GIAPPONE:
simboli, tradizione, frammenti
Nell'articolo precedente abbiamo visto come il Giappone vive la
propria nascita, anche nei tempi moderni, in chiave mitologica perpetuando
una tradizione millenaria la quale fonda la propria identità culturale,
sociale e stabilisce i parametri che si concretizzano in tutte le
manifestazioni del quotidiano, soprattutto nella Religione e nell'Arte
(Quindi anche nell'Arte Marziale) che più di ogni altra espressione
si ricollegano e si richiamano fortemente alla Tradizione.
Il percorso simbolico che lo Shintoismo, Religione di Stato, perpetua
nel cerimoniale stabilisce i fondamenti di questo Popolo e quindi
ci dà le chiavi di lettura per comprendere meglio chi, e cosa, sono
i giapponesi. Abbiamo le possibilità per scoprire la ricchezza e
la profondità che si celano dietro ad uno stile di vita spesso difficilmente
decifrabile agli occhi di un occidentale.
Il KOGIKI ed il NIHON SHOKI
ci riportano le fasi della creazione: gli Dei creano da prima il
suolo, lo Spazio, il luogo ed in seguito dalla loro unione nasce
l'Umanità che abiterà questo territorio. Tutto ciò avviene secondo
un
CODICE secondo un
RITO .
Il Rito dà le regole, definisce le modalità con le quali l'uomo
viene al mondo: la nascita, stabilisce inoltre le regole per la
partecipazione per il diritto dell'esistenza all'interno di un dato
gruppo e per la creazione attiva del mondo nel quale vivere.
l Rito segna il passaggio dal Caos indifferenziato al mondo reale
Ordinato. La cultura e l'ideologia strutturano e danno le regole,
senza questa conoscenza diviene molto difficile capire le manifestazioni
di un popolo che per molti secoli è rimasto volutamente isolato
dal resto del mondo e quindi per estensione dobbiamo affermare che
non si può comprendere pienamente il Karate Tradizionale senza una
comprensione della cultura giapponese.
Ritornando al concetto di Spazio vediamo che il villaggio rappresenta
per la società antica il punto focale di riferimento dello schema
di relazioni che si intessono fra persona ed ambiente, fra persona
e persona. Il villaggio è costruito per durare e per definire una
certa stabilità, condizioni che permettono la creazione di un vivere
sociale e lo sviluppo di un'economia necessaria a creare l'occorrente
per la sussistenza.
L'economia rurale proprio perché perfettamente ordinata ed integrata
nell'ambiente ( la Terra, la Risaia), da cui traeva il proprio sostentamento,
si basava sull'idea di stabilità e durata di tempo e soprattutto
di rispetto e perfetto equilibrio armonico.
Il villaggio è il luogo della società, la montagna è il mondo
opposto; essa viene definita MORI quando mette in evidenza l'aspetto
della natura selvaggia, l'aspetto boschivo, mentre si parla di YAMA
quando si mette in evidenza l'aspetto dell'elevazione , quando dal
mondo dell'umano ci si trasferisce nel Divino.
La montagna viene dunque vissuta come quella porzione di spazio
che rivela le caratteristiche del mondo degli Dei. L'acqua che sgorga
dalle sue viscere è per la civiltà contadina la vita, da essa sgorga
inoltre l'acqua per la purificazione e la rigenerazione . La montagna
è il punto di congiunzione fra il cielo e la terra, fra il divino
e l'umano, è il luogo dove il passaggio da un mondo all'altro diviene
possibile.
Lo SHUGENDO
, tradizione religiosa che fonde le concezioni SHINTO
con le teorie Buddiste e le Esperienze Estatiche, fa della montagna
YAMA il fulcro del proprio spazio religioso. Il luogo ideale per
l'ascesi è lo SHIDE -no- YAMA ovvero il monte che conduce all'altro
mondo. E' uno stato di pena, di solitudine, di incubi infernali,
ma diviene anche il simbolo della salvezza perché il raggiungimento
della cima rappresenta il conseguimento dell'illuminazione. Il potere
dell'Asceta è quello di APRIRE, RIVELARE, la sacralità della montagna.
Questo luogo sacro è uno spazio quasi trasparente che può svelare
la natura del mondo ultraterreno.
Questa potenzialità non è compresa fino a che l'asceta non la intuisce.
Vivendo in meditazione sulla montagna, concentrandosi sul simbolismo
che ne è implicito egli riconosce e così ricerca il potere sacro
di questo spazio.
