Martin
Fernadez: Può parlarci di come ha
affrontato la pratica del Karate dopo la sua malattia?
Sensei
Kase: Una volta superata la parte peggiore della
rianimazione dall'infarto, i dottori mi dissero che avevo accumulato
molta acqua nei polmoni. E loro non si spiegavano il fatto, perché
sostenevano che un evento del genere doveva essere accaduto nel
corso di molti anni e che, senza dubbio, l’avrei dovuto notare:
tuttavia io non avevo mai avuto problemi di salute.
Quanto al mio recupero, fu molto importante
ricordare l'esperienza di Yoshitaka Funakoshi, il quale, anche
se malato e a letto per la maggior parte delle giornate, quando
giungeva la notte si metteva il Karate-gi e diveniva forte e dinamico
come se non avesse niente. Perciò, durante il periodo del mio
recupero, tenendo ben presente quest’esperienza, decisi di accettare
la sfida di dimostrare che con il Karate si possono superare molti
problemi, anche quelli di salute. Tutto questo, nonostante il
fatto che i dottori mi raccomandassero di smettere con la pratica
e l’insegnamento del Karate e di abbandonarlo completamente. Durante
la mia convalescenza ricordai anche l'esperienza di Sensei Egami,
un altro dei miei Seniors dal quale ricevetti lezione. Anche Sensei
Egami fu molto malato e dovette sottoporsi a vari interventi chirurgici
e, tra le altre cose, respirava con grande difficoltà. Tuttavia,
quando dava lezioni con il suo aiutante il Sensei Takagi, Egami
recuperava le forze respirando in maniera particolare per alcuni
istanti e poi diceva: “Ok, adesso posso iniziare ad insegnarvi”
e si lasciava attaccare, eseguendo delle difese e dei contrattacchi
molto rapidi e, soprattutto, molto contundenti. Poi tornava a
respirare ancora male e, così si fermava un attimo... recuperava
le forze e diceva: “Ok, adesso vi insegno come si esegue uno Tsuki”,
si posizionava e faceva un Tsuki magnifico. È per questo che decisi
d’imparare dai miei Seniors e mettermi alla prova come loro avevano
fatto, vale a dire che, anche se non potevo stare sempre bene,
potevo concentrare il potere per brevi periodi di tempo, per poi
recuperare e così via.
Martin
Fernadez Quali furono i suoi maestri di Karate dai quali ricevette lezioni?
Sensei Kase:Eravamo membri dello Shotokan-Dojo ed ufficialmente lo Shihan
(Maestro di più alto grado) era Funakoshi Gichin ed il secondo
Shihan Funakoshi Yoshitaka (suo figlio). Un altro degli istruttori
da cui ho ricevuto lezione, è stato Hironishi Genshin. L'Università,
inoltre, invitava una volta alla settimana, ufficialmente, differenti
istruttori come: Funakoshi Gichin, Yoshitaka, Hironishi, Kawata,
Okuyama, Hayashi, Uemura, Kubota ed altri. Pertanto, l’insegnamento
che ho ricevuto non è come normalmente s’intende, bensì sono e
siamo stati influenzati da vari istruttori. Per lo meno, una volta
la settimana avevamo un istruttore invitato dall'Università di
Senshu.
Martin
Fernadez Ci ha parlato molto di Sensei
Okuyama Tadao, il quale, così abbiamo inteso, era ed è una persona
molto speciale. Ci parli di lui e del perché lo stima tanto.
Sensei Kase: Per parlare di Sensei Okuyama risalirò
a quando le cinque Università di Shotokan svolgevano gli esami
di DAN congiuntamente. In questi esami si realizzavano Kata, Kihon
e Kihon-Kumite e gli istruttori Seniors davano i loro punteggi
per qualificarli. Gli aspiranti all’esame eseguivano Kumite tra
loro, ma dopo la prova era abitudine che qualcuno dei Seniors
realizzasse lo stesso esercizio con gli aspiranti. In quell’occasione
apparve Sensei Okuyama ed ho un ricordo impressionante di lui,
perché attaccava con più velocità e efficacia degli altri e noi
aspiranti non potevamo nemmeno reagire, non avevamo modo di difendersi,
quando volevamo farlo, ce lo trovavamo già addosso con un pugno
al volto. E tutti rimanevano allucinati dalla sua impressionante
bravura. Ah, circa gli esami di DAN, al termine della 2ª Guerra
Mondiale, i primi a sostenere l’esame di SANDAN (3° Dan) fummo
Shimamura, Jotaru Takagi ed io. Durante questa prova Motokuni
Sugiura, che oggi giorno è Istruttore Capo della J.K.A./World
Federation, fu promosso a SHODAN (1° Dan).
