Continuando nella serie di interviste ai grandi Maestri che hanno segnato la storia dell'odierno Karate, incontriamo il Maestro Taiji Kase responsabile dello Stile Shotokan in Europa per conto della Japan Karate Association, di cui è stato, insieme al Maestro Nakayama, uno dei principali fondatori.
Vorremmo ringraziare la cortese collaborazione del Maestro Shirai, del Maestro Naito e della gentile figlia del Maestro Kase sig.ra Yumiko Kase che si è prestata come attenta interprete a questa intervista.
Il Maestro Kase rappresenta per i karateka italiani una sorta di mito e gode di una grande ammirazione, dovuta al suo passato che potremmo definire storico e alla sua personalità, che può solo suscitare rispetto in chi ha avuto modo di incontrarlo in prima persona, parlando o partecipando alle sue lezioni, non si può non rimanere affascinati dalla tranquilla pace e serenità che questa persona sa emanare senza bisogno di parole o gesti, sensazioni queste che solo un uomo in pace con sé stesso e convinto delle proprie scelte può infondere nel prossimo.
Dopo aver praticato dai sei ai tredici anni Judo, casualmente sfogliando un libro dal titolo «Karate Do Kyo Han» scritto dal Maestro Funakoshi, colui che diventerà in seguito il Maestro Kase, rimase affascinato e nello stesso tempo intimorito dalle immagini che questo libro riportava, decise quindi di cercare una palestra dover si praticasse Karate e da qui iniziò la sua storia.
YOI: Maestro Kase come è iniziata la sua avventura al di fuori del Giappone?
Maestro Kase: Nel 1965 il Maestro Shirai ed io siamo stati invitati in Italia dal Maestro Fassi ed insieme abbiamo iniziato gli allenamenti con i nostri primi allievi; Falconi, Baleotti, Parisi, Perlati, Tammaccaro, De Michelis, Zoia, ecc. Allora l’allenamento era molto duro ed era anche più difficile continuare, ma questo ha contribuito a formare un grosso legame affettivo con il karete italiano e con questi primi allievi che io tuttora ricordo con grande affetto quasi fossero “ miei figli”. Tuttavia per poter progredire nel karate non è sufficiente fare solo molte ore di allenamento e sviluppare l’aspetto tecnico ma è indispensabile progredire anche con un certo tipo di mentalità, cosa non sempre facile.
YOI: Cos’è per lei il karate?
Maestro Kase: Personalmente ritengo che una persona dopo 20 anni di pratica di Karate possa considerarsi a circa un terzo della sua strada quindi con moltissime possibilità di crescere, dopo 25 – 30 anni, allora si potrà capire cosa è veramente il Karate, l’importante resta comunque di continuare.
Un esempio potrebbe essere la scalata di una montagna, camminando verso la vetta lo scalatore ha modo di osservare come ad ogni tappa l’aria ed il paesaggio cambino, continuando sempre più in alto egli scopre cose sempre nuove, sino a raggiungere la vetta, dalla quale solo allora potrà godere di una visione completa assaporando la gioia di tutte te fatiche consumate per raggiungerla.
Purtroppo qualcuno durante questa scalata pensa di aver raggiunto la vetta e si ferma, accontentandosi di ciò che ha trovalo o illudendosi di essere già arrivato e questo é un vero peccato!
Lo stesso discorso riguarda un praticante di karate. Dopo 40 anni di pratica penso di essere quasi arrivato alla cima, ma so che devo ancora proseguire, la stessa idea segue il Maestro Shirai. ed è importante che insieme decidiamo di continuare.
YOI :Maestro Kase da che cosa è rappresentata la meta dei suo cammino?
