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Ricordo di presenza
Ricordo e presenza del Maestro Kase
A cura di Luciano Puricelli - I testi sono © dell'autore tutti i diritti riservati


Zen chi shiki
Colui che sa (chi ) - e conosce (shiki ) - il bene ( zen ) : l’amico del bene, la guida spirituale

Ma se ne è proprio andato?

A chiunque ne parlo, anche occasionalmente, il Maestro Kase è lì, presente.
Immediatamente sensazioni, emozioni, ricordi compaiono, sono vivi e si manifestano spontaneamente.
Soprattutto gli occhi dei vecchi karateka, quelli che con lui hanno lavorato a lungo, si illuminano come quelli di un bambino che ascolta qualcosa di bello.
È come se dal fondo del quotidiano, dal corpo di chi è presente sprigionasse una luce, che da qualche parte del profondo sgorga una immagine, un affetto, un sorriso interiore col quale ci parliamo, senza bisogno di parole.
Karate come stile di vita, come pratica di vita, come vita di pratica, come pratica nella vita, questa totale aderenza al proprio karate do era il Maestro Kase.
Un giorno mi ha detto: “quando morirò mi troverò di fronte al mio Maestro, di fronte a Yoshitaka Funakoshi, e dovrò rendergli conto! Lo ringrazierò e gli dirò: ecco quel che ho fatto! Questa è la mia vita nel karate-do, questi sono i miei risultati”. E diceva questo con orgoglio, conscio di aver fatto il proprio dovere, e del proprio meglio, senza tentennamenti. Lo diceva contento come colui che ha dato senza riserve, e non ha nulla da rimproverarsi perché ha sempre camminato sulla via indicata dal suo maestro e in cui credeva profondamente.

Molte volte anche dopo il secondo infarto, iniziava gli stages, riaffermando la propria convinzione, e dicendo: “nonostante tutto io sono qui, questo è un fatto, non parole”! Dopo una tale premessa eravamo tutti dei leoni, chi avrebbe avuto il coraggio di tirarsi indietro? Solo uno stupido o uno senza dignità.

Sappiamo che tanto era gentile verso l’esterno, tanto esigente era con sé stesso riguardo alla Via e alla pratica, ma questo rigore non strideva, non era ossessivo, era sempre intergrato in una armonia che indicava la qualità del livello da lui ottenuto nella Via e la giustezza e l’equilibrio della sua pratica, sia pure spinta al suo limite estremo.

A pensarci bene una sintesi difficile, ma in lui tutto era naturale.
Il suo insegnamento non si rivolgeva ai principianti, era focalizzato ad innalzare il livello dei karateki già esperti, proprio in quel momento della Via in cui possono comparire difficoltà, in quel momento in cui occorre superare schemi che hanno esaurito la loro funzione primaria che non consentono, salvo un caso fortuito, l’accesso ad un livello superiore.

Il Maestro Kase si situava in quella zona dell’esperienza, in cui ciò che sembrava chiaro, perdeva forza, perdeva energia, in quel punto del cammino dove le certezze non sono più certezze e dove comincia la vera ricerca, la vera realizzazione, dentro e fuori.

Lui chiedeva questo salto qualitativo, e quando vedeva qualcuno che capiva si illuminava.
Una volta in montagna, in un allenamento personale, oltre me c’era solo Arrigo Cipriani, mi ha mostrato in cosa consisteva to-ate. Poi mi ha detto: “questo è per te, questo è il cammino che devi percorrere dal tuo livello attuale, verso quello che hai appena visto, e oltre!”.

La sua domanda sintetica era: “What do you want?” (cosa vuoi, cosa cerchi?) e questo presupponeva che l’allievo avesse già cercato, e cercato a fondo nella propria pratica, acquisendo consapevolezza e conoscenza di se stesso, e che si fossero manifestate quelle condizioni in cui uno è pronto a fare il grande balzo in avanti.

Cosa cerchi, non era una domanda retorica, ma una spinta reale a non fermarsi.
Una volta giunta la risposta, era ancora più sintetico, diceva: “yes or not?”
È vero o falso? Funziona o non funziona?

Fai esperienza, avanza, se non va, sii abbastanza umile da cominciare tutto da capo, e lui era sempre lì a dimostrarlo. Solo cosi una ricerca sincera ti porterà ad essere, cioè a sperimentare con tutto te stesso la verità.

