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FRAMMENTI DI TRADIZIONE GIAPPONESE 2
FRAMMENTI DI TRADIZIONE GIAPPONESE
A cura di Luciano Puricelli - I testi sono © dell'autore tutti i diritti riservati
Seconda Parte
GIAPPONE:
simboli, tradizione, frammenti

Nell'articolo precedente abbiamo visto come il Giappone vive la propria nascita, anche nei tempi moderni, in chiave mitologica perpetuando una tradizione millenaria la quale fonda la propria identità culturale, sociale e stabilisce i parametri che si concretizzano in tutte le manifestazioni del quotidiano, soprattutto nella Religione e nell'Arte (Quindi anche nell'Arte Marziale) che più di ogni altra espressione si ricollegano e si richiamano fortemente alla Tradizione.Immagine

Il percorso simbolico che lo Shintoismo, Religione di Stato, perpetua nel cerimoniale stabilisce i fondamenti di questo Popolo e quindi ci dà le chiavi di lettura per comprendere meglio chi, e cosa, sono i giapponesi. Abbiamo le possibilità per scoprire la ricchezza e la profondità che si celano dietro ad uno stile di vita spesso difficilmente decifrabile agli occhi di un occidentale.

Il KOGIKI ed il NIHON SHOKI ci riportano le fasi della creazione: gli Dei creano da prima il suolo, lo Spazio, il luogo ed in seguito dalla loro unione nasce l'Umanità che abiterà questo territorio. Tutto ciò avviene secondo un CODICE secondo un RITO .

Il Rito dà le regole, definisce le modalità con le quali l'uomo viene al mondo: la nascita, stabilisce inoltre le regole per la partecipazione per il diritto dell'esistenza all'interno di un dato gruppo e per la creazione attiva del mondo nel quale vivere.

l Rito segna il passaggio dal Caos indifferenziato al mondo reale Ordinato. La cultura e l'ideologia strutturano e danno le regole, senza questa conoscenza diviene molto difficile capire le manifestazioni di un popolo che per molti secoli è rimasto volutamente isolato dal resto del mondo e quindi per estensione dobbiamo affermare che non si può comprendere pienamente il Karate Tradizionale senza una comprensione della cultura giapponese.

Ritornando al concetto di Spazio vediamo che il villaggio rappresenta per la società antica il punto focale di riferimento dello schema di relazioni che si intessono fra persona ed ambiente, fra persona e persona. Il villaggio è costruito per durare e per definire una certa stabilità, condizioni che permettono la creazione di un vivere sociale e lo sviluppo di un'economia necessaria a creare l'occorrente per la sussistenza.

Immagine L'economia rurale proprio perché perfettamente ordinata ed integrata nell'ambiente ( la Terra, la Risaia), da cui traeva il proprio sostentamento, si basava sull'idea di stabilità e durata di tempo e soprattutto di rispetto e perfetto equilibrio armonico.

Il villaggio è il luogo della società, la montagna è il mondo opposto; essa viene definita MORI quando mette in evidenza l'aspetto della natura selvaggia, l'aspetto boschivo, mentre si parla di YAMA quando si mette in evidenza l'aspetto dell'elevazione , quando dal mondo dell'umano ci si trasferisce nel Divino.

La montagna viene dunque vissuta come quella porzione di spazio che rivela le caratteristiche del mondo degli Dei. L'acqua che sgorga dalle sue viscere è per la civiltà contadina la vita, da essa sgorga inoltre l'acqua per la purificazione e la rigenerazione . La montagna è il punto di congiunzione fra il cielo e la terra, fra il divino e l'umano, è il luogo dove il passaggio da un mondo all'altro diviene possibile.

Lo SHUGENDO , tradizione religiosa che fonde le concezioni SHINTO con le teorie Buddiste e le Esperienze Estatiche, fa della montagna YAMA il fulcro del proprio spazio religioso. Il luogo ideale per l'ascesi è lo SHIDE -no- YAMA ovvero il monte che conduce all'altro mondo. E' uno stato di pena, di solitudine, di incubi infernali, ma diviene anche il simbolo della salvezza perché il raggiungimento della cima rappresenta il conseguimento dell'illuminazione. Il potere dell'Asceta è quello di APRIRE, RIVELARE, la sacralità della montagna. Questo luogo sacro è uno spazio quasi trasparente che può svelare la natura del mondo ultraterreno.

Questa potenzialità non è compresa fino a che l'asceta non la intuisce. Vivendo in meditazione sulla montagna, concentrandosi sul simbolismo che ne è implicito egli riconosce e così ricerca il potere sacro di questo spazio.

