Mens sana in corpore sano, ancora oggi questa frase viene spesso ripetuta ai giovani che, più o meno, gettano al vento la loro vita e le loro capacità, capacità spesso preziose che porterebbero del bene a loro stessi e alle loro vite.
Per fortuna nella nostra palestra i ragazzi hanno la testa ben salda sulle spalle, ragazzi seri, capaci, studiosi e buoni d'animo.
Con loro il Karate che insegno si trasforma in una
Via sana.
Questo piccolo articolo vuole solamente dare uno strumento conoscitivo in più al vostro sapere, nella speranza che quanto scritto vi aiuti ad entrare anche in una dimensione più "personale" dei vostri desideri e di come soddisfarli.
Non è dedicato ai soli Agonisti, che sono pochi, ma a quanti vogliono iniziare un percorso formativo, per usare la mente in un modo sintetico per acquisire capacità o per mantenere vivo quello che hanno fin qui conquistato.
Mens sana in corpore sano , questa frase è contenuta nel verso
355 delle Satire di Giovenale, noto poeta romano contemporaneo di Tacito.
Con poche parole l'autore dimostra che la felicità nella vita si fonda su valori essenziali. Chi possiede un corpo e una mente sani, ha ancora ben poco da desiderare. La felicità, come il successo, dipende in massima parte dall'efficienza di questi beni.
Chi non ha una mente saggia, capace di guidare, difficilmente prenderà la via giusta e chi ha un corpo debole non sarà mai capace di procedere e resistere a lungo sulla via, perchè accade nel corpo quello che accade nella mente.
Qual'è il limite fra la qualità funzionale dei sensi o degli arti rispetto alla mente?
IL Maestro Kase diceva sempre:"... la mente è forte il corpo è debole e si può rompere, dovete fare attenzione" in questa affermazione sta un principio universale di lavoro, usare la mente per allenare il corpo, usare il corpo per rinforzare la mente e viceversa.
Difficile? certo! Conoscere se stessi è un primo passo, usare la mente in una esperienza sintetica non è difficile, il difficile è comprenderne le potenzialità. Un esempio di esperienza sintetica potrebbe essere quello del passaggio nella visualizzazione. Pensatevi e "vedetevi" nella condizione di eseguire un kata o visualizzate un combattimento immaginando e vedendo le tecniche dell'avversario. (
Ritrovarsi -
Hagakure ).
Ci sono molti campi in cui si può usare questo tipo di lavoro mentale.
Studieremo!
Quanto in passato la mancanza di queste conoscenze, gli errori o l'aver fatto di necessità virtù, hanno pesato sulla fabbricazione dei corpi olimpionici? Friedrich Nietzsche, in "
Così parlò Zaratustra", tra tante cose più o meno giuste, più o meno provocatorie o esagerate, nel famoso capitolo "
Dei Dispregiatori dei corpi" scrive:
- Strumento del tuo corpo è anche la tua piccola ragione, fratello, che tu chiami spirito, un piccolo strumento e giocattolo della tua ragione.
Dietro i tuoi pensieri e sentimenti, fratello, sta un possente sovrano, un saggio ignoto che si chiama Sè.
Abita nel tuo corpo.
E' il tuo corpo.
Vi è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore saggezza -.
Nell'arco della vita l'uomo impara a usare il proprio cervello (
che è corpo), con finezza e capacità. Questi apprendimenti emergono nella musica, nell'arte, nell'espressione corporea e sono momenti a cui tutti aspiriamo, perchè rappresentano la base del nostro carattere e della personalità.
Il nostro "
IO" ha imparato come colloquiare con qualsiasi parte selezionata dalla mente.
Ian H. Robertson (
Intelligenza Visiva. Il Sesto Senso che abbiamo dimenticato ) riporta un'esperienza interessante:
L'ostacolista è curvo sui blocchi di partenza, la mente fissa soltanto sui muscoli tesi del suo corpo inarcato. Allo sparo del via scatta sulla pista come sospinto da una molla, coprendo ad alte falcate il rettilineo verso il primo ostacolo.
Le sue braccia fendono l'aria con un movimento meccanico.
Salta e supera l'ostacolo, immediatamente riprendendo contatto con il terreno. Corre i primi 200 metri come in volo. Ma ecco, improvvisamente, le riserve di energia cominciano ad abbandonarlo; le gambe, alate pochi istanti prima, ora pesano come piombo ed egli si trova in quel punto tremendo, vero e proprio calvario di chi corre i 400 metri ostacoli, in cui la velocità deve cedere il passo alla resistenza.
Richiama tutte le sue forze, ogni passo diventa un gigantesco sforzo di volontà, ogni salto un teorema da dimostrare, l'aria è un liquido viscoso sulle mani tese.
Taglia il traguardo con un ultimo guizzo, gli occhi spalancati a catturare il cronometro. (Maledizione ! due secondi dal suo record).
Il cuore riprende il suo battito regolare, i pugni stretti in segno di frustrazione - due secondi sono come due anni quando si è così vicini ad un appuntamento agonistico.
Niente da fare, deve correre di nuovo. Le gambe hanno smesso di tremare, le dita si rilassano, rialza la testa. Ancora una volta. Si riporta ai blocchi di partenza e lentamente si riposiziona, brucia lo sparo del via ed aggredisce i primi ostacoli come un animale braccato. Duecento metri ed il suo stesso corpo gli fa capire che sta facendo un buon tempo. Ma ecco che improvvisamente - cosa succede? - sta rallentando. Le gambe si trasformano in gomma, le braccia sventolano alte sopra la testa. Lascia di corsa la pista e cade vomitando sull'erba.
