Parliamo spesso del karate-do come una disciplina che ci aiuta a crescere, come di una strada che percorri, di una parte di noi.
Poi oggi ti osservo mentre leggi alcuni brani tratti dal sito che tu hai creato e nutri ogni giorno con costanza ed orgoglio, vedo trasparire dallo sguardo una sorta di emozione (il termine giusto non viene al momento) che vedo solo quando fai gli allenamenti, i kata e parli delle lezioni e stage; mi viene in mente come un flash la frase di Bacchin che hai citato:”
tu sei un maestro anche fuori la palestra”, io ti ho risposto che il tuo è un atteggiamento, una forma mentis, una sorta di deformazione professionale – passami il termine - io fuori dalla palestra non vedo il Maestro, ma una persona come tante che ha in più la forza di affrontare gli eventi con fermezza e schiettezza, senza l’ipocrisia che altri hanno – questo sarà il prossimo spunto credo-.
E da brava curiosa e deformata dalla professione nasce la domanda:
Se tu non potessi più praticare questa disciplina cosa faresti?
Abbiamo già avuto uno scambio di battute e in parte mi hai risposto, ma io cerco l’anima del “cosa faresti” , se il tuo corpo non può praticare la via a cui hai dato tanti anni, il Maestro come modifica la strada?
Tutti almeno una volta nella vita si pongono la domanda “Come sarò?”
E tu? Tu che non sai come sei ma solo chi sei, ti sei mai fatto questa domanda?
A me riesce difficile vedermi in prospettiva, più perché non mi vedo ora chi sono, mi sto iniziando a conoscere solo adesso e a fatica difficile modificare 31 anni di vita fatti di abitudini e di appiattimenti sociali.
E’ faticoso uscire dalle convenzioni imposte per essere diversi dalla massa, dove la tua diversità è il tuo stare bene con te stesso; questo è il nocciolo della domanda:
se qualcosa ti potesse rendere uguale agli altri privandoti del karate-do “applicato” come vivresti?
Risposta a Monica
Monica Ceolin