara a incassare. Serve per fare il jiyu kumite da palestra. Ma va tenuto come una cosa separata, senza mescolarlo al karate. Bisogna stare attenti al controllo: è pericoloso fare kumite subito dopo una lezione di boxe!
D: Che cosa ne pensa del Jiyu kumite femminile?
R: Per me le donne non possono fare kumite, o almeno sono molto scettico. Però, col nuovo regolamento della Fik [allude alla federazione unificata – Fikda – in cui erano confluite Fesika e Fik] in cui i pugni si fermano a mezzo metro dall’avversario, forse anche le donne possono combattere. Scherzi a parte, sono molto perplesso.
D: Quali sono i Suoi progetti per il futuro?
R: Spero di mantenere la costanza per andare avanti. Gran parte degli allievi di adesso mi fanno passare la voglia di insegnare (…) Vorrei dire qualcosa. A 44 anni io mi alleno tutti i giorni. Ma tanti bravissimi maestri come Baleotti, Balzarro, stanno mollando, delusi, amareggiati. Anche Montanari è deluso, anche Parisi.
E’ finito lo spirito dei vecchi tempi, il karate, come il mondo, è cambiato, ma in peggio.
EPPURE, SE IL MAESTRO SHIRAI VOLESSE PARLARE CON NOI, LO SEGUIREMMO ANCORA.