Ci sono molte persone che partecipano per la prima volta oggi, a questo Seminario.
Dovrei chiarire molte cose preventivamente, per queste persone, prima ancora d'iniziare, per una miglior comprensione non solo di ciò che dirò ma anche per poter maturare una vostra consapevolezza di base: di dove vi trovate e in che direzione state andando.
In Italia, e non solo in Italia, c'è una grande confusione su, così le chiamate, Arti Marziali. Ci sono moltissime discipline presenti in Italia, comunque e dovunque. Forse anche troppe. Di diverse nazioni e di diverse tipologie.
Per quanto riguarda quelle giapponesi, vi sono diverse antiche ed autorevoli scuole di difficilissimo accesso in Giappone che sono importate solo di nome, rimontate qui a piacimento personale dei singoli.
Una cosa tristissima.
Offenderebbe, perfino, l'identità storico-culturale e disciplinare di queste scuole. Ne offende l'esistenza stessa.
Prima di continuare, e di iniziare questo seminario, vorrei chiarire almeno un delle numerose mal comprensioni nate dalla confusione che c'è qui. E' necessario.
In Giappone, ci sono due tipi di Arti Marziali. Una si chiama
Bujutsu. L’altra chiama
Budo. I nomi di tutte e due vengono composti da due ideogrammi.
Il primo è "
Bu" che vuol dire "
marziale". Parla dell'origine delle discipline che è entrambi, uguale ma è nel secondo ideogramma, "
Jutsu" o "
do ", che completa il nome, che si rispecchiano le nature completamente diverse di queste due categorie di Arti Marziali giapponesi.
In questo secondo ideogramma si intravede anche scopo della pratica delle rispettive categorie, e queste due discipline si differenziano proprio per lo scopo finale della pratica.
In realtà, voi conoscete già questi due differenti modi di chiamare certe discipline delle Arti Marziali giapponesi.
Anche se, probabilmente, nessuno è consapevole del significato.
Qualcuno avrà già intuito la differenza tra le due categorie delle Arti Marziali giapponesi.
Nelle discipline che hanno la denominazione con suffisso “Jutsu”, cioè nella grande famiglia di Bujutsu, si apprende puramente le tecniche di combattimento e si apprende a perfezionare sempre l’insegnamento e l'addestramento sono impostati sempre per una maggior efficacia e riuscita tecnica del combattimento.
Ci sono grandi studi e pratiche mentali e spirituali immancabili, non solo pratiche fisiche. Ma anche questi durissimi addestramenti mentali e spirituali sono impostati per realizzare la maggior efficacia tecnica e l'esito positivo di un combattimento.
Mentre per una disciplina Budo, qualsiasi nome essa porti, lo scopo finale della pratica è quello di far rinascere l'animo rigenerando il cuore. Gli insegnamenti, l'apprendimento tecnico o il duro addestramento contro sé stessi sono i mezzi tramite i quali arrivare alla dimensione di una rinascita esistenziale guidata dal cuore. Una luce sotto la quale potremo vedere le cose che non vedevamo prima o le cose che erano oscurate o per le quali eravamo accecati da certe impostazioni personali, culturali, sociali o altro.
Karate, antica Arte Marziale nata nelle Isole di Okinawa, chiamandosi, oggi, Karate-Do fa parte di questa grande famiglia del Budo.
Generalmente viene dettato lo scopo della pratica di qualsiasi Budo come: "Formazione della Personalità", realizzazione di un individuo sociale idoneo. Ciò è possibile solo perché dentro quella personalità, dentro quell'individuo, pulsa un Cuore. Senza il Cuore il Budo è nullo.
Tenendo in mente questa vera natura del Budo, quindi anche quella del Karate-Do, vorrei che seguiate attentamente questo seminario.
Budo è Bushido. La via dei Bushi. Bushi è quello che voi di solito chiamate Samurai, un altro modo di chiamare il Bushi.
I Bushi sono i cavalieri giapponesi esistiti dal 10° secolo per circa 900 anni.
