Per dovere di chiarezza per tutti A cura di Davide Rizzo
In questo spazio sento che posso esprimere il mio pensiero senza timore che nessun "esterno" ci legga!
Ho letto più volte quanto hai scritto sopratutto le seguenti considerazioni che trovo molto azzeccate e lucide nel pensiero: ( CIT .... il maestro accoglie i ragazzi, mi mette al collo la macchina fotografica e corre ad arbitrare; permettetemi di puntualizzare che mai come in questa occasione si è sentita la mancanza di Francesca e di Chiara: mai come in questo momento si è compresa l'importanza della loro presenza con i ragazzi.
Chi è un po' più grandicello (come Susanna, Adrian, Vlad e Antonio che hanno gareggiato in precedenza) si arrangia alla meglio, comunque rimanendo privo di qualcuno che gli faccia un po' di riscaldamento e di ripasso dei kata, assistendo dagli spalti allo spettacolo, al centro della palestra, di gruppi organizzatissimi paragonabili alla Juve in trasferta al seguito del mister; purtroppo chi è più piccolino, come Sofia, Alessia ed Irene si trova spiazzato e privo di una guida, lasciato solo nella zona atleti senza nemmeno un genitore ammesso ad aiutarli a leggere i tabelloni e a trovare il proprio tatami.
Forse è la storica e venetica "arte di arrangiarsi" che permette al Csc di galleggiare ancora nel marasma dell'efficiente Nord-Est sportivo. Dal di "dentro", però, si percepisce l'impressione che così, a lungo, non si può andare avanti: con la sola forza di volontà non sostenuta da altre braccia.)
Per rispondere all'affermazione di Anna direi che so anche io che la palestra e l'organizzazione della stessa ha delle carenze, purtroppo non posso obbligare nessuno ad essere presente e non posso riuscire a fare tutto da solo.
So anche che ho dei doveri con la Federazione e che devo aiutare con la mia professionalità l'organizzazione, arbitrando e rendendomi disponibile. Piacerebbe molto anche a me dare sostegno, far scaldare i ragazzi, motivarli ulteriormente prima della competizione ma, tutto questo piacere mi è precluso dal mio ruolo.
Abbiamo due cinture nere!
Francesca era assente in quanto aveva un dovere verso il suo ragazzo.
Certo, Francesca ha il rispetto e le potenzialità per "Dare e Fare" di più ma se non viene o non fa mica posso prenderla per i capelli e obbligarla;
Donato lo sappiamo è troppo preso per partecipare e aiutare ad una gara e comunque avendo questo tipo di rifiuto proprio non sarebbe in grado di affrontare questo circuito se non viene nemmeno a tifare figuriamoci a gestire situazioni non gradite.
Non gliene faccio una colpa, sicuramente potrebbe collaborare di più, evidentemente non è interessato. Tutti abbiamo le nostre cose da fare questo va compreso e accettato.
Questi sono i nostri numeri e con questi dobbiamo confrontarci e convivere, in Giapponese esiste un termine Kaizen che significa cambiamento, miglioramento continuo.
Sul MIGLIORARE sono sicuro! ma sul CAMBIARE nutro seri dubbi proprio per i numeri di quanti potrebbero essere coinvolti.
Evidentemente il mio problema riguarda il saper trasmettere amore per poter afrontare qualche "sacrificio", sacrificare non è cosa da tutti. Per fare Karate-Do ci vuole amore per quello che si fa, spirito di abnegazione, diventare stoici di fronte ad altro e ad altri. Vivere il Karate-Do ripeto non è per tutti e questa è una cosa;
L'altra è collaborare, vedere un percorso, volerlo, sacrificarsi per esso anche se, sinceramente l'unica cosa che ho sacrificato un po è la mia presenza in famiglia. Non fossi sposato starei tutto il tempo ad insegnare, avendo allievi!!!
Quando si inizia siamo tutti cinture bianche, poi come dicevi anche in qualche tua mail il percorso si fa arduo, difficile e tortuoso, il "lasciare" è sempre alla porta. Poi, piano piano ci si innamora e diventa difficile lasciare quelle ore così preziose, quelle ore dedicate interamente al proprio miglioramento ma non basta ancora si vive e si sente la necessità di fare e di esserci di più ed allora Gare, Stage, Allenamenti alla notte o all'alba, alla domenica, al sabato nulla importa più, amare la fatica delle 1000 tecniche, a questo punto sei nella VIA, nel DO !
Si vive il Karate-Do per amore e per dovere verso se stessi e i propri allievi che a quel punto diventano te stesso!
Poi si sente un'altra necessità, la si sente e quando comprendi che fino ad allora hai solo "PRESO" senti il desiderio di "DARE" di "FARE" e come si fa?
Si accompagnano i bambini alle gare si fanbno gli stage, si sta insieme ai compagni che diventano la tua famiglia e non li lasci più e, se uno molla piangi e ti chiedi perchè e sei triste per lui o lei.
Si sente anche il senso di responsabilità ed allora ci si prende cura del Maestro, lo si aiuta senza limiti di nessun genere. Lo si aiuta con i giovani allievi, si inizia ad imparare un'altra Via, ci si inorgoglisce di esserci e di fare UCHI DECHI ecco io non ho Uchi Dechi e, se non c'è non c'è! non è nemmeno colpa del Maestro solo che non c'è, non si manifesta. Magari un giorno spunta fuori dal nulla, magari Adrian, Vlad o Susy, chissà.
Di sicuro in questo momento nessuno si fa carico di quello che dovrebbe farsi carico, per grado, per ruolo o per decisione
Ma, cara Anna Santini alias Guerriera incazzata questo sono IO, questa è la MIA storia!
Spero che voi sappiate scrivere e vivere la vostra di storia
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