Gi = giustizia, fede, moralità, rettitudine. La ricerca della verità per l’umanità parte dalla rimozione degli interessi personali. Giusto o sbagliato non è mai motivo di dubbio, agire disonestamente è motivo di vergogna. Questo pensiero di onestà è alla base del nostro Dojo Kun “jinkaku kansei ni tsutomuru koto” del Dojo Kun |
Yū = coraggio. Yūki è la forza e la capacità di decidere e realizzare la propria volontà. Questo modo di agire deve venire dal Gi. Diversamente non può essere virtuoso. Quindi Yūki significa “il coraggio di fare una cosa giusta”. Chi possiede Yūki agisce con tranquillità e coscienza nel momento del pericolo, come una persona che ha grande disponibilità verso gli altri. Nel nostro Dojo Kun possiamo riferirlo a “kekkei no yu o imashimuru koto”. |
Jin = comprensione, benevolenza, compassione, amore. È la virtù suprema dell’uomo. Per eccellere è necessario possederla. Date Masamune, un Samurai vissuto tra il 1567 e il 1636 diceva che se ci si basava tutto sul Gi si diventava troppo rigidi e che se si era tutto Jin si diventava deboli. Quindi il Samurai avendo la spada con la quale dare la vita o la morte, aveva l’obbligo di coltivare arti diverse quali la poesia, la musica, la pittura … per avere la sensibilità di saper decidere con giustizia. Dentro al nostro Dojo Kun lo paragonerei a “jinkaku kansei ni tsutomuru koto”. |
Rei = rispetto, cortesia, saluto. Nitobe dice di avere pazienza per la sofferenza e la difficoltà. Per sopportare un brutto periodo, l’uomo non deve essere presuntuoso e arrogante. Non deve essere influenzato dagli altri per sbagliare. Rei è anche inteso come affetto, modestia, umiltà e comprensione verso gli altri. Con questo genere di atteggiamento l’uomo sarà sensibile, raffinato ed elegante. Troviamo oggi un esempio nell’incontro di Sumo, dove il vincitore non esulta davanti all’avversario, ma conclude l’incontro con il saluto e egli risponde con tacito consenso verso il responso del risultato. Tale atteggiamento non è scritto nelle regole di gara ma è da sempre praticato. All’interno del nostro Dojo Kun troviamo corrispondenza nel principio di “reigi o omonzuru koto”. |
Makoto = sincerità, onestà. Nitobe dice che per il Samurai dire una bugia o attuare un inganno è gesto di disprezzo verso le persone e quindi è un segno della propria debolezza. In pratica il disonore. Per il Samurai non esistono due parole, mantiene sempre ciò che dice. Fra i Samurai non sono mai esistiti i contratti scritti. Richiedere a un Samurai di mettere per iscritto un patto equivaleva a un insulto verso la sua reputazione. La lealtà è forse la base di tutti i principi. Confucio dice che una profonda rettitudine può far muovere le persone per arrivare a un giusto obiettivo. È un principio vincente. Pensando a Madre Teresa di Calcutta devo dire che la sua figura ha sempre trasmesso onestà e sincerità. Quando ricevette il Nobel per la pace un giornalista le domandò cosa bisognava fare per la pace nel mondo. Lei rispose semplicemente “Quando torna a casa ami la sua famiglia”. Per il nostro Dojo Kun è “makoto no michi o mamoru koto” |
Meiyo = onore. Significa la dignità e il valore di una persona. Per il Samurai è tutto, lega il dovere e il prestigio. Tale principio era inculcato già da piccoli. Il padre corregge il figlio al primo errore. L’onore non viene dalla nascita, ma è una posizione che si forma con il comportamento. È uno degli obiettivi di vita. Quando un giovane giapponese esce di casa per costruire la sua vita, per mantenere il suo onore e quello stesso della famiglia non ritorna più neanche in caso di povertà. Naturalmente l’onore va trattato con modestia e umiltà senza che diventi una regola oppressiva, perché in tal caso sarebbe soffocante e si perderebbe la capacità critica verso sé stessi. Per il nostro Dojo Kun è “doryōku no seishin o yashinau koto”. |
Chūgi= lealtà, fedeltà. La persona opera nell’interesse della famiglia. Parlando di Bushidō diventa prevalente l’interesse del Paese piuttosto che quello per sé stessi. La persona è uno degli elementi su cui il Paese può contare. Il Samurai obbedisce agli ordini del proprio Shōgun (o anche capo-famiglia) senza riserva, ma egli ha anche l’obbligo di consigliarlo nel caso si accorga che stia commettendo un errore, proprio per l’obbligo di fedeltà che ha verso la famiglia intera. Riferito al nostro Dojo Kun è la riunione di “jinkaku kansei ni tsutomuru koto + makoto no michi o mamoru koto + reigi o omonzuru koto”. |