Effettivamente ho incontrato Taiji Kase vent’anni fa quando ho avuto l’opportunità di parlargli dello sviluppo del karate Shotokan. È stata una conversazione affascinante per me, ma sfortunatamente è durata solo venti minuti e da allora ho sempre voluto incontrarlo nuovamente perché Kase ha visto davvero tutto… Gichin Funakoshi ed il suo talentuoso figlio Yoshitaka, il vecchio modello di Shotokan (dojo), gli anni dopo la guerra e le competizioni con gli altri stili, la fondazione della JKA… oltre sessant’anni di esperienza con il karate ed il budo. Bene, è passato molto tempo e ho pensato che il recente attacco di cuore subito dal maestro Kase lo avesse bloccato, ma quando ha inaugurato un corso per il suo recupero in Belgio nel Maggio del 2000, ho fatto in modo di incontrarlo e ciò che segue è il resoconto della nostra conversazione.
Taiji Kase è nato nel 1929 ed ha cominciato i suoi allenamenti nelle arti marziali facendo Judo a sei anni. Ma quando a quindici anni vide il libro di Gichin Funakoshi “karate-do Kyohan” generò un interesse per il karate che non lo ha mai lasciato.
Si recò alla sezione Meijiro di Tokyo per iscriversi al dojo di Funakoshi, e quando vide Yoshitaka Funakoshi praticare le tecniche di calcio – e qui Kase gesticola "Maegeri – Mawashigeri - Yokogeri - Whoosh! Whoosh! Whoosh!”- rimase affascinato e sempre più determinato ad imparare un’arte di combattimento così possente.
A quei tempi G. Funakoshi aveva smesso di insegnare ed aveva passato la guida dello Shotokana Yoshitaka, il suo terzo figlio. A Yoshitaka fu dato uno stampo, un sigillo per riconoscere quest’autorità. Il maestro Gichin potrebbe aver dato qualche istruzione ogni tanto poiché Kase ricorda un’occasione in cui gli fu mostrato come fare un pugno dal vecchio maestro. Questa era come mostrato nel primo libro di G. Funakoshi dove l’indice non era piegato all’interno della mano, ma rimaneva steso in modo tale da toccare il palmo della mano alla base del pollice. All’allenamento seguente Yoshitaka notò questo particolare e domandò a Kase chi mai gli avesse mostrato come fare un pugno in quel modo. Al che il giovane Kase, esitante rispose che era stato suo padre. “mio padre ti ha insegnato questo?” chiese prima di correggere il pugno di Kase e di dire che quello era il modo di fare karate dei contadini, ma quando disse questo lo disse in un modo divertito.
Yoshitaka era il Capo istruttore dello Shotokan, ma era aiutato dai più anziani: G. Hironishi (che era tornato dal fronte di guerra cinese un paio d’anni prima), Y. Hayashi (che fu il modello per Ten-No-Kata al Karate Nyumon nel 1943) e W. Uemura. S. Egami un’altra delle luci iniziali del karate Shotokan tornò a Kyushu per badare ai problemi della famiglia.
C’è una ben conosciuta serie di foto di Egami e Yoshitaka scattate alla fine degli anni trenta. Ho mostrato queste foto a Kase e lui ha detto che erano state fatte poco tempo prima che egli iniziasse a fare karate. Quando Kase conobbe Yoshitaka, lui aveva messo su peso ed era molto più panciuto. Non era né grosso né muscoloso, ma aveva forza in tutto il corpo; il che rendeva il suo karate molto potente. Lo stile di Yoshitaka era come dice Kase “un karate di velocità e forza”. E nonostante sembrasse sempre in salute e forte in superficie ha sofferto di tubercolosi da quando era un bambino.