YAMA
è il simbolo della madre terra. Nelle sue viscere,
nel buio della caverna lo YAMABUSHI si ritira in solitudine durante
il periodo della sua Iniziazione . Uscirà dal profondo della montagna
come un uomo diverso, come un essere rinato a nuova vita. Le configurazioni
del divino legate al mondo del coltivato e civilizzato riproducono
un simbolismo in cui il sacro è strettamente legato all'uomo e alle
sue articolazioni sociali.
Il Tempio Shinto (Jinjia) del villaggio è costruito sul pendio
della montagna al limitare della foresta, sulla linea ideale di
confine fra lo spazio coltivato e la natura selvatica. Questa scelta
è motivata dal fatto che nel tempio la divinità non risiede stabilmente,
ma è il luogo di incontro fra Dio e la comunità in momenti ed occasioni
prestabilite.
All'interno del tempio vi è uno spazio proprio della divinità
ed uno spazio proprio del mondo normale. Tale separazione è sottolineata
dall'obbligo rituale di purificarsi al momento del passaggio dall'esterno
all'interno. Una tale architettura presenta due movimenti dell'uomo
e del Kaomi opposti e convergenti.
Nello spazio sacro bisogna seguire
un percorso obbligato, il tempio ha un unica possibile entrata per
l'uomo, segnata da un portale: TORII.
Il Torii è la porta sacra, per alcuni la porta del cielo e comunque
la sua funzione è sempre la stessa, dividere lo spazio sacro da
quello secolare.
L'architettura del sacro ci interessa perché lo spazio è sempre
significativo per l'uomo e serve a fondere e creare, oltre che vivere,
la propria identità. L'uomo si identifica anche per dove vive, dunque
al fine di riporre l'uomo al centro dell'universo, ( dimensione
e consapevolezza che la banalizzazione del quotidiano sembrano aver
relegato nel mondo delle cose inutili a favore dell'agitarsi inconsulto
per avere, ottenere, possedere cose) bisogna recuperare la trascendenza.
Lo scopo della costruzione del tempio è quello di ritrovare attraverso
la perfezione geometrica il piano e lo schema celeste.
Questa costruzione ed il suo orientamento testimoniano gli scambi
energetici ciclici fra Cielo e Terra che non possono effettuarsi che
in relazione a questa armonia.
Questa armonia e questo universo si ritrovano simbolicamente nell'uomo,
poiché per la scienza tradizionale l'uomo racchiude in se tutti gli
elementi dell'Universo, anzi in lui un universo in miniatura, è un
microcosmo.
Senza approfondire ulteriormente tale soggetto ritorniamo a quanto
scritto in precedenza: "Per essere abitato il mondo ha bisogno
di essere fondato ", le molteplici omologie tra cosmo, territorio,
città, tempio, palazzo, casa, esprimono un'esperienza esistenziale
dell'essere al mondo e più esattamente l'esperienza di appartenere
ad un mondo organizzato e significativo. Valicare questa entrata:
il Torii, assieme al rito di purificazione con l'acqua ( MISOGI )
serve a segnare meglio il distacco e il passaggio da una spazialità
all'altra.
Il percorso dell'uomo verso gli Dei è sempre un movimento dal Basso
verso l'Alto, la costruzione principale del tempio è posta ad una
distanza, più o meno lunga, dal portale di entrata ed il percorso
è costruito a gradinate o allungato artificialmente e con un tracciato
tortuoso a simbolo del lavoro e del percorso che deve fare l'iniziato
che vuole elevarsi spiritualmente al di sopra della propria condizione
(Le analogie col mondo del Karate-Do
e delle Arti marziali in generale sono innumerevoli, per esempio possiamo
parlare del duro lavoro che deve fare il principiante per divenire
prima cintura nera e poi Istruttore, Maestro).
La discesa della divinità nel tempio è all'opposto incontrollata.
Non vi è una palizzata che delimiti e distingua lo spazio del tempio
dalla foresta che gli è dietro. Il tempio ingloba la foresta ed è
costruito in modo che la parte retrostante quasi poggi contro la collina,
così da evitare un'interruzione della linea che congiunge le pendici
del monte.
Lo spazio sacro si rileva non come un'unità monolitica, ma come un'articolazione
di significati che si intrecciano al suo interno in una serie di ulteriori
opposizioni che rendono più profonda la struttura simbolica.
Alla base vi è sempre la distinzione fra ciò che è costruito:
NIGI
e ciò che è selvaggio:
ARA.
E'
proprio a partire da questi concetti che si precisano i significati
di :
OMOTE, URA,
OKU, ( Questi concetti sono presenti nella
pratica del Karate, in particolare del Kata con una collocazione specifica
che è strettamente in relazione alla Tecnica, ma che spesso per mancanza
di strumenti comunicativi non rendono appieno la vastità e l'ampiezza
dei concetti).
