Laprevisione
del pericolo
Per difendersi dal pericolo è necessario,
innanzitutto, rendersene conto, sentirlo,conoscerlo e, di conseguenza,
essere in grado di prevenirlo.
Una storia può esemplificare cosa
intendiamo come previsione del pericolo: un signore domandò
al proprio medico, membro di una grande stirpe di guaritori, chi
fosse nella sua famiglia il più abile nell'arte della medicina.
Il medico, la cui reputazione era tale
che il suo nome era sinonimo di scienza medica, rispose: "
Il mio primogenito vede lo spirito della malattia e lo rimuove
prima che prenda forma; per questo motivo il suo nome non è
conosciuto al di fuori della nostra casa. Il secondo cura la malattia
quando è ancora all'inizio; perciò il suo nome è
conosciuto in tutta la città. Per quanto mi riguarda, pratico
agopuntura, prescrivo pozioni e massaggio il corpo; così
il mio nome giunge al di là dei confini del nostro Paese".
In questo racconto è riassunta l'essenza della strategia
della previsione del pericolo che insegna ad agire il più
precocemente possibile, allora vale il detto: "meno si fa
e meglio è". Sia nel
combattimento che nella guarigione di un male che in una discussione,
si affronta una
disarmonia; la cura sarà
tanto più efficace quanto riuscirà a rendere il
conflitto inutile, identificando anticipatamente il problema e
trovandone la soluzione: "la massima abilità
sta nello sconfiggere il nemico, apparentemente, senza combattere".
Il successo è ottenuto il più delle volte mediante
il "non agire"; così
è meglio sapere cosa non fare e quando non farlo piuttosto
che cosa fare e quando farlo.
E’ indispensabile, pertanto, mantenere il controllo
di se stessi e delle proprie emozioni e reazioni, che il più
delle volte, se non allenate, sono impreviste poiché generate
a livello inconscio, soprattutto in situazioni estreme e disperate,
la dove invece, abbiamo bisogno per poterci salvare, di reagire
adeguatamente alla situazione di pericolo. Il praticante di Goshindo
è colui che si prefigge, con il costante allenamento, di
conoscere intimamente la psicologia e la meccanica di ogni conflitto
in modo da prevedere ogni mossa dell’avversario; è
colui che sa agire in accordo armonioso con la situazione, guidando
gli eventi con il minimo sforzo.
Da tutto ciò deriva che innanzitutto dobbiamo conoscere
noi stessi , essere coscienti dei nostri limiti e delle nostre
possibilità di reazione ,sia nell’agire che nel non
agire. Cercando di raggiungere una profonda serenità interiore
che ci permetta di sviluppare la sensibilità richiesta
in modo da rispondere in modo adeguato alle situazioni di pericolo
senza doversi fermare a riflettere, dobbiamo tenere sempre presente
a questo punto un altro concetto fondamentale: “una cosa
alla volta” non possiamo combattere e ragionare allo stesso
tempo. Da Machiavelli: “ Nel
cuore della battaglia chiudete la mente al troppo pensare poiché
quando cominciate a ragionare siete perduti”.
Il vero combattente è colui che ,con il costante
allenamento, intuisce ed agisce prima che l'intelligenza ordinaria
abbia elaborato la situazione; prevede il pericolo prima che il
pericolo si manifesti, la sventura prima che si abbatta su di
lui ,la rovina prima della rovina. Infatti: "Valutare e capire
solo in seguito alle azioni non può essere chiamato comprensione. Agire solo dopo l'azione dell'avversario
non può essere chiamato agire. Conoscere soltanto
in seguito all'aver visto non è degno di essere chiamato
conoscenza" (Chung-ho chi ,Zhongho ji). Queste tre situazioni
sono ben lontane dalla via dell'intuizione immediata.
Il vero guerriero deve ricercare
l'abilità di agire con ciò che è ancora inattivo,
comprendere ciò che è oscuro e vedere ciò
che ancora non è nato. A questo punto nulla è valutato
che non sia già prima compreso, niente è intrapreso
senza successo ed ovunque si vada avremo beneficio; questa è
la particolare sensibilità che deve sviluppare il praticante:
comprendere e padroneggiare ogni situazione.
Attraverso lo studio del proprio corpo con le tecniche,
la respirazione, l’attenzione, l’equilibrio e la concentrazione,
cavalchiamo le nostre sensazioni e possiamo così raggiungere
quel benessere psicofisico, quella tranquillità interiore
che ci permette di affrontare le avversità e superarle.
Comportamenti per fronteggiare
il pericolo
Come abbiamo detto più volte, la difesa dal pericolo,
a cui mira il Goshindo, prescinde dalla difesa intesa come scontro
fisico con un avversario, in quanto il combattimento od il confronto
deve essere considerato, come ultima scelta.
“ Il guerriero che vince è colui che non deve estrarre
la spada. Se è costretto ad estrarre la spada e vince il
suo avversario, ha perso comunque;
perché
il suo nemico ha potuto pensare di poterlo vincere”.
Quando il pericolo diventa oggettivamente e soggettivamente superiore
alle nostre possibilità il Goshindo insegna che è
bene tentare ,persino ,la fuga avvalendosi di un piano strategico
per attuarla.