Kase disse che a sette anni fu detto a Yoshitaka che non avrebbe raggiunto i vent’anni, ma poi arrivarono i venti i vent’uno e ne rimase sorpreso e potrebbe aver attribuito questo essere sopravissuto ai suoi allenamenti di karate. Kase aggiunse che la sua relazione con questo fatto deve essere stata qualcosa di complesso visto che Yoshitaka sapeva che in qualsiasi momento sarebbe potuto ammalarsi e morire.
Kase ha sentito diverse storie su Yoshitaka. C’è quella famosa, riguardo ad un istruttore che supponeva di avere una tecnica speciale che gli avrebbe dato sempre la vittoria. Quando tentò di applicarla contro Yoshitaka fu contrattaccato e scagliato a terra a grande distanza. Un altro ben noto maestro – Kanken Toyama - sembrava avesse una tecnica segreta per “strappare la carne” Yoshitaka disse a Toyama di provare quella tecnica sui suoi muscoli in tensione. Toyama prese Yoshitaka, ma nulla accadde, Yoshitaka gli disse di provare più forte… niente. Kase ridacchiava mentre raccontava queste storie.
Era l’allenamento duro a quel tempo? Certo perché erano tempi di guerra e l’attitudine all’allenamento era molto seria. Si faceva un sacco di Kumite, gohon e sanbon kumite e anche jyu-ippon ed era fatto ogni sforzo possibile per colpire con l’attacco. C’era un tipo di sanbon kumite in cui si cercava di prendere l’avversario rincorrendolo.
La gente si faceva male durante la pratica? Oh certo. Qualche volta venivano ad allenarsi gli studenti universitari e siccome loro avevano molta più esperienza ed erano molto veloci e forti, l’idea di affrontarli in kumite ti rendeva molto apprensivo.
Nel 1945 lo Shotokan fu distrutto durante un bombardamento, poi i Giapponesi si arresero e poi Yoshitaka Funakoshi morì, tutto in pochi mesi. La pratica del karate si fermò per un po’ di tempo, ma poi lentamente cominciò a riprendersi. All’inizio del 1947 all’interno del giornale LIFE c’era un articolo di due pagine sulla pratica del karate in Giappone e quando lo mostrai a Kase, egli riconobbe subito i due karateki nella foto principale: Hiroshi Kamata e Gojuryu Harada. Il karate fu molto fortunato a non essere vietato dalle forze americane come avvenne in quel periodo al Judo e al Kendo. Questo, spiegò Kase, avvenne perché chi lo praticava descriveva la propria arte come se avesse origini cinesi piuttosto che giapponesi e quindi gli americani li lasciavano in pace.
Dopo la guerra T. Kase s’iscrisse all’Università di Senshu dove continuò gli allenamenti e divenne il capitano della squadra di karate. Là, il Sensei era Genshin Hironishi e i suoi allenamenti erano duri. Poi Kase seppe che Shigeru Egami insegnava all’università di Chuo e si recò lì per allenarsi anche con Egami. Il giovane Kase era appassionato di karate e quando gli mostrai una foto di gruppo, scattata nel 1951 indicò alcuni della prima linea (di cui non sono praticamente riuscito a capire neppure il nome) e disse che il ben conosciuto Tadao Okuyama era solito risiedere a casa sua. Così Kase prese contatti con questa persona perché voleva davvero imparare dall’enigmatico Okuyama.
Vi è una storia sul karate che è quasi dimenticata. Mentre si parlava dello Shotokan durante la guerra, Kase menzionò il fatto che il gruppo di Yoshitaka era coinvolto nell’addestramento di agenti segreti. “la scuola di Nakano?” chiesi e Kase annuì e sottolineò che le autorità erano andate da Yoshitaka e gli avevano chiesto di insegnare li. Ma, aggiunse, alcuni dei pupilli di Yoshitaka lo avevano avvisato di fare attenzione e non farsi coinvolgere troppo direttamente, così effettivamente fu mandato Okuyama. Yoshitaka era l’istruttore ufficiale e forse ci andò qualche volta ma era Okuyama che impartiva gli insegnamenti. “E cosa insegnava?” domandai. “Tecniche per uccidere” rispose Kase.