Ho parlato prima della differenza tra Bujutsu e Budo, noi apparteniamo alla Famiglia del Budo e vi ho detto anche che la caratteristica principale di un
Budo è il Cuore, il
Kokoro,
allora, oggi, vorrei spiegarvi di come nacque il Budo e come si generò questo Cuore, il Kokoro del Budo.
La Base di tutto.
Vi devo riportare indietro nel tempo, verso la metà del 4° secolo dopo Cristo i diretti antenati dell’attuale famiglia imperiale giapponese conquistarono la maggior parte del Giappone centro meridionale unificando così, sotto un unico potere politico militare il Giappone che, allora, chiamarono con il nome di Yamato ( pace e grande armonia).
Subito dopo l’unificazione il Giappone si trovava nel primissimo stadio di formazione di una grande nazione per poterlo governare si cominciarono a creare modelli e strutture sociali da introdurre sino nelle zone più periferiche del paese.
E’ nell'anno 604, venne promulgata la prima Costituzione del paese composta 17 articoli, erano passati circa 320 anni dall'unificazione e, nel frattempo, la casata Imperiale si era allargata notevolmente principi, principesse e, con loro, nobili imparentati ed il trono dell'Imperatore era ambito da tutti.
Nel 672, subito dopo la morte dell'Imperatore Tenji, scoppiò una guerra che coinvolse tutti i principi e i nobili di diverse fazioni:
la Guerra di Jinshin, che sarebbe stata una delle ultime condotte dai nobili con i rispettivi eserciti di soldati “formazioni militari del governo con regolare assunzione”.
Non erano ancora comparsi i Bushi.
Dopo la Guerra di Jinshin, che si concluse con la vittoria del fratello minore dell’ Imperatore defunto, che diventò il successivo Imperatore col nome di
Temmu, trascorsero altri 260 anni di una relativa pace nel paese durante la quale il governo dell'Imperatore non ebbe più bisogno di formare e mantenere corpi militari per una grande guerra, questo semplicemente per l'assenza di nemici infatti una de peculiarità della storia giapponese è che il Giappone non conobbe l'invasione di un’altro popolo.
Il popolo giapponese è stato da sempre prevalentemente omogeneo
Le minacce erano, semmai, all'interno della Corte Imperiale stessa e non fuori, erano passati ormai più di 600 anni dall'Unificazione.
La popolazione era considerevolmente aumentata e, con essa, anche il territorio governato ma dalla periferia,
arrivarono i principi ed i nobili esclusi dalla lotta per il potere, esiliati e allontanati dalla Capitale, costoro, per proteggere la loro incolumità, i propri beni e il nuovo territorio, non solo si addestrarono loro stessi per il combattimento ma cominciarono ad assumere degli specialisti nel combattimento. Questi principi e gli specialisti nel combattimento furono il prototipo dei
Bushi
(l'origine di alcune correnti dei Bushi fu quindi nobile e diversi Bushi importanti delle epoche successive lo rivendicarono.)
Gli specialisti nel combattimento chiamati da fuori diventarono velocemente i guerrieri professionisti assunti e pagati dai nobili di periferia, sia per la difesa del territorio, sia, come vedremo più tardi nella storia per un 'eventuale tentativo di ascesa al potere di questi nobili.
Il Giappone, ora, è in procinto di entrare nell'epoca nella quale si susseguiranno guerre ideate e pianificate dai nobili, realizzate ed eseguite dai Bushi.
Quello che vorrei sottolineare a questo punto, avendo parlato dell'origine dei Bushi, è che la maggior parte dei Bushi, a parte i Bushi di nobile origine, erano delle persone senza alcuna formazione culturale. La cultura era una cosa riservata solamente ai nobili ma ciò che, oggi, chiamiamo, pure, "cultura" che va sotto nome di "Budo", è una cosa che è stata partorita proprio da questa gente.
