Ho le gambe doloranti, e non poco. Non riesco a camminare ne a fare i 4 piani di scale che mi portano al mio appartamento senza imprecare, eppure sono andata al lavoro.
” credo di aver esagerato con l’allenamento…..”.
Domenica in effetti non ero proprio in condizioni ottimali, poco sonno e una bronchite sono cattive compagne di uno stage domenicale, ma va bene lo stesso.
Avevo troppa voglia di esserci, l’anno scorso ho perso l’appuntamento con questo evento a malincuore.
Che strano clima quello di domenica, tutti assieme, piccoli e grandi. Che bello vedere i nuovi allievi in mezzo a noi, un po’ smarriti e un po’ affascinati da questo ambiente, vengono accompagnati da
Elisa, Chiara Donato e Nicola.
Vederli in quei karategi che li avvolge, quasi completamente, con la cintura legata in modo un pò goffo, che seguono le indicazioni con tanta enfasi, che sembrano sentirsi “in colpa” se sbagliano e cercano conferme continue con gli occhi.
Sono uno spettacolo unico.
Dopo l’allenamento ho letto il brano e guardato le foto, e via via ho letto i vecchi pezzi.
Mi è venuta voglia di scrivere questo pezzo leggendo alcuni brani dal nostro sito, quelli legati ai ricordi, alle domande, agli allievi. E proprio da questa lettura è sorta una di quelle domande da nostalgica,
“ Ma il M° si emoziona mai davanti a questi piccoli allievi?”
La mia non è una domanda a caso, anzi. Leggendo i brani scorgo tra le righe l’affetto e l’orgoglio verso i suoi allievi “storici” e poi lo sento raccontare aneddoti che li riguarda sorridendo, così penso a cosa dirà in futuro a riguardo di questi nuovi “guerrieri”, o “tigri” come a lui piace chiamarli.
La mia curiosità si spande fino a leggere i resoconti di alcune gare, e qualcuna l’ho vista anch’io, durante un paio mi sono anche emozionata per i piccoli atleti. Che bello leggere i pezzi che raccontano gli eventi delle nuove leve.
E proprio parlando dei nostri piccoli atleti e dell’ultima gara che alcuni di loro hanno fatto, Donato domenica mi ha detto una cosa quasi vera: “le gare non sono dei bambini ma degli adulti”,
quasi perché in realtà vi sono bambini che fanno propria la gara e lo vedi. Non interessa loro se vincono o no, se il risultato piace agli altri o meno, sono lì per se stessi e basta. Sono quegli agonisti che ti restano impressi, ti fermi a guardarli quasi ipnotizzato mentre praticano perché sono forti, decisi e, scusate il termine improprio, eleganti nello stesso tempo. Dai brani scritti dal Maestro in questi anni, inerenti le gare dei suoi allievi, si coglie sempre una emozione, diversa ma intensa e anche quando i risultati ottenuti non sono all’altezza delle sue aspettative lui coglie i lati buoni dell’esperienza, ci mette il consiglio, auspica che nelle prossime gare le prestazioni siano migliori, ma dentro di se è proprio così?
Rileggo un pezzo:”La sfiga di essere bravi”. E’ un padre quello che scrive, non un M°, che consola se stesso ed i “figli”, delusi da un brutto voto. Ed è l’unica volta che egli scrive così. Perché? Forse perché i suoi allievi non sono tutti uguali? Forse perché, da essere umano quale egli è, ripone maggiore fiducia sulle capacità di alcuni atleti? Questo lo può dire solo lui. Certo è che non ha scritto altri brani come quello, dove vi sono parole di grande elogio per i suoi agonisti e di critica verso chi li doveva giudicare.
Ma essere M° educa a staccarsi o lega ancora di più?
Tornando a quella miriadi di parole versate sugli allievi, vi è una sezione dedicata a quegli allievi che hanno lasciato un segno forte in palestra. Addirittura a volte ne cita dei pezzi, li porta ad esempio come se quelle persone fossero li concretamente.
In futuro anche noi saremo piccoli esempi da tramandare ai posteri? Cosa resterà di noi nei suoi ricordi?
Intanto io elaboro nel mio cervello il prossimo pezzo, poi ai posteri l’ardua sentenza su quello io regalo al MIO MAESTRO.
OSS
Monica Ceolin
Risposta