Davanti agli occhi solo un gruppo di persone che si muovono senza la precisa cognizione di quello che stanno facendo, ridono e sbagliano seguendo solo quello che il loro maestro gli dice di fare, annoiato, sudato che legge svogliatamente un foglietto scritto magari la sera prima. Non sono con i miei compagni di corso, solo qualche battuta scambiata per allentare quel misto di tensione e noia prima della nostra dimostrazione, ognuno impegnato a cercare di tenere un minimo di concentrazione.

All'improvviso un "Oh, tocca a voi.." mi sveglia da quel torpore e quello stato di attesa si trasforma in pura agitazione e voglia di fare, di dimostrare chi siamo, di svegliare un pubblico anch'esso assopito e in attesa di andare a casa per fare i complimenti al proprio piccolo prima di andare a letto, a dormire, nel loro angolo sicuro, lontano da quei fanatici che urlano e dedicano la vita a cose senza senso che tanto in questo mondo non serve più fare a botte.

Ci disponiamo in linea davanti al pubblico, facciamo l'inchino come era stato previsto, studiato poco prima, e l'inchino non è solo un saluto ma un messaggio: preparatevi. Ognuno prende il proprio posto, tocca a me gestire l'inizio, nel seguito sarò io a seguire il gruppo e decido di godermi ancora per un attimo questo momento, questa attesa, prima di muovere il primo passo, segnale d'avvio della dimostrazione. Qualche passo, un urlo e via, il gioco è fatto, il seguito è solo routine, gli arti si muovono eseguendo le tecniche preparate, in modo preciso, la differenza è la grinta e la convinzione che bisogna trasmettere a quelli in tribuna. Cado, pochi istanti per rialzarsi, attaccare per l'ultima volta e dare un occhio agli altri, per capire se ci stiamo muovendo insieme, se siamo o meno un gruppo. E, credo per la prima volta, siamo in sincronia, solo qualche leggero ritardo, ma nessuno se ne accorgerà se non a casa, davanti al computer e li non sarà più importante la dimostrazione, solo capire i propri errori per crescere. Ancora qualche secondo e siamo tutti per terra, le donne disposte a cerchio intorno a noi, ci rialziamo, inchino, torniamo in fila...e inchino. Salutiamo per l'ultima volta il pubblico, risvegliato per un attimo, ancora inconscio di quello che era successo. Meglio di così non poteva andare.
Ci rimettiamo al nostro posto, seduti, seguiamo le dimostrazioni successive con aria più rilassata, scherzando di più e complimentandoci l'un l'altro.

La mia agitazione invece di calare aumenta, io ho ancora una dimostrazione da fare col Maestro, una dimostrazione VERA, con un coltello vero, attacchi veri, possibili e reali in sequenza e una serie di difese per disarmare l'avversario e usare la sua energia contro se stesso.
La dimostrazione precedente era importante anche per testare la mia reazione col pubblico, sempre differente, ogni volta , in ogni stage.

Parlo ancora con Davide, indecisi sul come farla, lenta e in seguito veloce, o se tutta veloce e forte.  INSIEME, aspetto importante di un rapporto Maestro/Allievo, decidiamo per dimostrarla in modo reale proprio come è nata, senza fronzoli o finzioni.

E' il nostro turno, mi avvicino al tatami e una voce mi sussurra "occhio col coltello" e a questo maestro che non conosco la mia voce risponde "ci provo.."Ancora in fila, davanti allo stesso pubblico di prima, non per dimostrare la nostra bravura con le tecniche  ma per vedere un rapporto allievo Maestro lontano dagli schemi, un rapporto di fiducia che in pochi riescono a creare, ad avere.

Ci guardiamo per l'ultima volta e la domanda è "allora tutta veloce?"..."si Maestro", veloce, dobbiamo svegliarli o no? fargli capire dove sono e dove siamo noi? La verità di ogni tecnica e attacco!
E si inizia..