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Lettera Aperta
Dedicato al Maestro Kase
A cura di Luciano Puricelli - I testi sono © dell'autore tutti i diritti riservati

Kase SenseiLa pratica del karate è qualcosa di profondo, un misto di sudore, fatica, forza, esplosione, rilassamento, gioia, sogni, pace, in poche parole è un movimento di energia che attraversa il Maestro e gli allievi e i due sono profondamente legati da questo vissuto e da questa ricerca mai finita di sincerità e autenticità.

Il Bushido è stato e per alcuni lo è ancora il codice etico e morale di comportamento dei Samurai.
Il Maestro T. Kase era un uomo del Budo con un codice molto severo soprattutto con sé stesso e questo non è stato certamente un compito facile.
Vivere nella moderna civiltà dei consumi e seguire questi principi richiede una grande forza spirituale ed una grandissima consapevolezza, il Maestro T. Kase aveva questa profonda comprensione del proprio ruolo e funzione in questa società.

Il Maestro Kase è per noi la pratica del karate, così come lo è il Maestro Shirai.
Sono diversi, è naturale, eppure c’è una qualità di fondo che li lega, che li accomuna, qualità che si rispecchia differentemente in ogni loro comune allievo.

Parliamo del Maestro Kase.
Lavorare con lui seguendo il suo insegnamento era impegnarsi personalmente in una pratica sincera (Makoto) con generosità, prodezza e coraggio per superare ogni ostacolo, la sua Via, la sua vita era il karate, che egli concepiva come ricerca di un continuo miglioramento della persona e un continuo approfondimento e innalzamento della qualità della tecnica.
La tecnica era il mezzo col quale ci parlava, col quale con il suo cuore si apriva a noi e mostrava la sua bellezza interiore.
La tecnica è si un gesto, ma in lui era fondamentalmente espressione di energia.

Cosa ci chiedeva?
Ci chiedeva di camminare con lui, per cercare di andare al di là del proprio limite personale, oltre la limitatezza dei sensi, in una dimensione ch’egli definiva misteriosa.: la quarta dimensione, che non si stancava di indicarci, là dove l’uomo è altro e autenticamente sé stesso, là dove si esprime e si manifesta un’altra energia e dove si è questo ki.
Al di là dei cinque sensi diceva, occorre sviluppare il sesto senso!
E questo si vedeva in quello che lui era, come era, tra l’altro sempre in pace, felice e contento.
Quante volte ci ha portato al di là, durante l’allenamento, al di là dei limiti della nostra volontà, dove il corpo agiva da solo e si muoveva al di là della fatica!

Ma quanti di noi hanno capito o colto la magia di quel momento?
Il suo esempio, il suo messaggio, sono ancora vivi in tutti i praticanti sinceri che hanno condiviso i suoi sogni e che a modo loro li hanno fatti propri, realizzandoli ogni giorno col proprio allenamento e quello dei propri allievi.
Parlando del karate odierno mi diceva che occorre praticare correttamente in modo da onorare noi stessi e la nostra organizzazione e nel far questo avere la certezza che nel seguire questa via abbiamo preso la giusta decisione (Gi).


Oss
Luciano Puricelli

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