Maestro Kase: In Giappone quando un allievo inizia la pratica del karate la prima cosa che gli viene insegnata non è la tecnica, ma tutta una serie di regole morali e sociali che formeranno la base per la sua crescita, solo in seguito si inizierà la pratica, maturando le due cose contemporaneamente; questo rappresenta la base dalla quale io sono partito. In seguito tutte le tecniche apprese vengono utilizzate per una conoscenza approfondita di sé stessi, al termine della quale risulta molto più facile abbattere un avversario in caso di necessità. Per abbattere un avversario potrebbe essere sufficiente un'arma, ma questa resterà solo un oggetto, mentre il karate, dopo molti anni di pratica diventa qualcosa che è dentro di noi e ci permette di sviluppare sia la nostra forza fisica che le nostre capacità mentali, sviluppando così quello che si può definire il nostro sesto senso, attraverso il quale riusciremo a percepire chi è l'avversario e quali sono le sue intenzioni.
Questo che chiamiamo sesto senso era nel nel tempo antico molto più sviluppato negli uomini, in quanto la loro era una vita molto più istintiva, che li avvicinava all’intuito del mondo animale, ora tutto questo si va velocemente deteriorando per il tipo di civiltà in cui viviamo; quindi il karate può essere considerato un mezzo attraverso il quale riscoprire questa intuizione. Sto cercando di sviluppare questa capacità primordiale dell'uomo e penso di esservi molto vicino, per questo mi sto allenando, quando la troverò ve la mostrerò, spero solo di avere sufficiente tempo a disposizione prima di morire.
YOI: Lei forse non sa di rappresentarne per molti karateka italiani una sorta di mito, di leggenda vivente, su di lei si raccontano molte cose, vorrebbe raccontarci uno dei momenti più rappresentativi della sua vita come karateka?
Maestro Kase: Praticavo già da qualche anno il karate, quando nel 1944 entrai nel Corpo della Marina Giapponese, qui mi resi conto di come il modo di fare karate fosse molto diverso da quello a cui ero abituato. Nell'esercito la vita era molto meno importante, l'allenamento molto più duro e più tragico in quanto rappresentava un mezzo per sopravvivere.
La differenza sostanziale tra il karate odierno e quello che praticavo nell'esercito era che oggi si deve controllare il colpo per non fare male, allora sì controllava il colpo per non uccidere.
Oggi il karate è uno sport praticato da molte persone, allora era qualcosa in bilico tra la vita e la morte, infatti qualcuno morì per incidenti durante gli allenamenti.
YOI: Che tipo di allenamento veniva praticato?
Maestro Kase: Considerato che lo scopo essenziale era quello di abbattere l'avversario, l'allenamento era impostato sul potenziamento della tecnica; si faceva molto esercizio al makiwara, 1000 o 2000 ripetizioni per tecnica, soli o a coppie, bisognava colpire sempre, evitando solo la morte del compagno. La parata rivestiva un ruolo molto più importante di quello attuale, in quanto serviva come mezzo per rendere inoffensivo l'avversario, per questo era molto importante fortificare le braccia, per poter spezzare l'avambraccio o la gamba dell'attaccante, per ottenere questo le parate venivano allenate con l'ausilio di bastoni di legno o contro alberi, tutto l'allenamento era volto ad un unico scopo, non era necessario contrattaccare, una parata doveva essere sufficiente a rendere inoffensivo l'avversario.
YOI: Maestro Kase se qualcuno la offende o la aggredisce, quale sarà la sua reazione?
Maestro Kase: Qualsiasi cosa una persona possa dire a me, non avrebbe nessuna importanza perché io ho la mia Via da seguire, la mia reazione sarebbe di sorridere a chi mi ha offeso. in fondo se una persona pensa determinate cose di me va bene, in quanto ognuno é libero delle proprie idee, ed ognuno sceglie la propria Via da seguire. Questo non significa che io non rispetto le idee altrui, anzi è proprio per quesito mio rispetto che eviterò in seguito di incrociare la mia strada con quella di chi mi ha offeso, per evitare inutili contrasti. Non so quanto avrò da vivere, ma so quello che devo raggiungere e quale Via devo seguire, la mia unica paura é di non avere sufficiente tempo a disposizione per tutto questo, perciò non voglio sprecare tempo ed energie inutilmente; solo in caso di un'aggressione fisica cercherei di reagire, rendendo inoffensivo il mio aggressore o facendogli perdere i sensi, in modo che al suo risveglio io sarò già lontano.