In ogni caso Kase studiò con Okuyama nel dopoguerra e mi disse che Okuyama aveva “una tecnica molto speciale”. Quando gli chiesi spiegazioni a riguardo, Kase semplicemente scosse la testa e sorrise. Okuyama era davvero speciale, e guardando ancora la vecchia foto, con tutti gli anziani maestri dello Shotokan, Kase assicurò che pensava che di tutta quella generazione, Okuyama era il “più eminente”.
In poco tempo era andato ad allenarsi sulle montagne, poi fu coinvolto nella setta dello Shintoismo conosciuta come Omotokyo, la stessa setta che influenzò infatti Moriheo Ueshiba. Okuyama divenne la guardia del corpo del capo di questa setta e visse nel quartier generale del gruppo, cosa che lo rese in qualche modo difficile da contattare. L’idea di Yoshitaka Funakoshi era che il karate dovesse svilupparsi in continuazione e Okuyama aveva portato quest’idea al massimo potenziale. “Sviluppa, sviluppa, sviluppa” disse Kase.
Egli non credeva a centinaia di ripetizioni meccaniche, ma era sempre in cerca della tecnica reale e Kase disse che Okuyama aveva un “tipo particolare di energia che non veniva né dai muscoli, né dal kimè… qualcosa di differente”.
Disse anche che Shigeru Egami potrebbe avere preso a prestito da Okuyama alcune delle sue ultime idee. “non copiate” disse ma “prese come riferimento”.
Nel dopoguerra le diverse scuole di karate si riunivano qualche volta per allenarsi assieme (Kokan, Geiko) e spesso queste sessioni erano molto fisiche, specie quando erano coinvolte le rivalità fra stili differenti. Kase ricordo quando nel 1949 le Scuole Shotokan del Giappone dell’est andarono a Kyoto ad incontrare le università dell’ovest. Ritsumeian, Doshisha, Kansoi e così via, principalmente gruppi Goju, con forse un paio di Shito-ryu. Kase ricordò che prima che cominciasse la sessione di kumite i maestri dello Shotokan dissero ai loro studenti che non doveva esserci contatto, ma in realtà era chiaro che dicendo niente contatto, intendessero “contatto” e visto che i maestri Goju avevano fatto un discorso simile ai propri allievi, la sessione di kumite divenne una sorta di bagno di sangue, con molti partecipanti che finivano a terra perdendo i sensi e con i denti spaccati a causa dei pugni degli avversari.
Ci fu un meeting per decidere se fosse il caso di bloccare il kumite per via degli infortuni. Qualcuno voleva fermarli, ma Kase ricordò che fino a che poterono restare in piedi, continuarono a combattere. In ogni caso furono tutti d’accordo che i capitani dovessero combattere e a Kase toccò il capitano di Ristumeikan, che riuscì a stendere al tappeto. Rimase ferito? Domandai… “No”, era stato fortunato a schivare l’haito dell’uomo di Ritsumeijan che gli sfiorò la testa, Kase ricorda ancora l’attacco toccargli i capelli. La gente del Goju era rozza e Kase rammentò che lo stile Shotokan con i suoi calci yokogeri e mawashigeri che avevano una portata maggiore, funzionava piuttosto bene contro di loro. Il Goju era uno stile più adatto ai combattimenti da molto vicino e a quei tempi il karate Goju non utilizzava quelle tecniche di calcio. Fu circa dai quei tempi che queste tecniche cominciarono a diffondersi all’interno del Goju.
