Sono un convinto assertore dell’utilità, anzi della indispensabilità, di doversi dedicare al lavoro su tutte e tre le componenti dello studio del karate (
kihon, kata e kumite) al fine di poter progredire nell’Arte, anche se oggi, quando non si nega del tutto l’utilità di una di queste tre componenti, si usa specializzare il proprio lavoro (per motivi agonistici, di preferenze o di conoscenza e competenze, ma ce ne sono tanti altri…). Mi rendo conto che tale maniera di vedere le cose possa sembrare antiquata ed obsoleta specie laddove sono anni che dal punto di vista agonistico la specialità delle forme rimane radicalmente separata dalla specialità del combattimento, ma devo dire in tutta onestà che, a meno che non si rincorrano le medaglie, ritengo sia auspicabile per i praticanti una conoscenza sufficiente delle tre componenti, piuttosto che una eccellenza in una soltanto di esse (sulla qualità di questa eccellenza si potrebbero scrivere libri, considerando che ci sono tanti campioni del mondo almeno quante organizzazioni internazionali).
Questo articolo di
Stephen St.Laurent tratta l’importanza e la natura complessa del “
kime” nella tecnica del karate.
C’è un aforisma che recita
“Un uomo deve prima essere il padrone di casa sua, prima di diventare il padrone in casa di un altro”. Questa dichiarazione non ha nulla a che fare con la casa materiale in cui viviamo, ma con la nostra casa interiore.
Essa riflette l’idea che la maggior parte di noi è governata secondo i dettami di un organo che cerca il piacere,
il cervello; e pochissimi di noi permettono alla parte superiore del nostro essere, il Sé, di esercitare un controllo sulle nostre vite. Ora, ci si potrebbe chiedere che cosa questo abbia a che fare con il karate, specie se si è un neofita nel campo delle arti marziali.
Il modo migliore per chiarire il rapporto tra l’aforisma di cui sopra e il karate è quello di offrire una analogia utilizzando una situazione che ho osservato circa sei anni fa.
Si era nell’intervallo di uno degli innumerevoli tornei in cui il Maestro Hidetaka Nishiyama era ufficialmente il capo arbitro.
Egli insieme ad un gruppo di assistenti istruttori doveva fare una dimostrazione di un uomo che si difende da un attacco di gruppo. Appena gli uomini formarono un cerchio, tirarono fuori da sotto i loro “gi” varie armi: coltelli, catene, manganelli e cominciarono ad attaccare il Maestro Nishiyama. Egli con successo si difese con precise, potenti tecniche contro attacchi singoli e multipli fino a che soltanto due uomini erano rimasti in piedi. Entrambi brandivano coltelli affilati come rasoi. All’improvviso, l’uomo alle spalle del Maestro Nishiyama attaccò, passandosi il coltello da una mano all’altra per confondere la sua vittima designata. Si avvicinò, il coltello balenò nell’aria cercando la gola. Proprio quando sembrava che il coltello avesse raggiunto il suo bersaglio, la sua traiettoria fu deviata, un calcio colpì lo stomaco dell’attaccante proiettandolo in aria.
Appena l’uomo fu per aria, apparì chiaro come il suo coltello fosse ancora impugnato e che quando lui fosse caduto a terra, sarebbe atterrato sulla lama d’acciaio. Adesso, contemporaneamente, il secondo uomo, inconsapevole di ciò che stava per succedere, vide un’apertura e attaccò con la sua lama. Il Maestro Nishiyama, vedendo che l’uomo che stava volando stava atterrando sulla sua stessa arma, lo trattenne, guidando il suo corpo in modo tale che non cadesse sul coltello.
Il suo fianco era scoperto, il secondo uomo approfittò del vantaggio e lanciò la sua coltellata circolare, fermandosi solo quando la punta del coltello venne a contatto con il “gi”. Il Maestro Nishiyama era cosciente di entrambi gli attacchi e del pericolo che correva l’altro uomo e in una frazione di secondo aveva fatto la sua scelta! Il Maestro Nishiyama sorrise semplicemente e fece un piccolo inchino all’altro uomo, che all’ultimo momento, prima di colpire, aveva visto il pericolo per il suo compagno. Egli restituì il sorriso e l’inchino. Entrambi avevano visto e compreso il momento. Ciascuno sapeva che in una situazione di vita reale i risultati sarebbero stati dolorosamente differenti.
Nella visualizzazione di questa situazione, appare ovvio che il Maestro Nishiyama aveva la sua casa in ordine. Aveva mostrato un controllo completo e privo di “Ego” e con un inchino sia lui che i suoi assistenti uscirono dalla pedana.
Ora, a molti praticanti di karate piacerebbe provare ad emulare, nel loro karate e nella vita privata, un uomo della statura del Maestro Nishiyama, ma essi non sanno come. Loro non sanno come portare ordine e disciplina nella loro casa interiore. Questo sviluppo di ordine e di auto-disciplina è uno dei vantaggi insiti nello studio delle arti marziali, e nel karate, la strada per il sé interiore inizia con la comprensione dei kata (forme). Nello sviluppo di ogni arte, è meglio lavorare con cose familiari quando si cerca di incorporare nuove idee o tecniche. Durante una delle lezioni all’ “Instructor Training Camp” del 1974, il Maestro Nakayama ha affermato che i movimenti di base di “Heian Shodan” sono perfetti da questo punto di vista.
E’ a questo kata che lo studente, mentre progredisce nella sua formazione, può costantemente tornare a fare riferimento ed incorporare le sue nuove conoscenze ad ognuno dei movimenti di base. (Segue una descrizione di come eseguire il kime durante le prime tre tecniche del kata…)
Ogni movimento del kata deve essere praticato in maniera tale che lo studente possa fluire dolcemente da un punto di attenzione rilassata ad uno di contrazione dura come il ferro, senza rompere il flusso del kata. Tutti i movimenti del kata e il corretto uso dei muscoli dovrebbero essere praticati fino a che lo studente possa eseguirli inconsciamente, senza pensarci. Lo studente deve essere capace di espandere e contrarre il suo corpo in perfetta armonia, ed è questa armonia dei movimenti che permette allo studente avanzato di sviluppare la sua velocità e la sua potenza.
Come asserito prima, questo non è facile, e si impiega molto tempo e qualche volta anni per padroneggiare e controllare i muscoli del corpo. Ma con un allenamento dedicato, l’apparente potenza oltre il normale del vero karate-ka può essere ottenuta. Questa auto-disciplina può anche aprire le porte alla consapevolezza che aiuterà a fare dello studente serio una persona migliore con una più precisa e più profonda comprensione di se stesso e del mondo in cui vive.
La casa è sempre in disordine e occorre quotidianamente provvedere al suo riassetto,!