YAMA è il simbolo della madre terra. Nelle sue viscere, nel buio della caverna lo YAMABUSHI si ritira in solitudine durante il periodo della sua Iniziazione . Uscirà dal profondo della montagna come un uomo diverso, come un essere rinato a nuova vita. Le configurazioni del divino legate al mondo del coltivato e civilizzato riproducono un simbolismo in cui il sacro è strettamente legato all'uomo e alle sue articolazioni sociali.

Il Tempio Shinto (Jinjia) del villaggio è costruito sul pendio della montagna al limitare della foresta, sulla linea ideale di confine fra lo spazio coltivato e la natura selvatica. Questa scelta è motivata dal fatto che nel tempio la divinità non risiede stabilmente, ma è il luogo di incontro fra Dio e la comunità in momenti ed occasioni prestabilite.

All'interno del tempio vi è uno spazio proprio della divinità ed uno spazio proprio del mondo normale. Tale separazione è sottolineata dall'obbligo rituale di purificarsi al momento del passaggio dall'esterno all'interno. Una tale architettura presenta due movimenti dell'uomo e del Kaomi opposti e convergenti.

Nello spazio sacro bisogna seguire un percorso obbligato, il tempio ha un unica possibile entrata per l'uomo, segnata da un portale: TORII.

Il Torii è la porta sacra, per alcuni la porta del cielo e comunque la sua funzione è sempre la stessa, dividere lo spazio sacro da quello secolare.

L'architettura del sacro ci interessa perché lo spazio è sempre significativo per l'uomo e serve a fondere e creare, oltre che vivere, la propria identità. L'uomo si identifica anche per dove vive, dunque al fine di riporre l'uomo al centro dell'universo, ( dimensione e consapevolezza che la banalizzazione del quotidiano sembrano aver relegato nel mondo delle cose inutili a favore dell'agitarsi inconsulto per avere, ottenere, possedere cose) bisogna recuperare la trascendenza. Lo scopo della costruzione del tempio è quello di ritrovare attraverso la perfezione geometrica il piano e lo schema celeste.

Questa costruzione ed il suo orientamento testimoniano gli scambi energetici ciclici fra Cielo e Terra che non possono effettuarsi che in relazione a questa armonia.

Questa armonia e questo universo si ritrovano simbolicamente nell'uomo, poiché per la scienza tradizionale l'uomo racchiude in se tutti gli elementi dell'Universo, anzi in lui un universo in miniatura, è un microcosmo.

Senza approfondire ulteriormente tale soggetto ritorniamo a quanto scritto in precedenza: "Per essere abitato il mondo ha bisogno di essere fondato ", le molteplici omologie tra cosmo, territorio, città, tempio, palazzo, casa, esprimono un'esperienza esistenziale dell'essere al mondo e più esattamente l'esperienza di appartenere ad un mondo organizzato e significativo. Valicare questa entrata: il Torii, assieme al rito di purificazione con l'acqua ( MISOGI ) serve a segnare meglio il distacco e il passaggio da una spazialità all'altra.

Il percorso dell'uomo verso gli Dei è sempre un movimento dal Basso verso l'Alto, la costruzione principale del tempio è posta ad una distanza, più o meno lunga, dal portale di entrata ed il percorso è costruito a gradinate o allungato artificialmente e con un tracciato tortuoso a simbolo del lavoro e del percorso che deve fare l'iniziato che vuole elevarsi spiritualmente al di sopra della propria condizione (Le analogie col mondo del Karate-Do e delle Arti marziali in generale sono innumerevoli, per esempio possiamo parlare del duro lavoro che deve fare il principiante per divenire prima cintura nera e poi Istruttore, Maestro).

La discesa della divinità nel tempio è all'opposto incontrollata. Non vi è una palizzata che delimiti e distingua lo spazio del tempio dalla foresta che gli è dietro. Il tempio ingloba la foresta ed è costruito in modo che la parte retrostante quasi poggi contro la collina, così da evitare un'interruzione della linea che congiunge le pendici del monte. Lo spazio sacro si rileva non come un'unità monolitica, ma come un'articolazione di significati che si intrecciano al suo interno in una serie di ulteriori opposizioni che rendono più profonda la struttura simbolica. Alla base vi è sempre la distinzione fra ciò che è costruito: NIGI e ciò che è selvaggio: ARA. ImmagineE' proprio a partire da questi concetti che si precisano i significati di : OMOTE, URA, OKU, ( Questi concetti sono presenti nella pratica del Karate, in particolare del Kata con una collocazione specifica che è strettamente in relazione alla Tecnica, ma che spesso per mancanza di strumenti comunicativi non rendono appieno la vastità e l'ampiezza dei concetti).