Il Goshido, allora insegna a mettere in pratica tutti i mezzi
strategici, tattici e tecnici sia nel caso si scelga l’alternativa
della fuga, che si sia costretti ad accettare il confronto con
l’avversario.
Tenendo ben presente che la maggior
parte dei contrasti umani dipende da errori di comprensione
reciproca, il praticante sceglie un preciso codice morale
di pace. Niente e nessuno lo indurrà mai a combattere,
mettendo se stesso e altri in pericolo, per ragioni di
poco conto. Tuttavia il
Goshindo non insegna ad essere vigliacchi: una cosa è la fuga di chi ha paura altro è la ritirata
di chi invece sceglie di non combattere, pur con una perfetta
conoscienza dei mezzi di difesa, al fine di salvaguardare gli
altri e se stesso dai danni che possono derivare da uno scontro.
Qualora lo scontro sia inevitabile il praticante combatterà
secondo il principio:
“Io non ho cercato il tuo
danno, ma morirai se attenterai a ciò che è mio
od alla mia famiglia” (Libro di Hun). Qualora la
decisione sia: combattere,
non ci
devono essere dubbi; la vittoria risiede nello spirito
di chi è costretto a combattere e non nei suoi muscoli.
Il guerriero combatterà solo dopo aver fatto di tutto per
evitare lo scontro, nel caso in cui la battaglia sia l’unica
via di fuga, allora lo scontro sarà inevitabile.
E tanto avrà accettato umiliazioni
in nome della pace tanto più colpirà con forza, poiché non è lui stesso che colpisce ma le sue ragioni
e attraverso esse le ragioni dell’universo che sono pace
e armonia. “Prima del duello si sa già chi vincerà:
quello che non usa la spada per colpire l’altro ma per restare
se stesso”.
Comportamenti, reazioni
e scelte in caso di pericolo
Le varie strategie e tattiche che abbiamo elaborato per evitare
lo scontro, ora devono esserci d’aiuto se, come scelta finale,
si è costretti a difendersi non con la fuga ma attraverso
un combattimento.
Se l’attacco non avviene a
sorpresa, è attraverso un piano strategico che dobbiamo
provocare una reazione dell’avversario per indurlo a palesare
le sue reali intenzioni, nel caso non fossero chiare fin dal primo
istante ed essere così in grado di neutralizzare ogni mossa,
ogni attacco, ogni spostamento con una reazione che preveda la
tecnica più adeguata ed una precisa scelta di tempo nell’azione
da eseguire.
La condotta di un qualsiasi conflitto si basa
sempre sull’inganno, nessun combattimento segue uno schema
fisso, esso si modella attraverso uno stratagemma, che ci permette
di mettere a frutto le nostre strategie.
Con questo modo di agire, possiamo ottenere una migliore scelta
di tempo per utilizzare le tecniche; è così, infatti,
che una buona tecnica diviene efficace dipende esclusivamente
dal modo in cui si riesce ad essere tempestivi nell’utilizzarla.
Efficacia e tempestività
dipendono a loro volta da come si riesce ad intuire in anticipo
le intenzioni dell’avversario.
Quindi la capacità di percepire il pericolo deve, come
abbiamo detto, per prima cosa darci la possibilità di evitarlo,
in caso di combattimento deve mirare ad anticipare ogni azione
dell’avversario per neutralizzarle con le tecniche più
idonee.
La tattica, quindi, è intesa
come programmazione razionale di combattimento per il migliore
utilizzo della tecnica in funzione delle proprie capacità,
di quelle dell’avversario e delle situazioni di combattimento.
Comportamenti per fronteggiare
il pericolo
Se l’adeguata sensibilità di percepire un pericolo,
viene utilizzata inizialmente per evitare il conflitto, in un
secondo tempo, deve essere utilizzata come mezzo per ingaggiare
il combattimento in situazione di vantaggio, la tecnica fornisce
esclusivamente i mezzi per difendere se stessi nel caso in cui
La tecnica e la scelta di tempo
sono determinanti per la vittoria, quindi, quando si combatte
bisogna farlo sul serio, capire che ogni nemico potrebbe essere
l’ultimo, consci che iniziando una lotta ci si espone ad
un rischio mortale.
Dobbiamo allenarci costantemente per mantenere alto il
livello di preparazione fisica e psichica;
se
veniamo attaccati la reazione deve essere immediata,
la tecnica appropriata alla situazione ed applicata con la maggior
forza possibile fronteggiando o sfruttando quella dell’avversario,
la tattica deve mirare ad ottenere il minor danno possibile nello
scontro.
Se è vero che le tecniche del Goshindo servono per difendersi
quando la lotta è ormai inevitabile è pur vero che
puntando ad elevare al massimo il livello della propria preparazione
si acquisisce quella tranquillità interiore e quella fiducia
in sè stessi che, insieme alla capacità di sentire
il pericolo, di agire con strategia o tattica e di reagire con
perfetta scelta di tempo, concorrono a fornire l’autocontrollo
indispensabile a fronteggiare qualsiasi pericolo.