Il karate Shotokan non era molto ben organizzato a quel tempo, ma i vari gruppi e le diverse fazioni, i gruppi di Keio, Hosei, Waseda, Taushoku, Chuo and Senshu basati sulle Università riuscivano a lavorare assieme. Quando Kase ottenne il terzo dan nel 1949 lo fece davanti ad una giuria composta dagli anziani di tutte le scuole e passò assieme a Jotaro Tagaki di Chuo e Shimamura di Takushoku. Le cose sembravano andare avanti abbastanza bene, ma certamente c’erano delle differenze tecniche tra i diversi gruppi e anche tra quelli che avevano studiato in Giappone durante gli anni trenta, quelli che avevano studiato negli anni quaranta e quelli che avevano combattuto in Cina, Manciuria e altre parti dell’impero giapponese. Nell’81 Kase mi disse che quando Masatoshi Nakayama tornò in Giappone dopo la guerra e vide gli studenti più giovani fare lo yokogeri e il mawashi geri disse “ Questo non è karate Shotokan”. In Belgio, Kase confermò questa storia assicurando che Nakayama disse “non accetto, non accetto”. Quelle tecniche si stavano però fissando molto bene e Nakayama stesso cominciò ad includerle nelle sue dimostrazioni.
Negli anni 50 le diverse fazioni dello Shotokan cominciarono a separarsi e Kase decise per la JKA della quale divenne uno dei membri più importanti (senior). Avvenne in questo modo: Kase aveva lasciato l’Università e viveva in un sobborgo di Tokyo, Hidetaka Nishiyama viveva li vicino e spesso cercò di persuadere Kase a far parte della JKA. Kase era incerto tra due scelte. Poiché era venuto a contatto con il gruppo Hironishi di Yoshitaka Funakoshi, e mi disse che molti allievi di Hironishi cercarono di convincerlo ad aprire un dojo permanente dove avrebbero potuto stabilire una nuova associazione per allenarsi ed insegnare karate Ma questo non accadde mai e Kase entrò nella JKA. Questo gli diede il tipo di vita che cercava nel Karate.
Ho ricordato a Kase che in quei tempi la JKA, il dojo Yotsuja, era gestito prevalentemente dagli uomini di Takushoku… causò questo delle difficoltà , provenendo Kase da Senshu?. No, mi rispose. Questo era dovuto in particolar modo a Masatoshi Nakayama. Nakayama era una buona persona e voleva che tutti lavorassero assieme, quindi non c’era alcun tipo di problema. Kase fu un membro molto importante della JKA. Fu uno dei direttori, fu coinvolto nella formulazione delle prime regole e fu un istruttore (senior), il che significava che era il responsabile dell’insegnamento della prima generazione di istruttori internazionali. Nomi come Hirokazu Kanazawa, Keinosuke Enoeda e Hiroshi Shirai. Questi tre campioni della JKA fecero in fatti un giro del mondo assieme a Kase, dando dimostrazioni ovunque capitassero. Terry O’Neill, l’ex capitano della squadra Britannica di Karate, vide una di queste iniziali dimostrazioni e mi disse che Kase aveva effettivamente del potere sugli altri. E spesso diceva agli altri di alzarsi e lavorare con lui e occasionalmente ne buttava un paio al tappeto. Quindi si comportavano con Kase con deferenza? Domandai a Terry “Oh si”mi rispose “certamente”.
