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KUJIKERUNA Non Mollate MAI!


KUJIKERUNA

Non cedere, non mollare mai
Testi per cintura nera
Makoto no Michi o Mamuru Koto

I testi sono degli autori
Fra  Fra  Fra
Sono cresciuta in una famiglia di sportivi, fin dai miei primi passi mio papà mi esortò a fare attività fisica; ho iniziato con la danza classica, continuato con il tennis, ho provato il nuoto, la pallavolo, il basket e in estate venivo sballottata in tutti i possibili centri estivi di pattinaggio e calcio. Finchè un giorno al Cus mi proposero di provare il Judo.

Quella fu la prima volta che misi piede su un tatami.

Fra

Mi ricordo quando vidi l’allenatore con la cintura marrone, provai un emozione fortissima perché fin da piccola fui sempre affascinata dal mondo orientale e dalle arti marziali. Ero appassionata di manga giapponesi, ne leggevo in quantità industruali, spesso i protagonisti erano maestri di kempo, kendo o kung fu e ogni carnevale chiedevo a mia nonna di realizzare per me costumi da guerrieri dagli occhi a mandorla per sentirmi simile a loro.

L’anno che venni a contatto col Judo purtroppo  (ora direi ‘menomale’) non potei continuare perché gli allenamenti finivano troppo tardi e io ero troppo piccola. Non immaginavo neanche che a pochi passi da casa mia ci fosse la palestra dove ora tutte le settimane mi alleno. Insomma piangiona com’ero ne feci una tragedia e pensai alla palestra in fondamenta dove ogni volta che passavo sentivo urla (i kiai) e spiavo sotto le fessure delle tende le persone con i kimoni bianchi e con le cinture di tutti i colori; così mandai mia mamma a chiedere se c’erano corsi per principianti.

Fra(Nel mio primo tema sul karate raccontai già della storia di me piccola che spiavo sotto le tende e mi ricordo che il giorno dopo il maestro disegnò alla lavagna questa vignetta per prendermi in giro!)
Inziai karate il giorno dopo. Avevo 11 anni e ricordo la mia prima lezione come se fosse ieri; come me altre bambine erano alle prese col karate da poco ed eravamo tutte in calzamaglia. Il maestro ci fece iniziare con dei semplici oizuki e dopo il decimo pugno mi chiese se avevo già praticato. In quel momento mi riempii d’orgoglio perché immaginavo me l’avesse chiesto perché fossi bravina! Tuttavia risposi di no e da lì iniziò la mia avventura. Fu una lezione faticosissima, arrivammo stremate in spogliatoio, mi cambiai velocemente e corsi subito dalle mie amiche e dissi loro che avevo provato il karate e che mi ero decisa a continuare. (Tra loro c’era anche la cha che avrebbe fatto con me la lezione dopo.)
Fra
Mi comprai il kimono e la cintura bianca divenne presto bianca 1, poi bianca 2, poi raggiunsi il mio primo traguardo: la cintura gialla! Mi sentivo invincibile, ad ogni lezione avevo le braccia piene di lividi e tutte le sere non vedevo l’ora di correre a casa per far vedere ai miei le mie ferite di guerra! Il maestro cominciò a portare fuori dalla palestra me e i miei compagni e ci portò a Ferrara alla mia prima gara. La prima di molte altre. Fu un’esperienza bellissima, era il trofeo Topolino del karate, c’erano bambini di tutte le nazionalità, mi ricordo ancora i colori, le pubblicità, la musica continua (Topolin, Topolin, viva Topolin!) e l’emozione di star là ad aspettare il proprio turno per la dimostrazione di kata. Ci allenavamo da tutte le parti: in giardino, in palestra, nei corridoi e persino nei bagni dei disabili (perché erano più grandi dei bagni normali). Non vinsi ma portai a casa un sacco di regali e tanta felicità!

FraPer diventare cintura nera ci misi ben 7 anni. In questo lasso di tempo sono cresciuta e maturata tantissimo, quello che ho imparato in palestra me lo porto nel cuore anche nella vita di tutti i giorni sempre e comunque. Quello che devo più di qualsiasi cosa al mio maestro è il fatto che fin dalla prima media mi ha sempre trattato e parlato come un’adulta. Certo, entro i limiti, però questo ha fatto sì che tra me e lui si creasse un rapporto sincero, genuino e di fiducia reciproca. Con pochi adulti ho un rapporto così profondo. Altra cosa che devo tanto al mio maestro è il fatto che mi abbia dato tante, tante ma tante botte. Esser abituata a prendere pugni e calci ha fatto sì che mi creassi una corazza e che vivessi delle cose fuori dal normale; nessuno  è abituato ad avere un approccio così ‘fisico’ nella vita di tutti i giorni. Di ciò me ne sono resa conto da poco grazie al suo corso di autodifesa. Vedevo ragazze o donne come me che alla più piccola spinta provavano dolore o si scansavano, io le guardavo sorpresa perché per me era la cosa più normale del mondo. Questo mi ha fatto capire la mia diversità e la mia fortuna!