OMOTE: indica
il VISO di una persona ma significa al contempo MASCHERA, è la faccia
sociale, il comportamento codificato verso gli altri, è l'aspetto
pubblico, ciò che può essere manifestato. Di un oggetto è la Superficie,
di un luogo indica la parte orientata al sole, di una cosa è il
lato esterno, di un KATA è la Tecnica.
URA:
la parte nascosta delle cose e degli uomini: è l'interno, ciò che
è dietro, la parte ombra, di un Kata è la sua applicazione.
OKU: significa
la parte interna, il CUORE delle cose, la profondità, i recessi
più bui, i pensieri più intimi, il limite ultimo, è il luogo della
parte più profonda ed interna della pratica del Karate - Do, il
luogo dell'Energia e dello Spirito, ecc. .
Oku riferito allo spazio sacro rimanda al concetto di Centro Segreto,
di punto ultimo inaccessibile alla vista.
Lo
SHINTAI del Dio è chiuso in una scatola di legno posta nei
recessi più inaccessibili e sacri del tempio. La scatola non può
essere aperta, l'oggetto non ha importanza, è il contenitore che
lo delimita e lo nasconde a definirlo sia come valore spaziale che
sociale.
La qualità di contenere e racchiudere una forza divina si dice:
UTSUBO.
Utsubo in giapponese si scrive allo stesso modo di Kara di Karate,
ed il Maestro Funakoshi non ha scelto a caso, a mio avviso, questo
ideogramma per rappresentare l'immagine Profonda del Karate.
Questo termine ha il significato di Vuoto, cavo ma Utsubo non
è soltanto il vuoto all'interno di qualche cosa che si racchiude
su se stesso, ma esprime il concetto di un vuoto in cui un mondo
invisibile, qualcosa di Divino risiede. Così Utsubo vuol dire anche
" PIENO", uno spazio segreto, ultimo, animato.
Il potere sacro si manifesta nell'OKU, nel chiuso, nel buio, nel
silenzio, nella dissoluzione della forma questo potere è come in
gestazione, cresce dall'interno. Così anche la caverna ( Il Cavo
il Vuoto) o la capanna nella foresta è Utsubo per gli asceti che
vi si isolano dentro per concentrarsi sulle pratiche mistiche volte
ad acquisire o ad aumentare i loro poteri spirituali (
e
nel DOJO ? ... )
Comunque il modo in cui la cultura giapponese interpreta lo spazio
valorizza l'effetto prodotto dal vuoto. Esso non è definito in termini
negativi, ma è concepito come una realtà ricca di potenzialità espressive.
Il punto limite in cui ogni forma si annulla: la cima di un monte,
il buio in una grotta, un muro bianco, Introduce nel contesto uno
stacco.
E' un momento in cui talune prospettive si concentrano ed altre
si dischiudono alla vista. Questo tipo di percezione temporale è
riassunto nella parola MA.
MA: è una spazio
libero fra più cose, è un intervallo neutro fra più avvenimenti,
è un vuoto che separa e che contemporaneamente unisce per le implicazioni
di immagini, di gesti, di parole e di suoni che sottintende, è un
nulla percepito come una vitalità creativa dell'immaginazione. Nella
musica tradizionale è la pausa fra le note che separa ed evoca risonanza.
Nel teatro NO il MA è quell'attimo quasi impercettibile di immobilità
nei movimenti della danza, quel momento di sospensione del gesto
che lascia alla mente di intuire i molti altri impossibili.
Il nulla, il vuoto, non è inteso come dispersione di significati
ma come un modo per concentrarli.
Nel Kata e nel Kumite può essere
quell'istante in cui uno percepisce se stesso in rapporto all'avversario.
Sono quelle migliaia di sensazioni prima dell'esecuzione della Tecnica,
è l'attimo prima della creazione o l'istante nel quale tutte le
possibilità esistono, prima dell'azione, durante la tecnica.
E' quella giusta espressione, in quell'istante, quella vera per
la nostra mente ed in cui l'essere è presente a sé in modo TOTALE
prima e dopo il Kime.
Lo ZANSHIN
e ciò che garantisce questa pienezza
e questa continuità, questo soffio di assoluto in cui io sono me
stesso.
In un discorso fra amici MA è il tempo del
silenzio, ma anche di una più intima intesa, di una più completa
comunicazione: E' l'intraducibile sensazione di essere all'unisono.
La meditazione del Monaco ZEN si
svolge davanti ad un muro spoglio perché fissare pacatamente il
vuoto lo aiuti a riprodurre in sé l'annullamento del pensiero e
predisponga la sua mente ad intuire l'improvvisa pienezza dell'illuminazione.
Oss
Luciano Puricelli