La JKA cominciò a mandare istruttori all’estero attorno al 1960 e lo stesso Kase prese parte all’esodo un paio d’anni dopo. Insegnò in Sud Africa per un po’, poi si trasferì definitivamente con moglie e figlie in Francia, la quale è stata la sua base per gli ultimi trent’anni. Fu Henry Plèe, il fondatore del Karate francese che lo portò lì, ma il tutto avvenne per caso. Plèe aveva organizzato il suo corso estivo a St. Raphaele aveva chiesto a Shirai di insegnare. Ma Shirai non riuscì a farcela e face in modo che qualcun altro andasse al posto suo e quando Plèe vide che questo sarebbe stato Kase… beh effettivamente ci rimase male. Plèe non aveva mai visto Kase, escludendo certe foto apparse su “karate” un libro tascabile nelle vecchie collane Marabut Flash e non si era fatto una buona opinione sulla sua tecnica…
Ma dovette presto rassegnarsi al cambio d’insegnante e in seguito, non appena il corso cominciò a svilupparsi, velocemente il suo punto di vista cambiò. Kase aveva un ottimo rapporto con gli studenti e in termini di karate “una tecnica formidabile”. Alla fine del corso ci fu un accordo affinché Kase andasse ad insegnare nel famoso dojo di Henry Plèe al quinto “arrondissment” di Parigi, e Plèe scrisse un libro per il suo Budo Magazine Europe intitolato: “Dangers Sur Les Interpetations des photos de Karate” Errori nel giudicare il karate dalle foto”.
In effetti, Kase era rigoroso nell’insegnamento del kihon e del kata, ma nel kumite la sua tecnica era molto più libera. La cosa importante nel kumite era la capacità di scegliere l’attimo giusto, il movimento, e l’applicazione della forza al momento corretto. Tommy Morris, il famoso karateka scozzese, che si allenava al dojo di Plèe disse che nel kumite Kase “si poteva muovere davvero”. Sfortunatamente non sembra esserci molto materiale che lo riguardi durante questo periodo. Possiedo un breve filmato in cui Kase si difende da due che lo attaccano durante una dimostrazione ai Campionati Inglesi, in cui sembra atterrarli con estrema facilità,e l’esecuzione del kata Meikyo durante un campionato IAKF qualche anno dopo. In contrasto con i kata che vediamo ora, il Meikyo di Kase non è esagerato o teatrale, la tecnica è semplice ma forte, ed il movimento liscio sia sul tatami sia nella transizione da una tecnica all’altra; il kata di un karateka maturo, potremmo dire.
Ho mantenuto la corrispondenza con Henry Plèe per anni e quando andai a Parigi un paio d’anni fa parlammo dei vari maestri giapponesi che portò ad insegnare nel suo dojo tra gli anni 50 e gli anni 60. Hiroo Mashizuki, Tetsuji Muratami, Tsutomi Oshima, Mitsusuke Harada, Taiji Kase.
Henry mi rammentò che spesso provava la forza di questi istruttori in allenamento poco dopo il loro arrivo. Per esempio aveva colpito Muratami con un pugno anteriore (kizami???) lasciando un segno delle dimensioni di un piccolo uovo sulla sua fronte. Aveva fatto kumite con Kase? Certo, Henry aveva molti anni di esperienza nel judo alle spalle e quindi dopo un paio di movimenti cercò di atterrarlo con una presa del judo, ma Kase non si scostò – “era come una roccia”- e poi quando Henry tolse la presa e cercò di muoversi all’indietro Kase lo colpì con un calcio laterale che lo raddoppiò. “Ok disse a Kase “ ora so chi è il più forte! Chiesi a Kase di questa cosa e lui sorrise. Si era successo. Plèe aveva fatto Judo, ma anche lui era un esperto judoka e “il livello di judo giapponese è molto alto”.