L'atleta riesce a malapena a tornare nello spogliatoio dopo le due prove a cronometro.
Nel sentirsi male ha immediatamente riconosciuto l'errore commesso: due tentativi di seguito sui 400 metri sono praticamente impossibili per il corpo; nessun atleta li affronterebbe senza una pausa sufficientemente lunga prima della seconda corsa.
Lo stesso vale per la mente nella sua palestra mentale. Perchè la corsa affrontata mentalmente ha in realtà le stesse caratteristiche di quella fisica: una prova cronometrata al millesimo di secondo. La differenza è ovvia soltanto all'osservatore esterno, che non può vedere nulla della corsa mentale su cui è concentrato l'atleta immobile.
Ma, per chi corre, la situazione è esattamente la stessa, fino al punto d'avere conati di vomito per l'eccessivo sforzo.
Il campione olimpico di lancio del giavellotto
Steve Backley nel suo libro "
La mente vincente,"riporta l'esempio di un ostacolista il cui
addestramento mentale era così simile a quello fisico da produrre questo drammatico effetto. E' molto comune per i campioni sportivi allenarsi su piste e palestre mentali.
In una particolare occasione, Backley stesso si storse una caviglia a sole quattro settimane dall'inizio delle gare e rimase immobile per due settimane - di solito un grave svantaggio per un atleta a quel punto della stagione.
Dalla sedia su cui era immobilizzato, tuttavia, durante quelle due settimane lanciò mentalmente il giavellotto migliaia di volte. All'inizio gli era difficile visualizzare i lanci mentali senza che la sua caviglia lo costringesse a zoppicare! Tuttavia, egli scoprà che concentrando la sua immaginazione sul lato indenne del corpo, poteva visualizzare i dettagli di lanci fluidi, spesso tecnicamente perfetti. Come risultato, al termine delle due settimane di convalescenza, potè riprendere l'allenamento fisico dal punto in cui l'aveva lasciato prima dell'incidente.
Tsugihiro Osaki, un maestro d'arco che insegna kyudo alle guardie imperiali giapponesi, spiega come allena gli uomini che garantiscono la prima sicurezza imperiale:
"Ci vuole tranquillità per richiamare la forza interiore che fa la freccia".
Questa tradizione conservata nei secoli è ancora uno strumento molto utile.
Il maestro d'arco esercita le guardie assistito dal maestro più anziano, già in pensione, utile per osservare e dialogare. Gli allievi si mettono in posizione e iniziano un elaborato rito preparatorio: sono talmente concentrati che potrebbero sembrare in stato di trance. Il sentiero delle frecce è ameno, si estende curatissimo davanti agli arcieri e conduce a un muro al quale sono appesi tre bersagli.
Quando le guardie passano all'azione, Osaki le incita al tiro, ma lo fa con tono pacato e garbato: "stai dritto", oppure "La spalla è troppo bassa" o ancora "Non mirare, lascia che la freccia segua il suo corso".
Quando le frecce colpiscono il bersaglio, si congratula.
L'anomalia di questa preparazione atletica è che nessuno ha mai visto portare arco e frecce e tanto meno esercitare atleti di kyudo nel tiro con l'arco. Il maestro giapponese fornisce questa spiegazione:
"Nel Kyudo non ci si sforza di colpire il bersaglio, si assume la giusta posizione. Si eseguono i passi giusti. Poi la freccia arriva sul bersaglio per conto suo". Il maestro più anziano Kunio Matsui chiarisce meglio il concetto:
"L'apprendimento del tiro con l'arco insegna a concentrarsi, e genera sicurezza, una sorta di consapevole stato di allerta mentale.
Campioni si nasce o si diventa?
Il talento è un bene che si possiede dalla nascita, poi sta a ciascuno di noi scoprirlo, non disperderlo in altre occasioni, è una qualità che va allenata con forza e dedizione, spirito di sacrificio, coraggio e intelligenza.
Lo sport non è imposizione, ma piacere che può portare alla felicità solo attraverso un uso mentale sapiente. La componente psicologica fa amare un determinato sport, ma è la componente biomeccanica che ne determina la scelta. Il talento sportivo non è un bene universale, ma specifico. Un campione di salto non sarà mai un campione nel calcio. Campioni si nasce e poi si diventa, se è
Lo sport della letteratura è un momento bello in cui il lavoro e lo studio sono alti valori.
Lo sport business ( esistono molti Mac-Dojo anche nella nostra città) è uno strumento di sistemazione di vita, non edonistico, ma pragmatico e utilitaristico.
Lo sport del piacere fine a se stesso di tipo narcisistico è una gratificazione momentanea non duratura.
Mens sana in corpore sano, oggi più di ieri significa combattere con grande forza di volontà e spirito di sacrificio gli squilibri edonistici, pragmatici, utilitaristici, narcisistici della pubblicità e del business, per amore del piacere sportivo che è ricerca della vera felicità, quella duratura.
Karate no shugyo wa issho de aru - Il karate si pratica tutta la vita -
Questo l'ho coniato io, Kujikeruna - Non mollare non cedere - non sono concetti messi a caso da chi li ha coniati, sono valori valori duraturi, valori aggiunti alla persona che è in te, non dimenticarlo. Un ultimo esempio di pensiero è la risposta che dava il pluri campione olimpico romano
Livio Berruti, al suo professore di educazione fisica, Bracco, quando gli chiedeva: "Fra cultura e sport, che scegli?" Lo studente rispondeva "l'uno è l'altro e l'uno non è senza l'altro."
OSS
Davide Rizzo