Ci sono due tipi di culture:
- Quella che si costruisce sui concetti conoscitivi
- Quella che si realizza nel vivere stesso, cioè, quella che si cristallizza nella qualità degli atti del vivere.
La cultura della vita che il Budo ci dona tramite le nostre pratiche quotidiane è questa e anche quest'ultima forma di cultura la chiamiamo "cultura” perché ci aiuta a vivere e perché ci nutre, una cultura che viene tramandata tramite le realtà “vissute”, una cultura che è percepibile ed applicabile solo conquistando la verità ontologica, cioè, la realtà personale del vivere umano nel percorso di una vita.
Nel 935, scoppiò una guerra ideata e condotta dai Bushi stessi contro i nobili è l'era in cui ci si sta incamminando verso uno dei periodi più sanguinosi che la Storia che il Giappone abbia mai conosciuto, un’era in cui si susseguiranno guerre condotte dai Bushi contro i Bushi stessi.
Siamo a metà del 12° secolo, i Bushi importanti che si sono distinti ormai detengono, oltre a quello bellico, anche il potere politico, economico e anche sociale, le guerre che seguirono furono guerre combattute solo tra i Bushi, chi vinceva prendeva anche il Giappone stesso. Questo periodo durò quasi 500 anni fino inizi del 1600.
Ora, immaginate una reale scena di un campo di battaglia di quel periodo, ogni grossa battaglia vide uno scontro di fazioni, ognuna delle quali andava dai
5000-7000 Bushi minimo ai
30000-35000 Bushi.
La più grande battaglia di Bushi che il Giappone conosca fu la Battaglia di
Sekigahara dell'anno 1600 che divise il Giappone letteralmente in due, coinvolse praticamente tutti i feudi allora esistenti, la Lega del Giappone Orientale, gli alleati del Clan
Tokugawa, si presentò, in totale, con 104.000 Bushi, l’alleanza del Giappone Occidentale, diretta dai 5 feudi principali, presentò 82.000 Bushi addestrati.
Ogni Bushi era una perfetta macchina per uccidere, sapevano usare tutte le armi e tutte le tecniche di combattimento in qualsiasi circostanza e ricevevano la ricompensa in base alla prestazione compiuta. La ricompensa era proporzionata all'importanza del nemico ucciso. Doveva perciò certificare, se sopravviveva, chi aveva ucciso in battaglia e l'unico modo sicuro per farlo era di mozzare la testa ai nemici più importanti che era riuscito a battere e portarla indietro quindi esibirla a coloro che serviva.
Immaginate: le scene apocalittiche, migliaia e migliaia di cadaveri fatti a pezzi, dovunque, cadaveri o gente che aspetta la morte. L'odore soffocante di sangue e di carne umana, l'istinto di sopravvivenza che si denuda, stremati ma urlanti verso l'annientamento dei nemici, verso la propria sopravvivenza. Scene incredibili ma vere, vedi i Bushi in vita che ancora combattono, alla loro schiena vedi le teste mozzate dei loro avversari, un inferno popolato da esseri viventi con l'istinto puro di sopravvivenza e di uccidere. Immaginate lo sguardo che avevano, il loro respiro.
In questa apocalisse, attraverso centinaia di anni, però, stava nascendo qualcosa, nonostante tutto questo, qualcosa di diverso si stava generando e non perché fu indotto o guidato. Fu una genesi spontanea.
Il Fiore di Loto è il fiore più amato nel buddismo. Se andate a visitare qualche tempio buddista in Giappone, se osservate attentamente, noterete che ogni statua di Budda o dei santi poggia sopra un fiore o le foglie del Loto, questo candido bellissimo fiore nasce solo nelle paludi fangose, una candida luce che sorge nel fango.
Una cosa simile stava accadendo in questa era apocalittica, nella profondità dell’anima di questi uomini spietati e feroci nell’estremo dell’esistenza.
Fu il punto di ritorno, l’uomo che risorge da una dimensione diversa nel proprio vivere estremo, prevalendo sulla realtà stessa che ti potrebbe dominare.
