Se permetti scrivo anch'io due righe di riflessione su domenica.
Ormai questi incontri siamo abituate a metterle in agenda in due: ci piace avere questi momenti. Per me e Susanna, quello di alzarci alla mattina quando gli altri due poltroni stanno dormendo, fare colazione insieme in silenzio, prepararci la borsa e fare due passi a piedi fino a Sant'Alvise significa avere un momento solo per noi due, fuori dal gioco di squadra "a quattro".
Quando arriviamo, anch'io come il maestro sono un po' dispiaciuta per le defezioni. Mi preoccupa un po' l'assenza di Monica, colei che non manca mai. Mi rattrista un po' la mancanza di chi se n'è andato definitivamente:
Alice, la nostra compagna con la quale abbiamo passato l'esame di verde; la
Ale, che ci ha provato ma "no ghea vanta proprio";
Gaia, eternamente imbronciata, colei con la quale si rideva in spogliatoio e che ora finge di non conoscermi quando le passo davanti (forse alla sua età ci siamo passati anche noi). Ma la vita è fatta così. C'è chi viene, c'è chi va, c'è chi resta. E magari c'è chi torna. Non si sa mai...
Il maestro è contrariato perchè ci è stata assegnata la palestra grande, mentre in cuor mio sorrido: adoro quello spazio; mi piace un sacco fare Kion rivolta verso la laguna nord piena di luce (quella da cui giunsero oltre mille anni fa i primi abitanti rivolti a Rivoalto: la mia Mecca laica), mi piace il rimbombare dei kiai sulle le pareti vaste, mi piace la possibilità di lavorare in uno spazio così grande senza sentire la mia energia cozzare con quella del mio vicino.
Coi i ragazzi ormai c'è una buona confidenza. Io la butto in ridere se devo fare kumite con le nere, ma in realtà mi sento molto meno a disagio rispetto a un anno fa. E sempre di più - nonostante ciò apparentemente non si colga - riesco a concentrarmi per imparare da loro. Non dico che ci riesco. Dico che almeno ci provo.
Come sempre, la difficoltà di vincere la pigrizia, in una domenica mattina, per esserci, è grande. Ma mettersi alla prova e riconciliarsi con il proprio corpo, rendersi conto di riuscire a "reffare" e concludere un allenamento con la consapevolezza di aver ancora voglia di imparare e mettersi in gioco, di aver acquisito, di aver appreso qualcosa di nuovo, vale parecchio.
Considero il pranzo una sorta di "terzo tempo" del karate, anche se accanto al maestro mi sento come un pugile che vive sul ring un primo round che dura all'infinito pur apprezzando il suo gesto cavalleresco di cedere il capotavola alla nonna della piccola Irene.
Concludo con una riflessione che in parte giustifica le defezioni. Forse due stage così a ridosso "pesano" economicamente sul bilancio degli studenti. Anch'io lo fui a mio tempo: ricordo i tempi in cui 30.000 lire in più o in meno facevano una differenza abissale, così come ricordo i tempi in cui potevo uscire a mangiare una pizza con gli amici solo se me la offrivano. Secondo: forse per i genitori dei giovani rampolli che fanno le gare e portano i bimbi su e giù per la palestra e poi nelle varie destinazioni domenicali, ci sono state difficoltà organizzative. Aggiungiamoci assenze fisiologiche dovute a malattia o repentine incombenze familiari beh...si fa presto a raggiungere il non quorum. Se comunque devo dare un voto al migliore in campo, allora mi permetto di assegnarlo a Nicola: sia che abbia febbre, influenza intestinale o invasione di cavallette in soggiorno, non manca mai. Dovunque e comunque.
Maestro, voglimi bene così. Resto pur sempre, a mio modo, una guerriera. Sul tatami ammetto i miei limiti, le mie eccessive seghe mentali e le mie difficoltà ad accettare di pronunciare un "Oss" per puro senso di disciplina. Ma ci provo. Non dico che ci riesco. Dico almeno che ci provo.
Oss
Risposta ad Anna
Anna Santini