Martin
Fernadez Può spiegare ai lettori perché
Yoshitaka Funakoshi influì tanto sull'evoluzione del Karate Shotokan?
Sensei Kase: Quando iniziai la pratica del Karate,
i nostri Seniors ci spiegavano che Sensei Funakoshi Gichin era
il pioniere del Karate. Ma ci dicevano anche che la grande evoluzione,
rivoluzione e sviluppo dello stesso era stato portato a termine
da suo figlio Yoshitaka: fu lui a realizzare un Karate più rapido,
più forte e dinamico. Sensei Yoshitaka cercava la realtà, l'efficacia,
il provare se realmente le tecniche funzionassero contro gli attacchi.
Ma la cosa importante che si deve comprendere è che la grande
evoluzione del Karate che portò Sensei Funakoshi Gichin di Okinawa
fino al Karate che realizzava Sensei Yoshitaka, fu possibile grazie
al concetto di O-Waza (tecnica di lunga distanza), con la massima
velocità e potenza. Tuttavia non dobbiamo fermarci a questo concetto,
perché la cosa realmente importante è dominare l’O-waza per arrivare
ad essere efficaci nello Ko-waza (tecnica di corta distanza).
Lo stesso Gichin Funakoshi giunse ad affermare che il Seite (quando
un braccio difende e l'altro contrattacca) è importante, ma lo
è ancor di più il lavoro di Hente (difesa e contrattacco con lo
stesso braccio) e l’Hente è direttamente collegato alla pratica
di Ko-Waza.
Per quanto precedentemente esposto, diviene particolarmente importante
comprendere il concetto di O-Waza e come fu storicamente. Immaginiamo
che la realizzazione di un Tsuki su una distanza di un metro impiegasse
un tempo “X”. In sostanza, quello che faceva Sensei Yoshitaka
era aumentare la progressivamente distanza, per esempio due o
tre metri, tentando di impiegare lo stesso tempo, per ottenere
dunque molta più efficacia: da lì sorse l'importanza della posizione
di Fudo-Dachi. Nei tempi di guerra, gli antichi Samurai davano
molta importanza ai movimenti realizzati in Ko-Waza cercando l'immediatezza
dell'azione, perché ci si giocava la vita nella distanza corta.
Poi, in tempo di pace, aumentarono progressivamente i percorsi
delle tecniche, centrandosi più sul lavoro di O-Waza, come sistema
di allenamento. Per esempio, nel Kendo si realizzavano tecniche
di ampio percorso con il fine di sviluppare maggiormente gli arti
e fortificare il corpo, ossia come allenamento. Tuttavia, questo
sistema di allenamento ben utilizzato serve per preparare la muscolatura
per poi poter praticare in Ko-Waza con efficacia. Quanto al lavoro
delle posizioni, la specialità di Funakoshi (padre) era il Kiba-Dachi.
Yoshitaka lo osservò molto e dal frutto delle sue sperimentazioni
nacque la posizione di Fudo-Dachi, in quanto lui basava il suo
metodo sulle tecniche esplosive e di lungo percorso. Per questo
motivo creò la posizione di Fudo-Dachi: perché questo tipo di
tecniche realizzate da posizioni come Zenkutsu-Dachi perdono gran
parte della loro efficacia. La stessa cosa accade con i differenti
tipi di spostamenti, da Fudo-Dachi possiamo spostarci e cambiare
di direzione con la massima velocità e stabilità, il che non accade
con altre posizioni. Un esempio chiaro della ricerca di maggior
distanza e profondità nelle avanzate di un Tsuki lo abbiamo nella
sequenza tecnica di: “Fumi Komi-Soe Ashi ; Gedan Tsuki– Soto Uke”
del Kata Enpi.
Martin
Fernadez Quando
vide Yoshitaka Funakoshi per la prima volta?