Plèe disse al giornale francese “Bushido”:
Il maestro Kase è solamente un piccolo uomo ma padroneggia il senso del combattimento. Il suo valore eccezionale sta nella pratica di due forme di karate. Una basata sul combattimento, l’altra basata sulla pratica dei fondamentali. Un altro dei suoi vantaggi è una semplice strategia, si adatta all’avversario. Vede un’apertura e, aiutato dal suo senso del tempo, vi entra. Ciò che da spessore alla sua forza è la sua esperienza nel combattimento reale. Ecco un esempio, diverse volte ho potuto testimoniare la sessione di allenamento speciale tra lui, Shirai e Enoeda, durante la quale essi lavoravano sul combattimento. Se la portata e la velocità degli altri due lo costringevano ad allungarsi allora immediatamente il maestro Kase si rimetteva in piedi. Loro facevano marcia indietro. Questi tentativi, credetemi erano davvero importanti. Mi hanno aiutato a capire cos’è il combattimento nel karate, il combattimento reale, anche se le regole sono rispettate. In ogni caso mi è sembrato che la sua esperienza nel judo lo aiutasse molto. Aveva imparato bene il modo in cui spostare il peso del corpo. Sa quando l’avversario può o non può attaccare, nel senso che, quando un avversario sta spostando il peso del corpo, non può attaccare e questo è il momento in cui Kase lancia il suo famoso attacco profondo. Penso che il judo sia presente nel suo metodo di combattimento. Mi ricordo quando arrivò in Francia, i karateki francesi erano influenzati dallo stile Shukokai, il cui stile di combattimento si basava nel tenere il peso soprattutto sulla gamba davanti e sicuramente Kase si divertì a gettare al tappeto questi sfortunati. Ma non tentate di fare questa cosa con lui. Lui non può essere sradicato dal terreno. Occasionalmente mi allenavo con i diversi esperti che invitavo al mio dojo. Avendo esperienza nel judo, qualche volta li sorpresi e occasionalmente li gettai al tappeto. Ma non sono mai riuscito a fare una cosa del genere con lui. E’ come se fosse di cemento. Per me è il miglior combattente mai incontrato. Ama combattere e non rifiuta mai una prova. Ecco un’altra storia. Non so se i karateki francesi si ricordano di Baroux [nota: Patrick Baroux è stato campione europeo negli anni 60]. Gli ero molto affezionato e la sua morte mi scosse molto. In più egli era un grande campione. Si allenava spesso con me. Un giorno tornando dai campionati europei dove aveva vinto il titolo, mi disse “sai penso di poter battere il maestro Kase, mi piacerebbe provarci”.
Lo dissi a Kase e lui mi disse “nessun problema, quando vuole”. L’incontro prese luogo nel dojo vicino all’entrata. Kase lasciò Baroux fare due o tre tecniche, dopodiché ruppe l’andatura. Lo ridusse in polvere. Più tardi Baroux mi disse “Non ci avrei mai potuto credere, che uomo!”
Terminato il contratto con Henry Plèe, Kase si mise in proprio e diede lezioni in giro per l’Europa. Era ancora nella JKA e ci rimase fino ai problemi politici degli anni ottanta quando l’abbandonò per creare la propria organizzazione. Come disse Plèe: “Kase non è mai stato un politico”. Voleva solo fare karate e la rottura nella federazione gli permise di fare ciò che voleva nel modo in cui voleva. Kase non ebbe un dojo permanente per anni, preferendo viaggiare per l’Europa o dando corsi principalmente alle cinture nere. Anche a settant’anni faceva questo nella maggior parte dei weekend fino a quando fu colpito da un attacco di cuore l’anno scorso. Questo fu sicuramente un colpo molto forte, ma poi, dopo nove mesi circa diede una lezione per il suo ritorno a Parigi in febbraio che fu seguita da 200 cinture nere. Un paio di mesi dopo venne il corso di Hasselt dove c’incontrammo.