Fra  
Ho fatto molte gare in questi anni, ci sono stati periodi che farle era il mio unico obbiettivo ma ogni volta il maestro, anche se appoggiandomi, mi riprendeva cercando di farmi capire che non era quello lo scopo della strada che avevo intrapreso. Non era la medaglia l’importante ma la crescita spirituale e personale e il confronto con gli altri. Io portavo a casa tutto! Sprizzavo di gioia da tutti i pori e mi sentivo appagata come non mai. Ma c’è stato spazio anche per pianti e delusioni. Fatto sta che la fortuna che avevo io non ce l’aveva nessuno: il bello di andare alle gare erano i viaggi in macchina che facevamo, pieni di risate e scherzi e belle persone!

fra  fra  fra  

Oltre a tante gare ho fatto altrettanti stage. Essendo cresciuta in una palestra di ‘non’ agonisti, gli stage erano e sono la cosa che sta più a cuore al maestro. Probabilmente non me ne rendo neanche conto di quante bellissime esperienze ho fatto. Dalle vacanze in montagna col gruppo di Goshindo di Fiera di Primiero, agli stage che il maestro organizza annualmente a Sant’alvise oppure in palestra assieme al domenicale, e infine agli stage in giro per il nord Italia o a quelli di Shirai. Non mi scorderò mai la prima volta che l’ho visto, mi vergogno a dirlo ma non sapevo nemmeno che faccia avesse e quando mi passò davanti non realizzai nemmeno chi fosse. Quel pomeriggio durante l’allenamento dello stage mi riprese e venne da me e mi disse di tirargli un oizuki sulla pancia. Ero piccola ma non me lo feci ridire due volte, dopo che gli tirai il pugno mi girai verso il mio maestro e lui era lì che mi guardava sorridendo.
Inutile dirlo ma lo stage più importante della mai vita fu quello prima dell’esame di cintura nera. Condivisi quell’esperienza con tutte quelle persone che avevano iniziato karate con me. Chi prima, chi dopo. E’ stato un giorno speciale perché per una persona che ha pochissima fiducia in sé stessa è stato il traguardo di una vita. Avevo una paura folle, ma lo superai e a pieni voti!

Feci un kihon dove mi distinsi dalle altre karateke totalmente spente. Durante il kumite libero la mia avversaria mi fece malissimo perché era molto più nervosa e agitata di me, io determinata e incazzata entrai col pugno e lì finì il combattimento. Andai verso il rettangolo dove si svolgeva il kata e aspettai il mio turno. Col fiatone incrociai lo sguardo dei miei compagni, eravamo tutti serissimi. Il kata non lo feci al meglio e mi venne paura. Al momento della consegna dei risultati raggiunsi tutti i miei compagni. Quando vidi su quel foglio rosa 3.5, 3.5 e 3 non capivo cosa volesse dire ma dopo tre secondi saltai per la gioia!!!! 
Ero cintura nera.

Quella cintura nera con il mio nome cucito sopra è uno degli oggetti più importanti e simbolici di tutto ciò che ho. Rappresenta tutta la mia fatica, la mia dedizione, la mia esperienza, il mio cammino, la mia gioia, i miei dolori, i miei sorrisi ma anche le mie lacrime. Credo sia stata l’unica volta che abbia detto a me stessa:  ce l’hai fatta Fra!

Avevo iniziato con un blocco di acciaio, ora avevo tra le mani la famosa spada con la lama di cui il maestro ci aveva tanto parlato.
Ora bisognava affilarla.

Ora non si lavora più sulla forza ma sulla precisione, non si lavora più sulla materia grezza ma sui minimi dettagli.
Da un po’ di tempo il maestro mi sta mettendo alla prova lasciandomi a volte le piccole cinture bianche, anche questo lo posso considerare un altro punto d’inizio in questo cammino, però è difficile perché bisogna guadagnarsi il loro rispetto e la loro fiducia rimanendo sempre nell’ambito del gioco e nello stesso tempo nell‘ambito marziale. Per me è veramente tanto difficile non lasciarmi andare alle coccole, soprattutto perché alcuni di loro frequentavano i centri estivi quando io ero maestro all‘asilo!
Mi piacerebbe tanto diventare istruttrice e poi chissà, anche maestro però non sono sicura di poter avere tutta quella pazienza che ha il mio maestro e tutta la sua dedizione per il karate, perché è immensa! Lui fa karate fuori e dentro la palestra, io purtroppo tendo a separare vita e palestra perché lo considero un mondo a parte, anche se forse non dovrei. Però sono sicura che il karate mi abbia influenzato anche fuori, credo che sarei diversa se non avessi praticato karate per 7 anni.

O meglio, credo che sarei diversa se non avessi praticato KARATE NELLA MIA PALESTRA E CON IL MIO MAESTRO che adoro tanto anche se a volte è insopportabile!!


Francesca Bin

Tabella testi Davide - Scritti da noi

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