Quando osserviamo il "Maestro" attorniato da tanti allievi che letteralmente pendono dalle sue labbra e soprattutto dai suoi gesti, nel contempo eleganti e potenti, precisi e armoniosi, unici e irripetibili, mai ci passerebbe per la mente di immaginarne un destino di autentica solitudine.
Solitudine non certo dal punto di vista umano e sentimentale, compagnia sulla cui certezza forse egli potrà sempre contare, bensì quella profonda solitudine "spirituale", intesa nella sua accezione più alta e unica. Il maestro, degno del nobile ruolo che lo investe, è ben consapevole come a volte, e proprio per il loro bene, sarà opportuno abbandonare i suoi allievi migliori; così come sa perfettamente che, per i motivi più disparati, imprevedibili e legittimi, molti allievi lo abbandoneranno.
Ma, ancora una volta, non sarà questo "fisiologico" dato di fatto a perfezionare il suo status (quasi vocazione), di uomo solo. Infatti, perfettamente connaturata all'ardua strada della maestria, nasce la certezza che l'ultimo tratto della sua ininterrotta ricerca, l'ultimo metro che ancora lo separa dalla meta immaginata e concettualmente irraggiungibile, dovrà consumarlo solo con se stesso, dovrà e saprà accettarlo e riconoscerlo solo dentro se stesso.
"Guardate il maestro durante la cerimonia del saluto... egli è là, là davanti, là da solo, splendidamente, inesorabilmente solo"
M. Hida