Ma attenzione, devo precisare una cosa:
non era il concetto astratto della vita che si rispecchiava sulla morte, non qualcosa che si trae alla vista di un cadavere ma qualcosa che l'uomo vivente, l'uomo con cui hai vissuto gli ultimi istanti della vita, pur essendo stato tuo avversario, porta con sé come testimonianza del tuo vivere emanato e compiuto, non era un concetto ma era un contatto, che fece cambiare qualcosa. Si chiama " Deai", questo contatto, nel Budo.
Due uomini si affacciano sulle rive opposte di un fiume, le due rive si trovano parti opposte ma il fiume che costeggiano è il medesimo e dove va finire il finire pure, è lo stesso.
Le caratteristiche che noi possiamo attribuire alle due rive non hanno nessuna importanza o significato nei momenti come quelli vissuti dai Bushi in quelle circostanze, nell'estremo della loro esistenza.
Ci fu il contatto, l’incontro, alla fine del percorso di due vite vissute intensamente, cercate e vissute con tutta l'esistenza.
Definire il senso, formare il concetto, giudicare o interpretare era una cosa che non aveva alcun senso. Queste, semmai, sono delle cose che appartengono a coloro che vivono nell'era di pace.
I Bushi che hanno vissuto e attraversato quell'epoca dissero che ciò che rimane veramente in quelle circostanze, ciò che contò veramente, fu solo il contatto umano con il proprio avversario, un atto testimone di un altro atto, una vita testimone di un'altra vita.
Ecco, nasce il Cuore di
Rei, il Cuore che è alla base del Budo.
-La lealtà di fronte alla vita non tua;
-Il rispetto verso ciò che l'altro ritiene sia importante.
Queste sono le sfere dell'anima che quell'incontro fece generare.
Questo Cuore, la madre di tutti cuori del Budo, si chiama Rei.
( Il Cuore di Rei separa le pratiche e le tecniche stesse del Budo dagli atti di assassinio o di violenza.
Il Cuore che alimenta l'umiltà, il rispetto e la responsabilità sociale.
Il Cuore che rispetta le esistenze altrui.
Il Cuore che è severo e rigoroso verso sé stesso ma riesce a comprendere ed abbracciare anche l'avversario. Il più importante per un apprendista di qualsiasi tipo di Budo esistente, ecco dove e come nacque.
Se pensate che Rei sia un inchino, siete completamente fuori strada, l'inchino è solo una delle forme di espressione di questo Cuore, anzi, se l'inchino non è guidato o alimentato da questo grande Cuore è solo un atto falso, ogni atto che un Bushi compie deve essere autentico e vero, mai falso, perché un atto sia vero, esso deve essere guidato ed alimentato da un cuore vero.)
Torniamo al momento di Deai, il momento in cui nacque il Cuore di Rei.
Due uomini che si trovano su rive opposte ma si bagnano con l'acqua dello stesso fiume, il contatto di due Cuori umani, il contatto di due vivere intensissimi che condividono il tempo, lo spazio e il destino, nel tempo che non potrà mai più tornare indiertro, uno di loro scomparirà da quel corso del tempo ma continuerà ad esistere nella vita dell’altro; nel vivere dell’altro!.
La tua vita stessa testimonierà la sua vita, la tua vita stessa deve essere degna di portare testimonianza della vita che ha compiuto l’altro.
La guerra è lunga, se sei riuscito a non morire oggi morirai forse domani, ogni giorno può essere il tuo ultimo giorno, ogni atto poteva essere l'ultimo della vita, mentre stai guardando un fiore o ti stai facendo baciare dalla luce del tramonto, questo fiore, quel tramonto, possono essere l'ultimo fiore, l'ultima luce del tramonto che vedi nella tua vita, ma nessuno indietreggiò di fronte a questo destino, il Cuore era incredibilmente sereno e sincero, disposto a sacrificare se stesso senza paura. Ecco la nascita del secondo Cuore del Budo: Sutemì, un Cuore forte ma che, nello stesso tempo, sa essere sereno, un Cuore che genera ed emana un'esistenza spirituale che contrasta l’istinto biologico di auto-conservazione, nell'irreversibilità del tempo, nell'assoluta irripetibilità dell'evento, nell'unicità della vita, chiamati "Ici-go Ici-e", l'assoluta purezza dell'esistenza, pur attraversando il tempo e gli eventi, permane e si cristallizza in un terzo Cuore del Budo chiamato Zanshin.