Vidi per la prima volta il Maestro Kase insegnare a Londra nel 1981 in un corso per un’unione di karate della Gran Bretagna. Stava analizzando il kata ed era interessante vedere il modo in cui prendeva le forme e ne mostrava aspetti particolari, come la miglior posizione del corpo da tenere in relazione all’avversario. Ad Hasselt gli allievi fecero un po’ di kumite dichiarato e alcune combinazioni di tecniche, ma – Kase si concentrò principalmente sui fondamentali – distanza, respirazione, difese e tecniche di parata. Cominciò la prima sessione con i movimenti iniziali del kata Sochin, lavorando sul kime e sul radicamento al suolo e spiegò che in quella posizione ci si dovrebbe sentire “come se si pesasse 200 kg ”. Poi ci fu una sequenza di movimenti a mano aperta (shuto) prima fatti lentamente, coordinandoli con la respirazione – questo ricordava gli allenamenti nel Goju – poi velocemente, con un kime improvviso e forte. Quando lavorò con le tecniche di parata, prima le fece fare con movimenti molto ampi e con la massima forza, poi la grandezza del movimento fu ridotta prima a metà e poi a pochi centimetri - mentre l’energia restava uguale. In kumite non si ha mai il tempo di fare una difesa usando un’apertura completa, ma anche con piccoli movimenti si dovrebbe essere in grado di fare male sull’arto dell’avversario che sta attaccando, o gettare al tappeto lo stesso con la potenza della difesa. Kase spiegò agli allievi che si trattava di un tipo di karate “velocità + forza” ed aggiunse che nel kumite si dovrebbe essere in grado di andare da zero a cento in un attimo.
Kase enfatizzò il fatto che si trattava di “Karate Budo” e quando gli parlai più tardi rimasi impressionato dal modo in cui potesse parlare con autorevolezza di una vasta gamma del Budo giapponese. Parlò del kendo, del judo e di molti famosi judoki come Kyuzo Mifune e Masahiko Rimura, entrambi da lui conosciuti personalmente. Parlò di Morirei Ueshiba e dell’Aikido (che riassunse in “Dayto-ryu più shintoismo” di figure quali Yukiyoshi Sagawa il novantenne esperto in Daito-ryu morto alcuni anni prima, che molti pensavano fosse migliore di Uyeshiba (“alcuni dissero secondo a Takeda” aggiunse Kase). Quando il suo anziano studente, Dirk Heene, menzionò un amico che era stato allenato in Hakko-ryu e Ju-jutsu, Kase ebbe la competenza di spiegare le origini dell’Hakko-ryu. Certamente Kase conosceva bene gli altri stili del mondo del karate giapponese;
Mentre insegnava (al corso di Hasselt n.d.t.) Kase fu molto affabile e paziente. Comprensibilmente, non si esercitò molto, ma quando mostrò una serie di tecniche apparse sorprendentemente in forma, specialmente per un settantunenne ricoverato per un attacco di cuore. Le lezioni erano per cinture nere con molti degli allievi con venti o trent’anni di esperienza nel karate alle spalle. Molti di loro erano arrivati da altre federazioni, dopo che la loro carriera aveva smesso di essere competitiva e si erano preoccupati di accusare una certa mancanza di profondità nella loro pratica. Con Kase alcuni di loro mi dissero di aver trovato una strada nuova e vigorosa.
Io non pratico il karate Shotokan, e non posso dare giudizi sulle varie organizzazioni che lo insegnano, ma il gruppo di Kase mi sembrò molto leale e la sua influenza molto benigna. Dopo tutto l’allenamento, gli esami di grado ed una lunga ed impegnativa giornata, ci fu una cena e questo fu il momento in cui riuscii a parlarci per un paio d’ore e fargli tutte le mie domande. E’ stato diretto e amabile, persino gioviale. Quando il pasto finì, Drike Heene portò me, Kase e sua moglie ai rispettivi hotel. Poco prima dell’arrivo al mio albergo, Kase mi domandò dei Karateki inglesi che aveva conosciuto dagli anni sessanta: Bob Poynton, Andy Sherry, Terry O’Neil, Frank Brennan. Si allevano ancora? Certamente, gli risposi. Era una cosa buona rispose. Ora erano separati in differenti associazioni, ma erano sempre tutti nella stessa famiglia , quella dello Shotokan e ognuno deve mantenere forte il proprio karate.
Arrivammo all’hotel e posso ricordare le ultime parole del maestro Kase pronunciate mentre uscivo dalla macchina e lo salutavo. “Ricorda” mi disse “se li vedi, di loro di continuare al allenarsi”.
Graham Noble