Sensei Kase: Accadde
nel lontano 1944. Anche se le lezioni per
principianti erano solitamente impartite da Sensei Hironishi,
un giorno la lezione fu diretta da un Sensei differente, che io
non conoscevo e quando domandai chi fosse, mi dissero che era
Waka Sensei (il giovane Sensei), figlio di Gichin Funakoshi. In
questa lezione, Yoshitaka Sensei c’insegnò come realizzare il
Mae-Geri adagio e senza abbassare la gamba per poi realizzare
lo Yoko-geri e senza raccogliere lo Yoko-Geri fare in ultimo il
Mawashi-Geri. Di seguito ci disse: “Adesso vi mostrerò come lo
facciamo normalmente” e sferrò i tre calci tanto rapidamente e
con tanta forza che ancora mi sembra di vedere la luce bianca
dei pantaloni del Karate-gi ed un rumore secco, come quello di
una tempesta: tutti rimanemmo impressionati. Quando i nostri Seniors
c’insegnavano i Kata, ci raccontavano che, quando Yoshitaka Funakoshi
li realizzava, quelli che lo osservavano percepivano una sensazione
particolare: la tremenda impressione di un pericolo imminente.
E ci dicevano che così dovevano essere i Kata, in modo che quelli
che ci osservano, devono percepire e notare qualcosa, sentire
una vibrazione della nostra forza interiore e della nostra determinazione.
Se quelli che osservano non sentono niente, il Kata non è stato
realizzato bene: è un Kata stile “ginnastica o balletto”.
Martin
Fernadez Nei suoi corsi ci parla sempre
dell'importanza della respirazione e dell’Hara.
Sensei Kase: L'importanza dell’Hara (punto situato a circa tre centimetri sotto
l'ombelico) nel Budo ha due origini: da un lato deriva dalla meditazione
Zen. Nello Zen si scoprì che dopo la respirazione ordinaria o
pettorale, a livello dei polmoni, esisteva un metodo per far scendere
l’aria mediante la respirazione verso il centro del corpo, fino
all’Hara. Questo dava una maggiore stabilità e più facilità per
controllare l'interno del corpo: i movimenti miglioravano notevolmente.
Dall’altra parte c’erano i Samurai ed alcuni di essi sperimentarono
che, se invece di utilizzare la forza muscolare delle spalle,
si utilizzava una stabilità più puntata verso il basso, cioè verso
l’Hara, le tecniche divenivano più efficaci e con più possibilità
di successo. E dato che già esistevano il Kendo, il Ju-Jutsu,
ecc. in Giappone come Arti del Budo, poco a poco si seguì questo
cammino anche nel Karate-do. Perciò, si utilizzò la respirazione
in questo modo: comprimere l’aria verso l’Hara, mantenerla lì
compressa ed utilizzare quest’energia extra come forza esplosiva
per la realizzazione delle tecniche. Respirando correttamente
verso l’Hara e facendo questa compressione, potremmo generare
una forza esplosiva indipendentemente dalla tecnica, per esempio
nel Sambon-Tsuki, nel Sandan-Tsuki o negli esercizi in Hente (tecniche
concatenate con lo stesso braccio), le quali non si potrebbero
realizzare con efficacia con una respirazione a livello del petto,
né con la forza muscolare delle spalle. La massima efficacia è
possibile solo con la forza esplosiva che genera la respirazione,
la stabilizzazione e la compressione nell’Hara.
Martin
Fernadez In alcune occasioni ci ha parlato
di concetti importanti e, a sua volta, sconosciuti, come il TOATE.
Può darci una semplice spiegazione di cosa sia?
Sensei Kase: TOATE significa toccare senza toccare fisicamente, un esempio
per avvicinarsi a questa capacità è quando blocchiamo l'attaccante
in maniera efficace e con molta energia, all'inizio degli attacchi
e per molte volte, ripetizioni dopo ripetizioni, con grande concentrazione
e con la respirazione adeguata. Poi in una di queste ripetizioni
non riusciamo a bloccarlo, ma lui percepisce invece la sensazione
d’essere stato bloccato e non attacca, rimane indeciso. Questo
è un esempio di ciò che si definisce TOATE: oltre a questo c'è
molto di più da dire e solamente pochissimi Maestri, come Sensei
Egami o Yoshitaka, arrivarono ad approfondire questo aspetto.
Ad un livello molto superiore, in alcune occasioni, ci è stato
raccontato che nell'antichità alcuni Maestri di Budo o Samurai
erano capaci di paralizzare piccoli uccelli o pipistrelli senza
toccarli. Semplicemente dirigevano la loro intenzione verso questi
animaletti e concentrando il loro sguardo, la loro respirazione
o il Kiai, riuscivano a paralizzarli per alcuni istanti, il tempo
sufficiente per poterli infilzare con la loro lancia.