Il Maestro Kase cercava continuamente il proprio miglioramento e cercava in tutte le direzioni, nella letteratura, nell’astronomia, leggeva i classici del Budo, era uno spirito fine, aperto, curioso e ciò che è raro, disponibile alla innovazione.
In lui l’audacia è la condizione di guerriero. L’audacia si fonda sulla capacità di essere autentico, è il principio della non illusione. Autentico è essere non dualistico. La duplicità è uno dei principali ostacoli alla realizzazione.
Tutto si fonda sull’azione di non imbrogliare nessuno, e apprezzare se stessi allo stesso modo. La saggezza è uscire dai propri limiti, dagli schemi quando questi costituiscono un impedimento, e l’audacia di mollare la presa è da pochi.

Mollare la presa nel corpo, ovvero essere capaci di disciplina immacolata e totale, di disciplina pura.
Mollare la presa nella parola, ovvero dire la verità.
Mollare la presa nella mente, ovvero la capacità di non raccontarsi storie. L’ignoranza è indecisione, è l’incertezza riguardo al come comportarsi, occorre praticare veramente per mantenersi su un terreno saldo.

Il Maestro Kase aveva studiato profondamente l’Heiko Kadensho e questo traspariva in una parte del suo insegnamento e di quella che chiamava, rivoluzione nella tecnica.

In questo testo è detto che: “scopo della pratica, o essenza della tecnica, è trascendere completamente la tecnica stessa. È portando l’essenza ai suoi limiti estremi che il praticante è in grado di superarla ed andare oltre le sue barriere anguste. In qualunque arte marziale, l’allenamento disciplinato interiorizza la pratica al punto che questa diventa del tutto naturale…”

Il Maestro Kase allora diceva andare oltre la forma, che nel suo inglese suonava:”Formality or Reality”.

Cosa voleva dire?
La forma è ciò che si vede, ciò che appare, però per lui era necessario non fermarsi là, occorreva guardare meglio, investigare in profondità, andare oltre l’apparenza, oltre l’involucro esteriore.
Durante un suo allenamento giovanile, il Maestro Okuyama un giorno che nevicava molto, gli chiese di andare fuori, sotto il pergolo e di osservare dalla posizione di seiza la neve cadere. Per circa tre ore il Maestro Kase si applicò ad osservare la neve cadere, senza comprendere cosa Ouyama gli chiedeva. Dopo tre ore Okuyama gli chiese allora hai visto? Di fronte allo stupore e all’incomprensione del giovane Kase, il Maestro Okuyama lo rimproverò, dicendo, ti ho detto di osservare, di guardare, devi andare oltre il semplice fatto fisico di guardare… Dopo circa sei ore improvvisamente, dice il Maestro Kase, la mia visione cambiò, potevo seguire il percorso di ogni singolo fiocco di neve, persino vederne la struttura cristallina interna, improvvisamente la forma ordinaria era scomparsa, per lasciare posto ad un’altra realtà.

Bisogna cogliere la realtà, la Vera Realtà, ciò su cui la forma (ovvero la mente) si fonda. Fare il vuoto nella mente significava per lui spazzare via tutto ciò che era apparenza, formalità e cogliere il movimento interno dell’energia di questa forma.

immagineIn una poesia il Maestro Gichin Funakoshi ha scritto sulla Via: “ Chi camminerà diritto?” Il Maestro Kase ci spingeva in quella direzione. Pochi sono quelli che hanno il coraggio di rimettere in discussione le proprie profonde convinzioni, di lasciare tutto, se necessario, per camminare sull’Unica Via, nella direzione dell’incerto, verso ciò di cui non si è ancora consapevoli, verso la realizzazione autentica.

In questa area della sperimentazione umana, della pratica, la forma è vuoto, e questo vuoto, che è comunque un vuoto che agisce, è forma.

In questa area la mente opera comunque, si trova tra il cielo e la terra. Il vuoto della mente si trova tra il cielo e la terra e ne è il signore, se si trova nel corpo dell’uomo, è il signore del corpo, se fai karate, è il signore del karate. La mente corretta, la mente originale è la mente della Via.

Tutto questo è difficile da capire con le parole, e mi ricordo molto bene il distacco e l’intensità dello sguardo del Maestro Kase quando parlavamo di questo aspetto della pratica.

Spesso concludeva con parole semplici, ermetiche dicendo: “Zero uguale cento, cento uguale zero”, e sorrideva! Anche adesso in questo momento che scrivo, in questo momento che leggete è qui che ci sorride e ci incoraggia!

Ma se ne è proprio andato?
Oss
Luciano Puricelli

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