Questo tipo di tecnica esiste anche nel judo, nei karate si chiama tecnica di Atemi e consiste nel colpire un punto debole del corpo dell'avversario. Se tutte le persone pensassero in questo modo, probabilmente sarebbe molto più semplice vivere, perché quando si rispetta una persona, automaticamente la sì invita ad avere il medesimo atteggiamento nei propri confronti.
In Giappone in ogni famiglia esistono determinate regole che è indispensabile rispettare per vivere secondo questo principio. Nell'antico Giappone i Samurai vivevano secondo regole molto più severe di quelle attuali, se qualcuno disobbediva veniva ucciso, o se una persona riteneva di aver oltrepassato il limite e voleva chiedere perdono aveva un solo modo per farlo: Harakiri. solo con la morte era possibile chiedere scusa; esisteva un filo molto sottile che separava la vita dalla morte, per questo era molto importante seguire e rispettare le regole. Attraverso altri mezzi anch'io voglio raggiungere queste regole di vita e sto lavorando per questo.
YOI: Quali sturo stati i motivi dello scissione tra lo stile Shotokan e lo stile Shotokai?
Maestro Kase: il Giappone era un'isola separata dal continente, esiste un sistema di società molto particolare e caratteristico, con conseguente grosse differenze tra le popolazioni, la scissione è stata causata in parte anche da queste differenze. Sono molti anni che pratico karate e se continuo ad avere lo stesso entusiasmo e la stessa voglia di fare questo lo devo al Maestro Yoshitaka, figlio de Maestro Funakoshi, il quale allora era già molto disagiato in quanto ormai anziano. Yoshitaka è stato colui che più mi ha insegnato e colui che io ricordo maggiormente. Ho ancora presenti nella memoria le sue parole e le sue espressioni, ho avuto modo di vedere il Maestro Yoshitaka portare il Karate ad un alto livello, era un grande Maestro eh ha avuto numerosi buoni allievi, che come lui avevano come unico desiderio il perfezionamento del Karate. Secondo me non riveste nessuna importanza la differenza tra Shotokan e Shotokai l'importante è seguire la stessa Via, il resto sono solo dettagli di scarsa importanza, personalmente ho un solo un grande desiderio: portare il Karate a livelli sempre maggiori e dopo di me trovare qualcuno che possa e voglia proseguire in questo cammino.
Per meglio spiegare l'importanza dell’opera di Yoshitaka possiamo affermare che egli ha portato una rivoluzione nel Karate, la stessa cosa accadde ad esempio nel balletto classico, quando da passi eseguiti sulla pianta del piede si passò alla danza sulle punte, fu una rivoluzione, la stessa cosa nel Karate con il Maestro Yoshitaka. Esistono più stili ma la rivoluzione non è questione di stile, ma un qualcosa che ha elevato il livello generale, non è sita solo la creazione di un determinato stile o di una forma; nello Shotokan la posizione è bassa nel Wado ryu è più alta, ma tutto questo ad un certo livello non riveste nessun valore. Il M° Yoshitaka ha lavorato per elevare il livello del Karate attraverso l'evoluzione delle qualità umane quali la forza e la velocità e per fare questo seguendo le leggi fisiche è stato costretto ad abbassare le posizioni. Ad esempio un maratoneta può tenere una posizione alta, perché il suo scopo è la resistenza per percorrere lunghe distanze; lo scattista al contrario, partirà da una posizione bassa per acquisire la maggiore velocità possibile; stesso discorso nel Sumo dove i combattenti abbassano il baricentro per avere il massimo della loro potenza, anche le auto da corsa quali Ferrari e Porche sono basse sempre per sviluppare velocità. Quindi lavorando sulla velocità e sulla forza si è arrivati alla conclusione che per esprimere al massimo queste due qualità era necessario allenarsi ad una posizione che consentisse un baricentro basso, ed in questo lo stile non ha nessuna importanza.
Grazie Maestro!
Dalla prima pagina del libro del Maestro a Taiji Kase 8° Dan «18 Kata Superiori Shotokan Ryu»:
Il karate Do è una via nella quale si pratica tutta la vita al fine di raggiungere l’armonia fra il corpo e lo spirito.