OMOTE: indica il VISO di una persona ma significa al contempo MASCHERA, è la faccia sociale, il comportamento codificato verso gli altri, è l'aspetto pubblico, ciò che può essere manifestato. Di un oggetto è la Superficie, di un luogo indica la parte orientata al sole, di una cosa è il lato esterno, di un KATA è la Tecnica.URA: la parte nascosta delle cose e degli uomini: è l'interno, ciò che è dietro, la parte ombra, di un Kata è la sua applicazione.

OKU: significa la parte interna, il CUORE delle cose, la profondità, i recessi più bui, i pensieri più intimi, il limite ultimo, è il luogo della parte più profonda ed interna della pratica del Karate - Do, il luogo dell'Energia e dello Spirito, ecc. .

Oku riferito allo spazio sacro rimanda al concetto di Centro Segreto, di punto ultimo inaccessibile alla vista.
ImmagineLo SHINTAI del Dio è chiuso in una scatola di legno posta nei recessi più inaccessibili e sacri del tempio. La scatola non può essere aperta, l'oggetto non ha importanza, è il contenitore che lo delimita e lo nasconde a definirlo sia come valore spaziale che sociale.

La qualità di contenere e racchiudere una forza divina si dice: UTSUBO.

Utsubo in giapponese si scrive allo stesso modo di Kara di Karate, ed il Maestro Funakoshi non ha scelto a caso, a mio avviso, questo ideogramma per rappresentare l'immagine Profonda del Karate.

Questo termine ha il significato di Vuoto, cavo ma Utsubo non è soltanto il vuoto all'interno di qualche cosa che si racchiude su se stesso, ma esprime il concetto di un vuoto in cui un mondo invisibile, qualcosa di Divino risiede. Così Utsubo vuol dire anche " PIENO", uno spazio segreto, ultimo, animato.

Il potere sacro si manifesta nell'OKU, nel chiuso, nel buio, nel silenzio, nella dissoluzione della forma questo potere è come in gestazione, cresce dall'interno. Così anche la caverna ( Il Cavo il Vuoto) o la capanna nella foresta è Utsubo per gli asceti che vi si isolano dentro per concentrarsi sulle pratiche mistiche volte ad acquisire o ad aumentare i loro poteri spirituali ( e nel DOJO ? ... )

Comunque il modo in cui la cultura giapponese interpreta lo spazio valorizza l'effetto prodotto dal vuoto. Esso non è definito in termini negativi, ma è concepito come una realtà ricca di potenzialità espressive.

Il punto limite in cui ogni forma si annulla: la cima di un monte, il buio in una grotta, un muro bianco, Introduce nel contesto uno stacco.

E' un momento in cui talune prospettive si concentrano ed altre si dischiudono alla vista. Questo tipo di percezione temporale è riassunto nella parola MA.

MA: è una spazio libero fra più cose, è un intervallo neutro fra più avvenimenti, è un vuoto che separa e che contemporaneamente unisce per le implicazioni di immagini, di gesti, di parole e di suoni che sottintende, è un nulla percepito come una vitalità creativa dell'immaginazione. Nella musica tradizionale è la pausa fra le note che separa ed evoca risonanza.

Nel teatro NO il MA è quell'attimo quasi impercettibile di immobilità nei movimenti della danza, quel momento di sospensione del gesto che lascia alla mente di intuire i molti altri impossibili.

Il nulla, il vuoto, non è inteso come dispersione di significati ma come un modo per concentrarli.

Nel Kata e nel Kumite può essere quell'istante in cui uno percepisce se stesso in rapporto all'avversario. Sono quelle migliaia di sensazioni prima dell'esecuzione della Tecnica, è l'attimo prima della creazione o l'istante nel quale tutte le possibilità esistono, prima dell'azione, durante la tecnica.

E' quella giusta espressione, in quell'istante, quella vera per la nostra mente ed in cui l'essere è presente a sé in modo TOTALE prima e dopo il Kime.

Lo ZANSHIN e ciò che garantisce questa pienezza e questa continuità, questo soffio di assoluto in cui io sono me stesso.

In un discorso fra amici MA è il tempo del silenzio, ma anche di una più intima intesa, di una più completa comunicazione: E' l'intraducibile sensazione di essere all'unisono.

La meditazione del Monaco ZEN si svolge davanti ad un muro spoglio perché fissare pacatamente il vuoto lo aiuti a riprodurre in sé l'annullamento del pensiero e predisponga la sua mente ad intuire l'improvvisa pienezza dell'illuminazione.
Oss
Luciano Puricelli

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