Martin
Fernadez Secondo Lei, quali aspetti della
pratica del Budo sono di grande rilevanza?
Sensei Kase: Uno degli aspetti più importanti nella
pratica di qualsiasi Arte del Budo sono le ripetizioni di tecniche
o di combinazioni. Ma queste non devono essere realizzate con
qualsiasi forma: per esempio quando qualcuno ripete molte volte
una determinata tecnica o movimento, come 500 – 1000 o 10.000
ripetizioni di TSUKI (colpo diretto di pugno), deve guardarsi
dentro e percepire le proprie sensazioni, perché probabilmente
solo due o tre dei Tsuki realizzati sono stati eseguiti correttamente
(velocità, potenza, posizione), ossia efficacemente. E solo queste
due o tre ripetizioni sono importanti, ossia quelle che devono
essere ricordate. Perciò, bisogna essere molto recettivi per sentire
il momento in cui l’esercizio è riuscito bene, guardarsi dentro
e registrare quella sensazione nella mente e nel corpo. Poi ci
si deve domandare: per quale motivo questa volta mi è riuscito
meglio delle altre? E questo è il salto dal quantitativo (quantità)
al qualitativo (qualità): questa è la cosa veramente importante
nel processo di apprendimento - come passare da un livello all’altro.
La prossima volta che praticherai quella od un’altra tecnica,
dovrai provare a ricordare quelle stesse sensazioni, affinché
in altre occasioni le tecniche vengano eseguite in sintonia con
esse. In questo modo, nella migliore delle ipotesi, occorreranno
solo 100 ripetizioni per eseguirne due o tre correttamente. E
così, ogni volta si progredirà più rapidamente e potremo trasferire
le sensazioni corrette ad un maggior numero di tecniche. Questa
è una delle chiavi per progredire, ma non si deve per 30,40 o
50 anni fare sempre lo stesso tipo di allenamento, migliaia di
ripetizioni senza percepire o rendersi conto di quel che sta succedendo
dentro il nostro corpo, senza migliorare la qualità delle nostre
tecniche e confidando esclusivamente sulle ripetizioni. Questo
non è sufficiente, bisogna cercare qual è stata la tecnica corretta,
come la si è percepita e lavorare con quella sensazione.
Martin
Fernadez Lei crede che il Karate-do
o il Budo in generale abbiano delle componenti misteriose o raggiungibili
solo da pochi eletti?
Sensei Kase: No, la realtà è che nella pratica
corretta del Budo bisogna percorrere un cammino molto lungo, nel
quale io stesso sono arrivato a molti traguardi, mentre sento
di esserne vicino ad altri, li avverto, ma non li ho ancora raggiunti.
Per questo motivo, qualsiasi persona può avanzare nel Budo, sempre
e solo se segue il cammino corretto per passare da un livello
a quello successivo. Questo è ciò che realmente fa la differenza
tra un certo tipo di praticanti ed un altro. Quindi, la cosa davvero
importante non sono gli anni di pratica, ma la pratica corretta
durante questi anni. Questa è l'unico modo di progredire verso
un Karate più avanzato. Perciò, quando mi domandano perché si
pratichino tante tecniche di attacco, tante volte e con sempre
più forza, rispondo che il motivo è perché sperimentare le sensazioni
negli attacchi e cercare sempre più efficacia, ci permette di
rendere le nostre difese sempre più forti. Questo è dovuto al
fatto che, quando riusciamo ad effettuare un attacco più forte,
nello stesso momento e con sincerità dobbiamo domandarci se possiamo
bloccare un attacco così rapido ed efficace.
Martin
Fernadez Per concludere, che
consiglio darebbe a tutti i karateka?
Sensei Kase: Il mio consiglio per i praticanti di Karate-do
è molto semplice. Devono prestare molta attenzione a quello che
disse Gichin Funakoshi: “Karate Ni Sente Nashi” (nel Karate non
esiste il primo attacco) e questo concetto deve essere profondamente
compreso, sia a livello mentale che tecnico. Si deve far sì che
il possibile aggressore comprenda mentalmente che è meglio per
lui non attaccare, deve sentirlo ed accettarlo.
Questo è il vero
senso della massima “Karate Ni Sente Nashi” - che l’avversario
desista dal suo primo attacco.