Sutemì e Zanshin sono due Cuori generati dal medesimo vissuto. E’ la stessa anima, del medesimo vissuto.
Il fiore nazionale e il simbolo del Giappone oggi è il fiore di ciliegio, il Sakura, senza dubbio, è il fiore più amato dai giapponesi, oggi, ma tanti si dimenticano il fiore più amato dai giapponesi, fino al 10° secolo circa, fu il fiore di Umé (Albicocco), il fiore di Umé che anticipa di un mese o più la fioritura di Sakura, fiorendo anche sotto la neve, annunciando l'arrivo tanto atteso della primavera era tanto amato dai giapponesi dì quell'epoca.
L'epoca dei nobili non dei Bushi ma, significativamente dopo il 12° secolo e, soprattutto, dopo il 15° secolo, il fiore che i giapponesi tennero nel cuore divenne Sakura e noi sappiamo cosa successe in quell'epoca. Nell'epoca dei Bushi.
La peculiarità del fiore di Sakura, la sua bellezza, consiste non tanto in come si presenta alla fioritura, come siamo soliti pensare, ma nel modo in cui termina la fioritura. Questo fiore libera i suoi petali all'apice della fioritura tutti insieme, simultaneamente.
Quando il momento è maturo, al primo soffio di vento, tutti gli alberi di Sakura lasceranno insieme i petali dei loro fiori, il cielo di primavera si tinge di rosa.
La vita del Sakura rispecchiava il modo in cui vivevano e morivano i Bushi di quell'epoca, affrontarono il loro destino con la massima espressione del loro vivere, c'erano anche giovani e giovanissimi tra loro. L'età adulta del giovane Bushi in quell'epoca, era di 15 anni, a quell'età dovevano essere già pronti a partire per la guerra. Tantissimi giovani Bushi morirono nel periodo più bello della loro vita, tante madri piansero sul loro destino. Quante cose belle riservate alla loro vita non conobbero mai.
I fiori di Sakura, che se ne vanno all'apice della foro fioritura, richiamano il vissuto, il loro vivere e il loro morire, ecco, perché, dopo quell'epoca, l'epoca, l’epoca dei bushi il fiore che rappresenta l'anima giapponese è diventato il Sakura. Al centro di ogni cosa,
c'era il vivere, il vivere intenso ed irripetibile, il vivere come testimonianza di "essere" uomo e di essere "umano" e non tramite le parole ma tramite l'atto, il gesto, tramite la propria esistenza applicata. Il vivere non guidato una proiezione concettuale a priori ne che cerca o ha bisogno di essere definito con l'introduzione di valori assoluti di tipo culturale. Non era l'esistenza per sé che contava ma come essere esistito di fronte ai propri simili, il riflesso della propria immagine si concretava nel contatto, nell'incontro, l'unica Verità, l'unica cosa che poteva accompagnarti o potevi vedere di fronte al momento della separazione, non era ciò che si poteva dedurre da qualcosa di precostituito. Le Verità erano e sono nell'immediatezza del vivere stesso. In una dimensione umana “reale”.
I valori assoluti, in realtà, sono tali solo in quel determinato contesto, dalla matematica alla religione. Quando il contesto si modifica, spesso, non sono più tali. La Verità era ciò che già esisteva dentro di te, meramente dentro di te.
Il cuore l'anima che hai non si può costruire, come la conoscenza o la personalità, ma si può fare evolvere se diventa esso stesso una cassa di risonanza degli eventi che vivi.
