Non sono una gran ché a scrivere, soprattutto quando si tratta di cose personali, di sentimenti, emozioni… forse la timidezza, o la paura di dire cose scontate, banali. Non ho mai parlato con nessuno di cosa fosse per me il karate, di come avesse influenzato la mia vita.
A tutti quelli che mi chiedevano perché facessi questo “sport” la risposta era: “
Perché mi piace”. Dico era perché adesso risponderei “
Perché ne ho bisogno”.
Anche per questo oggi sono qui a scrivere su questo computer (
a cui sono un po’ ostile perché amo la carta e la penna), perché è uno di quei periodi inspiegabili in cui senti la necessità di andare in palestra, di allenarti, di “testarti”, di dare maggior spazio a questa disciplina, di essere in contatto con essa…di credere ancora di più in questa disciplina.
Da quando sono qui a Venezia è aumentata la voglia. Forse l’ambiente nuovo, il confronto con persone nuove, il rapportarsi con altri maestri, quindi cercare di capirli e di seguirli, hanno contribuito a mettermi in gioco, a impegnarmi di più. Anche il solo cambiamento. Cambiare, staccarsi dal nucleo famigliare, da una realtà sicura e che conosci, dalla cucina emiliana, ti mette alla prova, ti modifica il modo di vedere le cose e ti spinge a guardarle in modo ancora diverso, con una maggiore consapevolezza rispetto a prima. Le esperienze che hai fatto, il mondo che hai lasciato alle tue spalle lo vedi in modo più nitido….non so se riesco a spiegarmi: come se si cercasse di comprendere un quadro con il naso (
mi fa male parlare di nasi oggi..) appiccicato alla tela…vedi tutto sfuocato. Devi allontanarti di qualche passo, devi osservarlo da lontano per comprenderlo.
Ok, tornando a me (è sempre così, uno vuol scrivere una cosa e ne scrive un'altra), vorrei condividere quello che ho provato fin dai primi giorni recandomi al n. 1066 di Fondamenta Cannaregio e non per fare confronti con il passato, con la realtà da cui provengo (anche perché probabilmente non ne sarei in grado, non ho abbastanza esperienza per giudicare maestri e metodi di insegnamento), ma per dare un punto di vista diverso, il punto di vista di uno che viene da fuori…di un ottimo emiliano.
Quello che ho notato fin da subito e che mi ha colpito di più è che in questa palestra c’è un clima diverso. Già dal nome (… “Centro Sport e Cultura”... ), ma soprattutto dalle persone, dal rapporto che tengono con la palestra e con i maestri.
Lo stesso rapporto che i maestri instaurano con gli allievi è più diretto, più cercato. Basta pensare ai domenicali, agli stage in occasione di un compleanno, oppure al sito web.
Per accedere all’area privata bisogna scrivere qualcosa, cioè aprirsi, denudarsi. Devi dare un po’ di te stesso…e in questo momento mi sento un po’ in mutande e non ho mai avuto la vocazione dello spogliarellista.
Il modo di insegnare… non so come spiegarlo… mi viene da dire che è più
VERO, più
SINCERO. Al di là delle parole, delle correzioni che fanno, quello che viene trasmesso, quello che si percepisce è più…concreto. Si sente una energia diversa, uno “sguardo” diverso. Non si ferma alla posizione, alla forza.
E’ una esperienza che passano. Trasmettono quello che hanno toccato con mano e cercano di non ridurre la lezione all’ambito del karate, ma ad allargarla alla vita, a quello che si affronta quotidianamente.
Nelle prime lezioni ho sentito un disagio, ho capito che in me c’era troppa forma, poca sostanza.
Attraverso correzioni puntuali e costanti ho avvertito che il mio corpo reagisce in modo diverso, che è un po’ più “efficace”, più completo…e anche un po’ più in armonia…mi sembra di cucirmi addosso un vestito più comodo. E mi sono reso conto che la strada è moooolto più lunga di quanto pensassi (ed era già moooolto lunga).
Mi fermo qui…avrei altre cose da scrivere ma ci sarà tempo per farlo e poi a scrivere molto ci si perde e si diluisce il senso. Ho cercato di condividere nel modo più sintetico e diretto possibile quello che provo e che penso.
Andrea Costi