Ricordo Luigi nell'ottobre del 1965, quando iniziò a praticare il"karate. Era un ragazzino mingherlino che portava gli occhiali. Faceva fatica a mettere forza nei suoi colpi. Spesso non ci riusciva. Gli chiesi quanti anni avesse. Mi rispose: 17. Gliene avrei dati 14.
Quell'anno ero appena arrivato in Italia. Non avevo ancora trent'anni.
Volevo costruire una squadra di combattenti che potesse riflettere internazionalmente la superiorità e l'orgoglio della Japan Karate Association “la scuola dove mi ero formato per dieci anni e per la quale ero diventato uno tra i migliori combattenti in Giappone”
La scuola ci aveva insegnato la tecnica e il pensiero del primo divulgatore ufficiale del karate moderno, il maestro Gichin Funakoshi.
Per costruire la squadra italiana c'era poco tempo utilizzai il metodo più semplice e diretto possibile. Bisogna gettare in acqua tutti gli allievi per separare quelli che non sanno nuotare da quelli che imparano a galleggiare e sopravvivono. Non li ho gettati davvero in acqua, ma forse avrebbero preferito, perché li sottoposi per anni a una ferrea disciplina di allenamento. Il mio scopo non era solo formare degli atleti, ma anche degli uomini di carattere. Era una formazione che doveva durare tutta la vita di un individuo.
Quest’anno, ad esempio abbiamo premiato alcuni atleti. Sono tre maestri istruttori di 75, 79 e 80 anni, che praticano regolarmente il karate da oltre 50 anni. C'è un insegnamento importante per chi pratica il Karate nella vita.
Rispetto al concetto dell'uomo di oggi, portatore di maschere dietro cui si cela molto spesso il vuoto esistenziale, credo invece nella persona che si impegna in un miglioramento continuo perché conscia dei propri limiti e alla ricerca della perfezione del carattere, non in maniera egoistica e narcisistica ma per portare con umiltà una influenza positiva nella società in cui vive.
Questa forma di progresso, inteso come anelito verso i valori, si riflette con un determinato atteggiamento alla vita
Credo fermamente che il karate, se praticato secondo i metodi tradizionali del Bushido, sia una strada da percorrere con sincerità e umiltà per arrivare a questi risultati.
Le nostre tecniche prendono vita da questi fondamenti ideologici: continuare a crescere e dare il meglio di sé ogni volta.
Un impegno a farlo sempre in una continua spasmodica ricerca della crescita che non vuol dire chiusura autoreferenziali ma apertura con un atteggiamento umile per continuare la strada.
Luigi ha saputo vivere il karate in questo modo quando era un atleta e ha saputo trasportarlo con coerenza. Attraverso l’esempio nella sua vita personale, famigliare e lavorativa.
Questo libro e il suo contenuto sono la sua storia. Per me sono la testimonianza di come si possa vivere una vita alla ricerca della verità interiore e dei principi etici del Bushido e avere successo non solo nel mondo sportivo ma anche nel mondo del lavoro del XXI secolo.
Maestro Hiroshi Shirai