I Bushi scoprirono questo nell'estremo del loro vivere e, oltre il tempo, ci trasmisero la loro testimonianza ottenuta tramite il loro vivere realizzato.
Bisogna liberare l'anima e liberare la mente per poter conoscere questo essendo umile, puro ed autentico.
La pratica del Budo consiste in questa dimensione, il loro messaggio è che bisogna "conoscere" questa dimensione, non capirla intellettualmente o culturalmente.
Capire non serve, non basta, bisogna conoscere e conoscere tramite il proprio atto realmente vissuto. Le pratiche nel Budo non sono altro che un continuo proporsi di questa dimensione, questa dimensione dell'esistenza ma, non farti oscurare la mente e legare la tua anima nel processo stesso del capire, separandosi dal vivere effettivo, la mente deve essere libera per poter fare questo.
Questo stato mentale è chiamato: Kuh.
La sofferenza puoi solo conoscerla ma non puoi capirla.
L'atto stesso, se viene condotto da un dogma o, comunque, da una visione concettuale, non è più un atto puro. E' un atto che finge di essere atto vero e puro.
Da che cosa deve essere generato o guidato un atto vero? Dal Cuore, come ho già detto. Ecco perché lo scopo della pratica di Budo è quello di far crescere il Cuore, dicono" Bushi: "Se vuoi realizzare la tua vita autentica, componila con gli atti veri, per fare ciò, abbi l'anima veramente libera umile e sincera”.
A proposito di un atto vero, vorrei citare un episodio che è veramente accaduto, vi farà comprendere cosa indente Budo per atto vero “.
A cavallo tra il 500 e il 600, visse un monaco zen della scuola Rinzai, il suo nome era
Takuan, molti di voi avranno già sentito anche questo nome, egli stimolò moltissimo l’evoluzione del Kendo, la Via della spada, di quell’epoca. All’età di 35 anni, era già Priore del Tempio di Daitoku, uno dei templi più importanti della Kyoto d’allora. Nell'anno 1607, una mattina nel pieno dell'inverno, la città di Kyoto era sotto una fitta nevicata con una temperatura rigidissima. Takuan camminava sul ponte Toghetsu che dalla città porta verso la montagna. Dietro di lui, ormai il monaco più famoso di tutto il paese, seguivano una dozzina di giovani allievi,
ad un certo punto, Takuan si accorse della presenza di un mendicante tremante sotto la neve ed accasciato alla base di un pilone del ponte, allora Takuan, senza pensarci attimo, si avviò verso di lui, gli allievi, non capendo l'intenzione del maestro, tentarono di fermarlo ma Takuan senza dir loro una parola proseguì, scese sotto ponte e lo raggiunse, si tolse il mantello e si avvicinò all'uomo porgendoglielo il mendicante prese il mantello come se fosse la cosa più naturale del mondo si coprì, si risistemò e non disse nulla.
Takuan, colpito da questo atteggiamento, gli disse: "Povero uomo, sei diventato talmente povero che sei ora così povero anche d'animo che non riesci a dire neanche un semplice grazie?" Allora, il mendicante gli rispose: "Perché? Tu mi hai dato questo mantello per sentirmi dire grazie?"
Quel momento fu la prima volta che Takuan aprì veramente gli occhi. E disse "Quell'uomo mi ha finalmente aperto gli occhi, solo ora comincio a vedere.”
Oggi ho parlato di come nacque il Kokoro dei Bushi, il Cuore del Budo.
Il centro motorio di ogni pratica e l'impostazione di base di ogni apprendimento del Budo qualsiasi nome porti la disciplina.
Il Cuore è direttamente l'atto, e l'atto rispecchia direttamente il Cuore che lo emana.
L'espressione di un Budo è in un semplice atto concreto, cioè, il rispecchiamento sincero di un Cuore.
Senza il Cuore non è Budo, cerchiamo di svegliare dentro di noi questo Cuore.
Takuya Murata